Il cammino del credere

don-zenna-instagram
Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Il cammino del credere

Ci sono ancora giovani che si confessano. Ricordo che l’argomento principale nelle confessioni di qualche decennio fa era la difficoltà a vivere bene la propria sessualità, conseguenza di un’educazione morale molto rigida su questa esperienza. Oggi ti propongono i loro dubbi circa il mistero della risurrezione, e quindi sulle radici stesse della nostra fede.

In realtà non abbiamo prove certe che Gesù crocifisso sia tornato a vivere; provare storicamente la realtà della risurrezione non è stato lo scopo primario degli evangelisti, che hanno voluto piuttosto annunciarla, presentandola nel suo significato per la propria esistenza. Allora la nostra fede nella risurrezione si basa sulle loro esperienze di incontro con il Risorto, trasmesse di generazione in generazione. Andando a leggere i Vangeli notiamo che essi stessi hanno fatto fatica a credere. Non basta vedere per credere. È necessario essere introdotti, come fece Gesù con i discepoli di Emmaus, all’interpretazione della Scrittura per cogliere l’evento della Risurrezione come compimento delle promesse divine. E non si tratta di una lezione cattedratica, né di un’esegesi dimostrativa e apologetica, quanto piuttosto di un percorso meditativo che fa “ardere il cuore” e lo prepara all’assenso e alla testimonianza.

Ho invitato quei giovani a partecipare alla Veglia pasquale, con la speranza che venisse proposta in fedeltà al suo compito. Ciò che il Risorto ha fatto con i suoi discepoli, infatti, la Chiesa lo riprende nel rito solenne della notte di Pasqua. A partire dalle prime pagine della Scrittura, sulla creazione del mondo, e percorrendo gli eventi fondatori della storia della salvezza, mediante l’illuminazione della parola dei profeti e la risposta credente del salterio, il fedele viene condotto a comprendere e gustare l’annuncio mirabile della risurrezione del Signore. Il biblista Pietro Bovati nel n. 4003 di Civiltà Cattolica lo definisce «un percorso di ascolto nella preghiera, una iniziazione misterica e sacramentale, nella quale chi partecipa fa esperienza di un dono di rivelazione, che tocca il cuore, che lo apre, e lo fa passare dal dubbio e dallo scoraggiamento alla consolante certezza della verità».

Il cammino liturgico della Veglia pasquale è modello di ciò che il credente è invitato a compiere durante tutto l’anno, anzi durante tutta la vita. Con un’attenzione particolare. Il percorso non è solo quello che compiamo noi dietro alla Parola verso la Luce, ma è ancor più quello che compie Cristo verso di noi. Per accompagnare un giovane all’esperienza della fede è quindi necessario aiutarlo a riconoscere questa presenza e a giocarsi la vita su quell’incontro. È possibile là dove c’è una comunità che vive in comunione, cresce costantemente nell’amore al suo interno e nella solidarietà verso i più deboli. È possibile all’interno di famiglie il cui statuto è il dono reciproco, vissuto con entusiasmo e gioia, pur nella prova delle fatiche relazionali e delle sofferenze fisiche e morali. È possibile in una professionalità seria e responsabile, messa a servizio non dei propri interessi ma del bene comune, della pace e della vita. Il cammino del credere non è allora un vuoto vagare, ma una ricerca di Lui che tra le pieghe della storia continua a venirci incontro. L’azione pastorale è ben descritta dall’accensione di quel cero che nella notte di Pasqua ha illuminato le tenebre del tempio. Si tratta di orientare lo sguardo. Lui è risorto, Lui c’è, va incontrato e poi creduto.

don Francesco Zenna 

Nuova Scintilla n.16 – 23 aprile 2017