Conversione pastorale

Facebooktwitterpinterestmail

SGUARDO PASTORALE

Conversione pastorale

Stupisce l’invito esplicito di papa Francesco a non giudicare le coppie che convivono senza aver celebrato il sacramento del matrimonio, ma piuttosto ad avvicinarle e a prendersene cura. Stupisce chi è attaccato alla forma e non si cura adeguatamente del contenuto, chi ha una visione riduttiva della sessualità e non valuta i suoi risvolti relazionali, chi affida la fedeltà di una scelta di vita solo a un impegno volontaristico capace di sacrificio e rinuncia, chi verifica la regolarità a partire dalla norma più che dal vissuto. È necessaria una conversione pastorale che metta al centro la persona, che ne promuova la crescita sociale ed ecclesiale, che favorisca la sua consapevole adesione a Cristo e allo stile evangelico. In questo la Chiesa deve riscoprire la sua vocazione di madre. Non si può dare per scontata, ma si incarna attraverso una relazione di vicinanza, di incontro, di partecipazione. È questo che il papa suggerisce: “Anche queste persone sono amate dal cuore di Cristo.

Abbiate verso di loro uno sguardo di tenerezza e di compassione”. Invita a non perdere la pace per le trasgressioni e le irregolarità ma di portare la pace dentro tutte le situazioni, anche quelle più controverse. Gesù quando invia i suoi dà loro una duplice consegna: entrare nelle case e portare la pace. Vuole mettere in evidenza, innanzitutto, che la modalità della missione è domiciliare. Da non intendere solo come “capillare”, ma, bensì, come “coinvolta” nelle vicende concrete delle famiglie e delle persone che le compongono. Il primo gesto missionario è fare casa in un clima di amicizia, di sostegno reciproco, di verifica costante. Inoltre lo stile missionario non deve far pensare ad un passaggio veloce e superficiale. Esso domanda inserimento e coinvolgimento pazienti anche nella vita della gente, che ci deve diventare cara, che deve diventare il luogo dell’esperienza della fede. L’esperienza della fede avviene “in casa”, cioè in rapporto alla vita delle persone e delle comunità, non in forma anonima, astratta, puramente teorica. La prima preoccupazione del missionario poi è di portare la pace. Significativo il fatto che oggetto della missione non è una verità, una morale, ma un’esperienza liberante, un’esperienza che porta alla riconciliazione con la propria storia e il suo senso: questo è il significato della pace. Quando si affronta il problema del dialogo con il mondo si fa riferimento per lo più al tema della pace. Non si tratta soltanto di impegnarsi insieme a scongiurare le guerre, a comporre i conflitti con l’azione diplomatica, ma di promuovere la cultura della giustizia, del bene comune, dello sviluppo che corrisponda a un rinnovato umanesimo. Dialogare col mondo significa tradurre in termini laici le ragioni dell’antropologia ispirata ai valori evangelici, così da renderli comprensibili e accettabili agli uomini di buona volontà, anche non credenti o diversamente credenti, attraverso una vicinanza amicale, dedicando tempo e spazio all’ascolto e alle relazioni interpersonali. Ecco il significato del saluto evangelico che il francescanesimo ha tenuto desto lungo i secoli: “Pace e bene”; e, mi piace pensare, anche quello liturgico: “La pace sia con voi!”.

 don Francesco Zenna

Da Nuova Scintiila n.9 – 05 marzo 2017