Immigrazione oggi

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Intervento del direttore della Caritas di Chioggia don Marino Callegari alla Conferenza sulla immigrazione organizzata a Rovigo dal Pd il 2 marzo 2017

 ROVIGO Giovedì 2 marzo 2017 ore  21,00  Sala Gran Guardia – Conferenza Immigrazione PD

I dati del Ministero dell’Interno Illustrano la situazione relativa al numero dei migranti sbarcati fino al 10 febbraio 2017, con ulteriori specifiche. Eravamo a quota 9.500 (ora molti di più) rispetto allo stesso periodo del 2016 (6.030) e del 2015 (3.813).  395 minori stranieri non accompagnati. I porti maggiormente interessati a questi sbarchi sono stati Augusta, Catania, Trapani, Reggio Calabria e Lampedusa. Il totale delle presenze accolte nel 2016 è di 175.217 di cui 136.079 nei CAS 23.717 negli SPRAR 14.216 nei centri governativi di prima accoglienza e 1.205 hotspots.  La distribuzione territoriale vede la Lombardia come prima Regione (13%) seguita da Lazio,Veneto,Piemonte, Campania e Sicilia (tutte intorno all’8%).  Quanto alle ricollocazioni dall’Italia ad altri paesi europei sul totale di 7629 di persone che dovevano essere ricollocate in paesi europei solo 2964 sono state ricollocate.

A partire da questi dati, io vorrei fare alcune considerazioni, tre sostanzialmente.

1 – Nel 2016 sono stati censiti 35 conflitti in atto e 17 aree o situazioni di crisi con pericolo di conflitto vicino ad alta probabilità. Altri motivi di fuga sono costituiti dalle disuguaglianze economiche e dalla difficoltà di accesso al cibo e dell’acqua e dal fenomeno del cosiddetto land grabbing che sottrae terre produttive ai più poveri.  A causa di questi fattori si sono contati nel 2015 a livello mondiale 65 milioni di migranti forzati di cui 21 milioni di rifugiati di cui 16 milioni gestiti dall’Agenzia Generale delle Nazioni Unite, in paesi non di origine e 40 milioni di sfollati interni e 3 milioni di richiedenti asilo. Quindi ogni giorno nel mondo 34 mila persone sono costrette a spostarsi dentro i confini nazionali o in altri paesi.  Un po’ più della metà dei rifugiati assistiti dall’Agenzia delle Nazioni Unite (circa 8,8 milioni) risiedono in Europa o in un Paese dell’Africa sub sahariana (4 milioni per area). I principali Paesi di asilo sono ad oggi la Turchia (2,5 ml) il Pakistan (6 ml) il Libano (1 ml) l’Iran e l’Etiopia sotto il milione. Le vie d’ingresso in Europa la rotta del Mediterraneo Orientale che vuol dire Turchia e Grecia; segue la cosiddetta Rotta balcanica Grecia, Macedonia, Bulgaria, Serbia, Croazia e Slovenia. Le persone morte in tutte queste rotte via mare si stimano intorno alle 5.000. Alcuni semplici dati sulle domande di protezione internazionale nel 2015 ….. un milione e 393.350 le domande presentate per ricevere la protezione internazionale di cui il 94% nei Paesi dell’UE.  La Germania con 476 mila domande è il primo Paese seguono Ungheria e Svezia e poi ancora più distanziate Austria e Italia.  A fronte di queste domande alcuni dati anche curiosi. In Bulgaria 9 su dieci ottengono una forma di riconoscimento seguono i Paesi Bassi con il 75% e la Danimarca. I Paesi meno propensi ad accogliere sono la Lettonia con il 12% Polonia e Ungheria con 14%. La Germania si attesta sul 43% di risposte positive.  In Italia nel 2015 a fronte dei 153 mila arrivi sono state presentate circa 84 mila domande di protezione internazionale. Con riferimento alle decisioni delle Commissioni Territoriali, sono state esaminate 71mila domande di queste hanno avuto esito positivo quasi 14mila il 19% contro il 32% del 2014. Il trend è quello di un restringimento delle risposte positive.  

2 – Forse è arrivato il momento  – a fronte ormai della presenza di più di cinque milioni di stranieri tra regolari  e non – di dare avvio ad una lettura non etnocentrica dell’immigrazione. Questo non solo a livello italiano ma anche con riferimento alle diverse aree territoriali. Pensiamo ad esempio a quanta poca riflessione culturale sia stata fatta – a tutti i livelli – ad avvenimenti storici come le cosiddette “Primavere Arabe” che hanno modificato il flussi, i canali e anche i Paesi di emigrazione. Un dato culturale quindi…..   Si conferma ciò che è stato ripetutamente espresso dall’Agenzia Europea per l’integrazione dei cittadini dei paesi terzi e cioè l’integrazione è un processo evolutivo e che le politiche d’integrazione vanno elaborate con un approccio da basso, a contatto con la realtà, le realtà locali in modo da sostenere l’accesso all’impiego, all’istruzione, all’apprendimento della lingua e alla lotta alla discriminazione. L’ipotesi è che la condizione esistenziale della migrazione conduca alla formazione di identità multiple e sempre più in diasporiche de-territorializzate e ricomposte a livello individuale. E’ questa ricomposizione che il Se fa di se stesso che diventa la chiave di volta del processo inte-grativo o dis-gregativo. In questa grammatica interpretativa l’inserimento degli immigrati è il frutto di processi (cognitivi ed emozionali) a due vie, dove l’individuo ma anche il gruppo, la comunità dei pari, aggrega, mette insieme le rappresentazioni sociali che i migranti si costruiscono della popolazione e della società di approdo (caso albanesi) e le ciò che realmente poi i migranti esperiscono nella società che li accoglie.  In questo senso allora i processi d’integrazione non sono solo determinati dalle strutture di accoglienza, o dalle politiche locali ma sono, almeno in parte, frutto di percorsi strategici compiuti dagli stessi migranti i quali agiscono in virtù della conoscenza e delle percezioni che il migrante ha della società che lo accoglie. Ecco perché è importante la percezione che noi diamo ai migranti della loro venuta tra di noi. Numerose indagini demoscopiche hanno messo in evidenza come gli italiani – nella loro maggioranza – siano intimoriti dagli stranieri e abbiano informazioni infondate sul fenomeno migratorio.  Alla domanda qual è la minaccia più grave per l’Italia il 25% di un campione ha risposto prima la crisi economica e poi l’immigrazione. Interessante una ricerca del 2015 del giornale inglese The Guardian ha mostrato come l’Italia sia uno dei Paesi dell’Occidente con il più alto tasso di ignoranza, di non conoscenza sui movimenti migratori. In media gli italiani ritengono che il 26% della popolazione sia immigrata mentre sappiamo che siamo intorno al 9%. C’è una percentuale di discrepanza del 19%! Ancora più infondata è la percezione degli italiani relativa all’impego lavorativo dei migranti, si pensi allo slogan ‘i migranti ci rubano il lavoro’. Non voglio dire che gli italiani siano razzisti ma certo i messaggi allarmistici veicolati dai media – alcuni media più di altri – che suscitano messaggi allarmistici. Il ruolo dei media in questo contesto è centrale….. Basti pensare all’approccio linguistico e al termine clandestino usato indifferentemente per catalogare la variegata categoria dei migranti. La questione è che l’immigrazione – il fenomeno migratorio – narrato dai nostri media è lo specchio della nostra difficoltà culturale  – per non dire impotenza di comprendere, di affrontare. Di affrontare cosa? Quel che avviene intorno a noi, al di là delle nostre coste, dei nostri confini. L’idea poi che le migrazioni siano veicolo del terrorismo non tiene conto che molti dei terroristi sono cittadini francesi, belgi, tedeschi… nati in Europa e originari da ex colonie. In questo senso sono figli più del colonialismo che delle migrazioni.  Solo questo pensiero mostra chiaramente che è necessario affrontare la questione delle migrazioni con serenità chiarendone i caratteri attraverso l’analisi dei dati e delle esperienze concrete. 

3 – A questo punto vorrei darvi anche una specificità delle mie parole che si rifà (visto il ruolo che ha la Caritas e il suo radicamento cattolico ed ecclesiale) al contributo che un migrante molto particolare sta dando anche alle nostre riflessioni. Jorge Mario Bergoglio, figlio di migranti che dalla fine del mondo è ritornato nella terra dei suoi padri. Papa Francesco osserva l’Europa con lo sguardo di Magellano. O meglio con l’occhio della periferia che guarda il centro. Questo è uno sguardo particolarmente generativo, perché nota cose che se siamo al centro non riusciamo a vedere. Nella misura in cui usciamo dal centro, e ce ne allontaniamo, piano piano scopriamo più cose. La realtà si vede meglio dalla periferia che non dal Centro. Magellano non riuscì a rientrare in Europa e non ebbe la possibilità di dire l’Europa fuori dall’Europa, se non ci fosse stato Antonio Pigafetta, questo vicentino che raccontò la Relazione di questo primo viaggio intorno al Mondo.  Bergoglio è stato invece ‘richiamato’ in Europa da una delle periferie del mondo ed è stato insediato al centro della nostra penisola sud europea che lega insieme Europa e Mediterranea. Prospettiva euromediterranea che i flussi migratori che passano per il Mare Nostrum rendono decisiva per formare e capire la visone europea dell’argentino Bergoglio.  In quanto argentino Bergoglio non può avere il sentimento di appartenenza dei suoi predecessori al Vecchio Continente. Non ha lo spirito Bavarese e germanico di Ratzinger e meno ancora del polacco Wojtila che aveva vissuto la spartizione dell’Europa in due blocchi e che ripensava l’Europa a due polmoni l’Est e l’Ovest. Ratzinger e Woitjla erano endogeni all’europa, venivano dal centro dell’Europa sconvolta da guerre mondiali: il loro pensiero era un pensiero di riunificazione e di ricollocazione dell’Europa. Il problema di Papa Bergoglio non è di riunire l’Europa ma di ravvivarne l’anima. La presenza della Chiesa in Europa esattamente questo precetto: ridare un’anima ad un progetto: ad un progetto non ad un oggetto. L’Europa di Bergoglio non è una cosa, ma un divenire. E’ tempo non spazio. (E.G.) Cos’è stata l’Europa ne non appunto lo spazio nel quale grandi potenze sono andate alla conquista del mondo? Partire dall’Europa per portare l’Europa fuori: la sua cultura, la sua civiltà la sua lingua. Ora la stessa Europa ( e le potenze europee) si trovano ad affrontare – nella forma dei profughi provenienti da territori coloniali – l’onda di risacca di quei colonialismi di quel colonialismo che Bergoglio – figlio di una ex colonia conosce e capisce molto bene. In questo contrappasso sta il dramma politico ma direi anche spirituale di noi europei: italiani, tedeschi, francesi….  Proprio perché Francesco viene da fuori, coglie meglio di molti europei il deserto di quella che fu il giardino della Chiesa. Siamo un continente vecchio, non facciamo figli e non possiamo permetterci il lusso di erigere barriere contro i migranti….  Possiamo dire di non a forze giovani quando siamo un popolo di vecchi?  Può un continente di vecchi …. Dire pensare, elaborare idee nuove? Solo una popolazione giovane ci salverà. L’Europa si salverà solo se tornerà giovane e creerà una nuova comunità di diversi. Su questo non ci sono alternative. Ringiovanirsi o morire…. Ma per arrivare a dire questo ci voleva, ci vuole lo sguardo di ….. Magellano.

4 – Il fenomeno migratorio umano è un fenomeno sociale totale dell’Homo Sapiens. Dopo la disseminazione dall’Africa dei primi umani sapienti e parlanti, gruppi della nostra specie hanno iniziato a costruire il proprio cammino: strade, ponti, gallerie. Il fenomeno migratorio in quanto fenomeno globale non si misura soltanto con lo spazio, la quantità e la durata; contano i percorsi le modalità, le capacità la trama delle relazioni biologiche e culturali con gli ecosistemi e con gli altri gruppi umani, la resilienza e l’entropia; i luoghi e i momenti del migrare.  Mi verrebbe da dire che da due milioni di anni la questione essenziale è il transito: il clima e le pressioni selettive provocano lo spostamento da un ecosistema divenuto meno adatto e ospitale, verso un ecosistema diverso e ignoto, forse più adatto e/o più accogliente. La migrazione è fatta di vite umane che collegano territori sociali, non solo linee che collegano punti. Oggi se un diritto va rivendicato è quello si di migrare, ma anche quello di rimanere nella propria terra perché possa essere più abitabile; il diritto di poter restare e sopravvivere nel luogo dove si è nati comunque sia la propria identità; diversamente abili, orientati politicamente, religiosamente e sessualmente. Anche se cambia il clima. La virtù necessaria in questa impresa di rendere possibili le migrazioni ma anche la stanzialità è una delle più scarse al momento: la lungimiranza. Verso il passato nella sua comprensione; verso il futuro nella sua progettazione. Grazie.

(don Marino Callegari)

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