La lunga storia del leone alato

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STEMMI. Tra fede, storia e attualità

Già presente nella facciata del palazzo vescovile

La lunga storia del leone alato

Il leone marciano lapideo che sostiene, con la zampa anteriore destra, lo stemma del doge Cristoforo Moro (1462-1471), murato alla sommità della porta centrale della cattedrale di S. Maria Assunta in Chioggia (vedi foto), preesisteva nella facciata del palazzo vescovile. Tale sorprendente notizia – grazie alla feconda collaborazione con il prof. Luciano Bellemo – la si rileva dalla lettura della “Nuova serie de’ vescovi di Malamocco e di Chioggia…” pubblicata nel 1790, scritta dal canonico Girolamo Vianelli (1718-1792), contenente notizie storiche sui presuli di Chioggia dall’anno 1421, dove nel volume secondo, a pag. 64 – per l’anno 1469 – lo storico Vianelli scrive: “Che pure il Leone alato di marmo dinotante il Veneto San Marco, ed avente nella destra branca l’Insegna Gentilizia del Doge di Venezia Cristoforo Moro (leone che sta tutt’ora affisso alla facciata principale del Vescovado) siasi fatto incidere e là collocare nel seguente anno 1470 per attenzione dell’Inversi, è chiaro dall’altra partita scritta nel predetto Volume a credito dello Scarpellino così:..”. L’Inversi – citato dal canonico Girolamo Vianelli – è il vescovo Nicolò degl’Inversi che ha retto la diocesi di Chioggia dal 1463 al 1480. Tale leone, proprio per le eccellenti e perfette forme araldiche, lo avevamo scelto – tra decine di leoni marciani – per comparire caricato nella bandiera della città di Venezia, erroneamente chiamata Gonfalone, essendoci stato affidato – oltre vent’anni or sono, dalla Giunta Cacciari – l’incarico ufficiale dell’istruttoria araldica dei nuovi simboli della città di san Marco, che dovevano, ovviamente, riportare le vere insegne marciane, andate alterate nel proseguo dei tempi, per arbitrarie modifiche dei vari esecutori, che nulla, o ben poco, conoscevano delle norme araldiche.

Ricordiamo, a tal punto, che San Girolamo, da cui nasce tutta la tradizione sulle interpretazioni dei quattro Viventi delle visioni del profeta Ezechiele, nell’antico Testamento, e di San Giovanni, nell’Apocalisse, assegna a San Marco il leone alato perché il suo Vangelo inizia con le tentazioni di Gesù nel deserto, a San Matteo l’uomo, sempre alato, perché inizia il suo Vangelo con la genealogia di Cristo, a San Luca il vitello con le ali perché il Vangelo inizia con il sacrificio al tempio di Zaccaria, padre di San Giovanni il Battista e a San Giovanni l’aquila, per l’acutezza teologica del linguaggio. I leoni marciani, poi – dal sec. XV – cominceranno a poggiare con le zampe anteriori sulla terraferma, in ostentazione del saldo dominio dello “stato da terra”, mentre con le posteriori continueranno a figurare nell’acqua, per la perpetuazione dello “stato da mar”. Venezia, inoltre, ha sempre riservato un culto specialissimo alla Madre di Dio e nella bordura del drappo della bandiera marciana, da noi ideata, nel rispetto assoluto delle tradizioni blasoniche veneziane, Maria appare effigiata due volte; la prima, quale Annunziata – assieme a San Gabriele arcangelo e alla Sacra Colomba – perché si fa memoria della fondazione di Venezia avvenuta, secondo la tradizione, proprio il 25 marzo, giorno in cui si commemora l’Annunciazione, nel ricordo della leggendaria nascita di Venezia avvenuta il 25 Marzo del 421 e nella seconda effige, per ricordare gli altri titoli mariani, invocati dai veneziani: “Turris coeli” o Torre del cielo, “Nicopeja” o Portatrice di vittoria, Mesopanditissa (mediatrice di pace) o Madonna della salute e “Praesidium Venetorum” o Presidio, aiuto dei Veneti. Nella bordura del vessillo, figurano, altresì, caricati i simboli dei quattro evangelisti. Le fiamme che seminano il drappo dell’insegna ricordano, invece, l’infusione dello Spirito santo sulla città di Venezia, simboleggiata dal leone marciano, mentre la fortezza che figura sempre ricamata nel vessillo, posta sopra un monticello, (alla destra araldica del leone) ricorda i forti della Dalmazia. Sempre nella bandiera marciana, decretata dal Presidente della Repubblica l’8 gennaio 1997, con miniatura di Sandro Nordio (vedi foto sotto) sono presenti, infine, sei code, che simboleggiano i sestieri in cui è divisa Venezia: Cannaregio, così chiamato perché sorto in una zona paludosa dove erano frequenti i canneti; Castello, dal nome di una fortezza che in tale zona esisteva; Dorsoduro, il suo nome rievoca le compatte dune di sabbia di questo lembo di terra; San Marco, prende il nome dalla basilica intitolata all’Evangelista, patrono di Venezia; San Polo, vulgo per San Paolo apostolo, prende il nome dalla chiesa eretta nel IX secolo e intitolata, per l’appunto, all’apostolo delle genti. Santa Croce, prende nome, invece, dall’omonima chiesa, eretta nel VIII-IX secolo e soppressa nel 1810, da Napoleone. Ritornando al nostro leone marciano lapideo, ricordiamo che anche il canonico Girolamo Ravagnan (1772-1840) – attento studioso di storia locale – si è interessato a tale leone, annotando, in uno dei suoi numerosi manoscritti, che: “sulla facciata del duomo, sopra il grande portale, vi fosse un leone marciano ‘sedente’, distrutto nel 1797, e in seguito rimpiazzato da quello tardoquattrocentesco che ancora si vede, fino ad allora murato sulla facciata dell’episcopio”. Sarebbe bello ora capire quale fosse la figura araldica – scalpellata raso muro e troncata – che si vede alla sommità della cimasa, sempre della porta centrale della cattedrale, con, nella troncatura, murato il leone marciano con lo stemma del doge Cristoforo Moro, ma questa è un’altra storia.

Giorgio Aldrighetti

Da Nuova Scintilla n.7 – 19 febbraio 2017