Il volto missionario della Chiesa

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SGUARDO PASTORALE

Il volto missionario della Chiesa

Il tema è stato ripreso nella “Due giorni di aggiornamento” promossa dalla Conferenza episcopale triveneta all’inizio di gennaio. Le motivazioni sono chiare. Da una parte risuona come un “mantra” l’invito di papa Francesco ad uscire, ad abitare la storia, a dare una svolta missionaria alla nostra pastorale, dall’altra ci rendiamo conto che l’esperienza cristiana è sempre meno incisiva e attraente, per cui chi la vive con coerenza e impegno è rimasto minoranza. Cosa intendere però per “missionarietà”? Nel passato è stata interpretata come proselitismo, sforzo di convincimento per aggregare nuovi membri alla comunità cristiana. Oggi veniamo sollecitati a editarla come presenza testimoniale dentro la storia e la vita degli uomini del nostro tempo. Ne parlava in termini illuminanti il documento “Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia” già nel 2004: “Una pastorale tesa unicamente alla conservazione della fede e alla cura della comunità cristiana non basta più.

È necessaria una pastorale missionaria, che annunci nuovamente il Vangelo, ne sostenga la trasmissione di generazione in generazione, vada incontro agli uomini e alle donne del nostro tempo testimoniando che anche oggi è possibile, bello, buono e giusto vivere l’esistenza umana conformemente al Vangelo e, nel nome del Vangelo, contribuire a rendere nuova l’intera società” (n. 1). Da questo testo viene innanzitutto contestato l’immobilismo di tante comunità, che spendono energie più per conservare le tradizioni, le strutture, la prassi consolidata che per innovare nel linguaggio e nelle forme l’annuncio e la testimonianza. Innovare poi significa radicarsi sul Vangelo, perché troppo spesso le questioni della Chiesa hanno preso il sopravvento sulla fede e la sequela del Signore Gesù. L’elemento critico viene ravvisato sulla trasmissione, cioè su una consegna efficace della nostra esperienza di fede alle nuove generazioni; ai ragazzi non basta più il classico catechismo e i giovani hanno già deciso che non è poi così importante per la loro vita. Si collega proprio qui allora l’obiettivo e il metodo della missione: dimostrare come la vita impostata evangelicamente è pienamente riuscita, fonte di gioia e di apprezzamento: la gioia che è frutto dello Spirito, che abita in noi, come dice San Paolo nella lettera ai Galati, e non sentimento effimero e superficiale; l’apprezzamento per l’onestà e la coerenza da una parte e per l’altruismo e la gratuità dall’altra. Vita evangelica è quella caratterizzata dall’amore, dalla solidarietà, dalla partecipazione; e sono queste le virtù che esaltano l’umano e rinnovano la società. Purtroppo troppe persone, nei diversi ambiti della vita, da quello politico a quello educativo, da quello economico a quello professionale, dal quello familiare a quello sportivo, si dichiarano cristiani ma non ne vivono le istanze. E così si stabilizza un vissuto che di cristiano rivendica solo il riconoscimento e nuoce alla stessa immagine che ne dovrebbe esprimere la forza e la bellezza. Questa analisi interpella la nostra pastorale, che non può accontentarsi della mediocrità ma deve accompagnare alla maturazione di personalità adulte nella fede e nella vita morale. Da qui la missionarietà, secondo il richiamo di Gesù: “…perché vedendo le vostre opere rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli”.

don Francesco Zenna

Da NUova Scintilla n.3 – 22 gennaio 2017