Le parole del Natale

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SGUARDO PASTORALE

Le parole del Natale

Torna puntuale e ci impegna a lungo. Si comincia già nei mesi precedenti a costruire il Presepio artistico nelle nostre chiese. Così pure a perfezionare l’impegno liturgico del canto, se si fa parte di un coro. Ma poi, man mano che si procede, si preparano gli addobbi, si pensa ai regali, si studiano delle iniziative caritative, si organizzano concerti, esperienze di convivialità, il concorso dei presepi. Poi c’è la Novena, la Celebrazione penitenziale, la chiarastella o pastorella, il pienone della Messa di mezzanotte. Ci si scambiano gli auguri e resta l’incalzare delle feste, il Capodanno e l’Epifania. Sembra che anche quest’anno sia tutto prenotato nelle località turistiche; può essere che per qualche parrocchiano, solitamente fedele agli appuntamenti della comunità, sia il tempo della “scomparsa”. Visto che coincide con la domenica, così come il primo giorno dell’anno, magari si fa vedere qualche ragazzo in più, nonostante le scuole siano chiuse. È d’obbligo una domanda: Lui c’è in tutto questo? A volte si ha la percezione che manchi proprio il protagonista del Natale: Cristo Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, incarnato per la nostra salvezza, riproposto al mondo come stella che guida nel buio di questo nostro tempo, nella deriva di un’umanità disorientata. È il caso di sostare, meditandole nel cuore come Maria a Betlemme, sulle parole del Natale: grazia, pace, serenità.

Il termine “grazia” viene introdotto da Paolo nelle sue lettere, ed ha la consistenza del dono della vita divina, il sapore della gratuità, lo spessore della dignità filiale. Ad essa si giunge attraverso la celebrazione dei sacramenti, la Riconciliazione e l’Eucaristia in particolare. Non possono confondersi con le altre “cose” del Natale, ma risaltare per il tempo che vi dedichiamo, la partecipazione responsabile, l’aderenza con il vissuto.

Il termine “pace” è cantato dagli angeli ai pastori, e suona come annuncio di un cambiamento di situazione, dalla schiavitù alla libertà, dal disprezzo al riconoscimento, dall’emarginazione all’integrazione, dal conflitto alla collaborazione. Ad essa si giunge se si è disposti a confrontarsi con la Parola, a prenderla come criterio di verifica e di conversione, fidandosi più della forza che viene dalla fede che di quella che viene dal potere delle armi e del denaro.

Il termine “serenità” è contenuto nei messaggi augurali e intende far risaltare il bisogno diffuso di libertà rispetto alle ansie, le preoccupazioni, le tensioni del quotidiano. Celebrare il mistero dell’Incarnazione significa credere che è presente nella storia degli uomini tutto il potenziale necessario per la costruzione di un mondo nuovo. Ad essa si giunge controllando le passioni, negative o positive che siano, attraverso una gerarchizzazione delle priorità costituita dal primato della persona e della sua dignità su ogni altra pressione che viene da dentro di noi e dal contesto sociale.

Parafrasando Madre Teresa, ricordiamoci allora che è Natale ogni volta che si sorride a un fratello e gli si tende la mano; è Natale ogni volta che si rimane in silenzio per ascoltare l’altro; è Natale ogni volta che non si accettano quei principi che relegano gli oppressi ai margini della società; è Natale ogni volta che si condivide la speranza con quelli che disperano perché soffocati dalla povertà fisica e spirituale; è Natale ogni volta che si riconoscono con umiltà i propri limiti e la propria debolezza; è Natale ogni volta che permettiamo al Signore di rinascere in noi per poterlo donare a tutti.

don Francesco Zenna

Da Nuova Scintilla n.48 – 25 dicembre 2016