La testa, il cuore e le mani

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L’omelia del vescovo Adriano (cattedrale, sabato 22 ottobre 2016)

La testa, il cuore e le mani

Cari docenti e giovani, cosa ha spinto Papa Francesco a indire questo Giubileo straordinario della misericordia, che ormai giunge al termine? È la consapevolezza che l’umanità in ogni sua azione e istituzione ha bisogno della misericordia. Anche all’educazione e alle istituzioni ad essa collegate e destinate è chiesto di ripensarsi alla luce di questo messaggio. Uno sguardo vero e concreto non può non vederla segnata da ferite profonde, spesso senza misericordia, così da costringerla a non credere che possa esistere un riscatto, una guarigione. Papa Francesco ci ricorda che Dio, per primo non è indifferente a ciò, che a Dio importa dell’umanità, che Dio non l’abbandona, che Dio ha fiducia nell’uomo. Ma c’è bisogno di puntare al cuore dell’uomo. Tutte le istituzioni, specie quelle educative, oltre che impegnarsi a definire il “cosa” e il “come” di ciò che si deve “passare alle generazioni che seguono”, devono preoccuparsi di non tralasciare il “perché”, il senso, le ragioni, le motivazioni stesse della vita e dell’agire. Acquisire un senso è molto più che acquisire un diritto, un riconoscimento; è difficile sopravvivere senza riuscire a dare un senso profondo alla vita. Lo psichiatra austriaco Vicktor Frankl – sopravvissuto ad Auschwitz, dove perse padre, madre, fratello e moglie incinta – scrisse che “chi ha un ‘perché’ per vivere può sopportare quasi qualsiasi ‘come’”. Ogni istituzione educativa deve ispirarsi all’immagine a cui spesso fa rifermento papa Francesco, per trovare nella misericordia, nelle sue opere un riferimento per la sua azione di promozione umana e spirituale, per tradurre in atti concreti e quotidiani il suo servizio anche ai nostri giovani. Il docente che si ispira alla fede mostra con atti concreti e visibili la vicinanza di Dio all’umanità. L’amore non è una parola astratta, ma è vita concreta fatta di intenzioni, atteggiamenti, comportamenti nell’agire quotidiano. Questo agire diventa educativo ed efficace e raggiunge il cuore dell’uomo.

Ogni progetto educativo non può avere come unico obiettivo quello di trasferire dei contenuti, ma deve insegnare concetti, abitudini e valori. Papa Francesco scrive nell’Enciclica Laudato si’: “L’esistenza di leggi e norme non è sufficiente a lungo termine per limitare i cattivi comportamenti, anche quando esista un valido controllo” (211), così come non basta esortare sul piano morale che è bene fare qualcosa a vantaggio degli altri (208). Per prima cosa, c’è l’esigenza di riempire il cuore delle persone, in quanto, come sosteneva anche Benedetto XVI, i deserti esteriori sono frutto dell’ampliarsi dei deserti interiori. In un’epoca di crisi di senso e di “vuoto esistenziale” l’educazione non può continuare soltanto a “trasmettere la conoscenza”, ma deve assumersi il compito di “affinare le coscienze”.

Parlare di educazione è parlare di umanità. L’obiettivo educativo allora diventa quello di promuovere nell’individuo la sua capacità di empatia universale, e questo è possibile partendo dalla certezza antropologica che l’essere umano è sì capace di degradarsi, ma anche di scegliere il bene e di rigenerarsi. Occorre guidare i giovani a uscire da sé (a existere, cioè ad essere fuori, a emergere) nella direzione del mondo e degli altri, a spendersi per una causa, a darsi degli obiettivi e degli scopi, esercitando così progressivamente la libertà e la responsabilità, che sono le chiavi di un’esistenza autentica.

Un’educazione in grado di prendersi cura dell’umanità deve saper usare tre linguaggi, secondo Papa Francesco: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore, il linguaggio delle mani. “L’educazione deve muoversi su queste tre strade. Insegnare a pensare, aiutare a sentire bene e accompagnare nel fare, cioè che i tre linguaggi siano in armonia”. Per realizzare questo, un ruolo decisivo è rappresentato dall’educazione informale: se l’educazione formale si fonda ormai troppo su un tecnicismo intellettualista e sul linguaggio della testa, e così si impoverisce, occorre recuperare i valori dell’arte, dello sport, del gratuito… Si tratta cioè di sperimentare nuovi modelli, aprire nuovi orizzonti educativi, che promuovano tutta la persona per una crescita e uno sviluppo integrato.

+ Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.40 – 30 ottobre 2016