Tornò indietro lodando Dio

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PAROLA DI DIO – 28ª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: 2 Re 5,14-17; Dal Salmo 97; 2 Tm 2,8-13; Lc 17,11-19

Tornò indietro lodando Dio

2 Re 5,14-17. “Ebbene, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele”.

Naaman, straniero della Siria, viene guarito per la parola di Eliseo, profeta di Yahweh, Dio d’Israele. Nell’operare la guarigione Dio agisce con mezzi modesti. Si serve infatti di una piccola schiava per far conoscere al suo padrone la potenza del Dio d’Israele. Ricorre poi alle acque del Giordano, fiume più piccolo dei fiumi di Siria per la sua azione liberatrice. Naaman presentandosi dal profeta Eliseo, dopo un lungo viaggio e carico di doni, si aspettava azioni spettacolari da parte del profeta il quale manco scende ad incontrarlo, ma semplicemente gli manda a dire di andare a lavarsi nelle acque del Giordano. E dire che si era mossa la diplomazia siriana e il re d’Israele! Solo dopo che fu eseguita la parola “dell’uomo di Dio”, quello straniero giunge a riconoscere che il Dio d’Israele è salvatore di tutti. Interessanti le due richieste del guarito al profeta. Chiede di portarsi a casa in Damasco un carico di quella terra, esprimendo così la volontà di continuare anche nella sua terra ‘straniera’ a rendere culto al Dio d’Israele. La seconda richiesta poi riguarda la sua posizione di capo dell’esercito del re di Aram: potrà lui continuare il suo servizio di accompagnare il suo re al tempio della divinità locale e prostrarsi con il re davanti a quella divinità? Inattesa e molto aperta la risposta del profeta: “Va’ in pace!”. La fede in Yahweh non dipende dalle condizioni esteriori in cui si è posti a vivere, ma dall’orientamento interiore verso Dio e dalla propria giustizia e rettitudine verso gli uomini.  Naaman poi vorrebbe ricompensare il Signore portando dei doni al profeta. Il rifiuto del profeta è il modo del profeta di annunciare e insegnare che Dio dona gratuitamente a tutti la salvezza: essa è donata e non comprata.

Dal Salmo 97. “Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia”.

Il salmo 97  canta il Signore che si manifesta a tutti pieno di amore verso tutti. I nuovi e continui segni del suo amore suscitano sempre ‘canti nuovi’ che riconoscono e cantano i nuovi prodigi. La fedeltà di Dio, fondata sulle sue promesse che si attuano nel presente, fanno guardare al futuro con gioia. Israele e le nazioni si uniscano nella gioia perché quello che Dio ha già fatto per il suo popolo è garanzia che continuerà a farlo per tutti i popoli, per “tutti i confini della terra”.

2 Tm 2,8-13. “La parola di Dio non è incatenata”.

Paolo è in catene a causa del vangelo qui riassunto in poche parole: “Gesù Cristo, della stirpe di Davide, è risuscitato dai morti”. Il nome Gesù rimanda all’uomo di Nazaret, alla sua vita terrena conclusasi con la condanna a morte a Gerusalemme. Il titolo ‘Cristo, della stirpe di Davide’ rimanda al ‘Messia’ promesso nelle Scritture, specie nell’oracolo messianico di Natan a Davide (2 Sam 7,4-17). ‘Risorto dai morti’ infine annuncia che la vicenda del profeta di Nazaret non è finita con la morte a Gerusalemme. Ora egli è il “Risuscitato dai morti”, il Vivente. Per questo annuncio Paolo “soffre fino a portare le catene” che però non riusciranno a impedire che quel messaggio risuoni in tutto il mondo. E’ il vangelo offerto a tutti gli uomini perché tutti “raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù”. ‘Eletti’ sono tutti coloro che accoglieranno con fede quell’annuncio, dal quale nessuno deve essere preventivamente escluso. Segue poi un’antica professione di fede. Il nostro partecipare alle sofferenze di Cristo nel tempo presente (come sta facendo Paolo) ci renderà  partecipi alla sua risurrezione. Chi resiste nelle difficoltà a seguire il Signore oggi, domani sarà partecipe del suo Regno. Chi lo rinnega quando è chiamato a dare pubblica testimonianza, sarà rinnegato al giudizio di Dio. Equivale a dire: la nostra comunione con Lui oggi, comporta anche la nostra comunione con Lui domani. Il nostro rifiuto oggi, comporta anche il suo rifiuto domani. Conclude però una inattesa affermazione che apre alla speranza: “Se noi manchiamo di fedeltà, egli però rimane fedele, perché egli non può rinnegare se stesso”.  Gesù cioè non rompe la sua fedeltà a causa della nostra infedeltà, perché sarebbe andare contro la sua natura di Dio fedele e misericordioso, il cui amore è senza condizioni.

Lc 17,11-19. “Uno solo di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio… Era un samaritano”.

Gesù è in viaggio verso Gerusalemme e incontra un gruppo di dieci lebbrosi. La legge prevedeva che i lebbrosi si allontanassero al passaggio della gente senza avvicinarsi per nessuna ragione. Potevano chiedere qualche aiuto solo tenendosi a distanza e avvertendo la gente che erano lebbrosi. I dieci, al passaggio di Gesù, gridano la loro preghiera: “Gesù maestro, abbi pietà di noi”. Gesù volgendosi a loro li invita a presentarsi dai sacerdoti perché fosse constatata l’avvenuta guarigione. Animati dalla speranza dell’imminente guarigione, i dieci si incamminano, ma lungo il cammino si vedono guariti. Ma ecco ciò che fa la differenza tra uno e gli altri nove. “Uno solo di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce; e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo”. Tutti hanno invocato la pietà di Gesù, tutti sono guariti ma solo uno, constatato l’effetto della preghiera esaudita, dà lode Dio e torna da Gesù a ringraziarlo. Questo duplice gesto del guarito, di lode a Dio e ringraziamento a Gesù, significa confessare l’azione di Dio compiuta per intercessione di Gesù. L’evangelista, annotando che questi era un samaritano, sottolinea che la misericordia che Dio offre in Gesù non ha confini di razza o confessione religiosa: essa viene anche  prima della confessione di fede e conduce alla fede. E gli altri nove? Il racconto lascia intendere che tutti hanno goduto del segno della misericordia di Dio attraverso Gesù, ma ora non lo riconoscono: “Non si è trovato chi tornasse a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. Proprio questo ‘straniero’ non ritenuto appartenere al popolo di Dio, come Naaman che nella prima lettura era tornato da Eliseo riconoscendolo profeta del Dio che salva, torna a riconoscere in Gesù l’inviato di Dio a offrire la sua salvezza.

+  Adriano Tessarollo