Nel nome della misericordia

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OTTOBRE MISSIONARIO

Verso la 90° Giornata missionaria mondiale (domenica 23 ottobre)

Nel nome della misericordia

Quaasi sotto lo sguardo di S. Teresa di Calcutta, proprio sulla dirittura d’arrivo di un giubileo davvero straordinario, arriviamo ad inoltrarci in questo nuovo ottobre missionario. Grazie anche alla tenacia di papa Francesco, ancora e con più determinazione, saremo invitati a considerare che fuori da un effettivo esercizio della Misericordia riusciamo ad infilarci solo in vicoli ciechi. Davvero non c’è altro margine di manovra efficace per uscire dal pantano delle tante paludi in cui siamo arenati all’inizio di questo terzo millennio. La Misericordia “cuore pulsante del Vangelo” (Bolla MV 12) ci è autorevolmente proposta come architrave della civile convivenza a tutti i livelli. Altro che questioni per “soli” cattolici osservanti, meglio se pochi e marginali!

Il Dio di Gesù Cristo ci indica una gerarchia che ci spiazza: la fedeltà a Lui resta la strada maestra, ma il traguardo è solo la felicità dell’uomo. Obiettivo per cui ha messo in gioco tutto se stesso, fino a morirne. Per questo è disposto a “rinegoziare” tutta l’esperienza religiosa di Israele – popolo eletto – e le sue istituzioni. Sabato, tempio, capi religiosi e politici, sistemi economici e giuridici… tutto può diventare vino nuovo in otri nuovi.

Questa è una notizia straordinaria, una sorpresa quasi inaudita e dichiaratamente destinata a tutti perché Israele altro non è che primizia di tutti i popoli. La Chiesa, con il suo ineludibile mandato missionario, esiste solo per mettere in circolo questa novità.

“Nel nome della Misericorda”. È questo lo slogan scelto dalla Chiesa italiana per focalizzare questo ottobre missionario di cui la 90ª Giornata missionaria mondiale, che celebreremo domenica 23 ottobre, sarà il momento culminante.

Ecco allora un mese per innalzare il livello di consapevolezza del nostro comune mandato missionario. Su questo avanziamo solo se ripartiamo incessantemente dalla misericordia sperimentata nella nostra miseria.

Evangelizzare, prima di tutto, dovrebbe essere la semplice proclamazione di ciò che Dio ha fatto per noi (At 13). Sembra essere questa la distanza di sicurezza da ogni altra forma di evangelizzazione che altrimenti rischia di tirarsi dietro zavorre e ambiguità che nulla o poco hanno a che fare con la leggerezza dell’evangelizzatore attrezzato solo con la potenza dello Spirito.

Diciamolo in altro modo: il definitivo modo per sperimentare la gioia e la pace del Risorto è quello d’essere perdonati. Ovvero ormai siamo nel tempo benedetto in cui ogni uomo a causa della risurrezione può fare l’esperienza di risorgere nella e dalla misericordia. Solo se ci riconosciamo poveri e inadeguati il Dio di tutte le misericordie può continuare a compiere tutte le promesse. Ricordiamolo una volta di più: il vangelo scommette sulla vita marginale (1Cor 1,15).

Misericordia è allora efficacissimo collirio per una corretta visione della realtà.

Altrimenti siamo condannati a vedere tutte le pagliuzze che ci circondano e non le travi che svettano dal nostro occhio. Dio ce ne scampi e liberi.

Questa è l’opera di Dio: farci partecipi di una storia salvata-perdonata. Tutte le scritture possono convergere qui.

Proclamare cosa Gesù ha fatto 2000 anni fa, o con S. Francesco, o con Santa Teresa di Calcutta, è un passaggio necessario ma non sufficiente per evangelizzare.

Ogni espressione missionaria della chiesa parte da una qualità alta di perdono, ricevuto e offerto, che non ha nulla a che fare con buonismi di vario genere in svendita promozionale sul mercato dei consensi.

In definitiva la Misericordia cristiana, lungi dall’essere una sorta di deroga alla giustizia, è solo la norma della vita, quando la vita ha la sua forma pienamente umana. Papa Francesco osa indicarlo, senza sconti, a tutti (Discorso al corpo diplomatico 11.01.16).

Fare tutta la nostra parte è sì un impegno ma ancor prima sorgente di vita nuova. “Ogni cristiano e ogni comunità discernerà quale sia il cammino che il Signore chiede, però tutti siamo invitati ad accettare questa chiamata: uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (EG 20).

E che per la nostra Chiesa clodiense sia un buon ottobre missionario

gp

da Nuova Scintilla n. 35 – 25 settembre 2016