Ascoltino Mosè e i profeti!

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PAROLA DI DIO – 26ª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: Am 1a.4-7; Dal Salmo 145; Tm 6,11-16; Lc 16,19-31

Ascoltino Mosè e i profeti!

Am 1a.4-7. “…ma della rovina di Giuseppe non si preoccupano”

Destinatari di questo oracolo sono gli uomini ‘della capitale’, responsabili della politica, dell’amministrazione della giustizia e del potere economico. Invece di darsi pensiero del bene del loro popolo essi vivono da “spensierati”, che non vigilano sulla situazione pericolosa che incombe su tutto il popolo considerandosi stoltamente “sicuri”. Ma di che cosa si danno pensiero? Si danno pensiero della loro vita sfarzosa e spendacciona, riempiti come sono di tutti i lussi, a fronte della condizione di miseria in cui versa la quasi totalità del popolo, depredato dei suoi legittimi beni a causa della loro insaziabile e sfacciata ingordigia. E del loro popolo, che è nella miseria più nera, che ne sarà? “…Della rovina di Giuseppe non si preoccupano”. Ecco allora la sentenza del profeta: “Perciò andranno in esilio in testa ai deportati e cesserà l’orgia dei buontemponi”. La coraggiosa parola profetica denuncia l’incuria e l’egoismo della classe dirigente (orgia di buontemponi) causa della rovina del popolo, ma anche della loro stessa rovina quando saranno portati in esilio “in testa ai deportati”.

Dal Salmo 145. “Loda il Signore anima mia”

Una preghiera che scaturisce dal cuore dei poveri che contano più sulla fedeltà di Dio e sulla sua azione di liberazione che sulla forza e la ricchezza dei potenti della terra. Questi passano ma Dio rimane. I vv.7-10 descrivono l’azione di Dio in favore dei poveri, stranieri, orfani e vedove, sfruttati e disprezzati dagli uomini ma oggetto dell’amore di Dio. L’intervento di Dio capovolgerà la situazione: gli oppressi trovano giustizia, gli affamati il pane, i prigionieri la libertà, i ciechi la vista, chi è caduto si rialza, i giusti sperimenteranno che c’è Chi li ama. Altri pensieri e progetti falliranno. Gesù, a Nazaret, annuncerà con parole simili la sua missione.

Tm 6,11-16. “Ti scongiuro di conservare senza macchia il comandamento fino alla manifestazione del Signore”

Con Timoteo siamo esortati a dominare l’orgoglio che ci allontana dalle ‘sane parole’ del Signore per seguire nostre teorie, inutili discussioni e divisioni. Pure l’attaccamento al denaro, causa di sfrenata bramosia di possedere e radice di tanti altri disonesti atteggiamenti che portano rovina e perdita della fede va combattuto. Vivere secondo ciò che Dio richiede, nella sua amicizia e fiducia, praticare l’amore ricevuto in dono da lui, affrontare con forza e costanza le prove che la coerenza evangelica richiede, senza mai negare la compassione verso tutti, queste sono le virtù che connotano l‘uomo di Dio. Accettando la chiamata del Signore, Timoteo ha accettato di combattere la battaglia della fede in un mondo incredulo. È stata una scelta pubblica, davanti alla comunità cristiana. Ora il problema è perseverare per raggiungere la meta promessa. Questi insegnamenti non vengono dall’apostolo ma da Dio, generatore della vita, e da Gesù Cristo, modello di coraggiosa coerenza davanti a Pilato nel momento in cui la sua vita era messa in gioco. Ora dunque bisogna rimanere fedeli al suo comandamento, senza nulla aggiungere o togliere, fino alla sua venuta gloriosa, venuta certa per tutti i credenti perché da lui rivelata. La raccomandazione si conclude con la lode a Dio “beato e unico Sovrano, Re dei regnanti e Signore dei signori, il solo che possiede l’immortalità, che abita una luce inaccessibile, che nessuno fra gli uomini ha mai visto né può vedere”.

Lc 16,19-31. “Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro”

Ecco la seconda faccia della stessa medaglia, vista domenica scorsa. Gesù pone a confronto la sorte di due persone giunte a conclusione della loro vita terrena, una che in vita ha avuto ricchezze e onore, l’altra che invece ha sperimentato povertà e disprezzo. La parabola è rivolta ai ‘farisei’ di cui è detto che “erano attaccati al denaro”. Sarà Abramo, personaggio indiscusso della fede dei farisei, che vantano una rigorosa osservanza delle Scritture, a far mostrare ai farisei che la situazione capovolta in cui ora i due si trovano è conseguenza delle scelte operate e vissute da loro nella vita terrena. Il ricco che banchettava ogni giorno lautamente e il povero Lazzaro, steso per terra alla porta del ricco, pieno di piaghe e affamato, sono l’immagine della distanza tra la sfacciata ricchezza di alcuni e la più disumana miseria di altri, senza che ci sia la minima attenzione dei primi per i secondi: due mondi vicini ma non comunicanti. Al momento della morte, che accomuna il ricco e il povero, avviene però una nuova diversificazione: il povero è portato dagli angeli nel seno di Abramo, il ricco fu sepolto, espressioni che indicano una distanza incolmabile tra i due e una situazione diversa: il ricco è “nei tormenti” mentre il povero “è consolato”. Ora è il ricco ad implorare da Abramo l’intervento del povero in suo favore. La risposta di Abramo non è ritorsione ma constatazione delle conseguenze di una scelta: in vita il ricco aveva nelle sue mani la possibilità di creare comunione con il povero che implorava alla porta di casa, ma egli ha rifiutato. Quella scelta ha ora conseguenze irreversibili: “Tra voi e noi è stabilito un grande abisso”. Come potrà chi è ancora in vita evitare di fare la medesima fine? “Ti prego di mandarlo a casa di mio padre, perché ho cinque fratelli. Li ammonisca perché non vengano anch’essi in questo tormento”. La risposta di Abramo è: Dio ha già parlato e le Sacre Scritture sono a loro disposizione: “Hanno la Legge e i Profeti; ascoltino loro”. Nelle Scritture Dio ha parlato e continua a parlare al suo popolo. L’ostinazione e l’incredulità di fronte ad esse rivelano l’indisponibilità alla conversione di chi è accecato dalla seduzione della ricchezza a cui ha attaccato il cuore. “Se qualcuno dai morti andrà da loro si ravvederanno…”. “Neanche se uno risuscitasse dai morti sarebbero persuasi”. Né la risurrezione di Lazzaro e neppure quella di Gesù hanno portato e portano alla conversione chi non è disposto a credere e obbedire alle Scritture, cioè a Dio. Mettiamoci alla scuola della Parola e prendiamola a criterio di vita senza pretendere altre manifestazioni miracolistiche

+ Adriano Tessarollo