Domandiamo la sua fede

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PELLESTRINA. La solenne celebrazione presieduta il 4 agosto dal card. Pietro Parolin per il tricentenario dell’apparizione di Maria sull’isola

L’omelia pronunciata dal cardinale alla messa sul sagrato del Santuario

Domandiamo la sua fede

Cari confratelli nell’Episcopato e nel Presbiterato, distinte Autorità, cari fratelli e sorelle in Cristo, sono molto lieto di essere tra voi per festeggiare i 300 anni dell’Apparizione della Beata Vergine Maria al tredicenne Natalino Scarpa de’ Mutti.

A questo anniversario particolarmente significativo vi siete preparati spiritualmente con la Peregrinatio Mariae, che ha interessato tutte le comunità ecclesiali dell’isola di Pellestrina. Aperto dall’interminabile corteo di barche il 18 luglio scorso, il passaggio della sacra immagine da una chiesa all’altra si è caratterizzato come un movimento di fede, preghiera ed entusiasmo ed è stato accompagnato da quella gioia che ora riempie i cuori di tutti i presenti, fedeli di Pellestrina e pellegrini provenienti dal resto della Diocesi di Chioggia, da Venezia e da altri luoghi. 

Anche per noi si realizzano le parole del profeta Zaccaria ascoltate nella prima lettura: “Rallegrati, esulta, figlia di Sion, perché, ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te”. Vi saluto tutti cordialmente in nome di Papa Francesco, a cominciare dal Vescovo Mons. Adriano Tessarollo – che ringrazio per l’invito a presiedere questa Eucaristia – dal Patriarca di Venezia Mons. Francesco Moraglia e dall’Arciprete don Damiano Vianello.  Il Santo Padre, per mezzo mio, vi assicura la sua vicinanza e il suo affetto e vi trasmette la sua benedizione. Siamo reduci, con lui, dalla XXXI Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia, in Polonia, la quale, in consonanza con l’Anno Santo della Misericordia, ha avuto come motto la parola di Gesù: “Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia” (Mt 5,7).  Il Papa stesso l’ha definita “un vero e proprio Giubileo dei giovani a livello mondiale” (Messaggio per la XXXI Giornata Mondiale della Gioventù). E’ stata una bella esperienza, un’esperienza intensa, come possono testimoniare i vostri giovani che vi hanno partecipato guidati dal Vescovo. In questo viaggio non poteva mancare una sosta al Santuario mariano di Jasna Góra (la Montagna Luminosa), a Częstochowa, capitale spirituale della Polonia, dove il Santo Padre ha ricordato il 1050mo anniversario del Battesimo di quella Nazione.  Nell’omelia della Messa, celebrata davanti a una folla di fedeli veramente eccezionale, il Papa ha parlato del “filo divino” che attraversa le vicende dell’umanità e tesse la storia della salvezza. A questo “filo divino” si intreccia un “filo mariano”. Un teologo ha chiamato Maria “una microstoria della salvezza”, in quanto “in lei si danno convegno e si intrecciano i modi di agire divini e ancora in lei si trova la risposta esemplare agli interventi di Dio nella storia della salvezza” (S. De Fiores).  In Maria troviamo la piena corrispondenza al Signore. “Se c’è qualche gloria umana – ha continuato il Papa – qualche nostro merito nella pienezza del tempo, è Lei: è Lei quello spazio, preservato libero dal male, in cui Dio si è rispecchiato; è Lei la scala che Dio ha percorso per scendere fino a noi e farsi vicino e concreto; è Lei il segno più chiaro della pienezza dei tempi”. Questo “filo d’oro” della presenza di Maria nella storia si può rintracciare, senza particolare fatica, anche ripercorrendo la lunga, interminabile serie di interventi che Ella ha realizzato in favore dei suoi figli e delle sue figlie afflitti e tribolati. Lo dico con la strofa di un canto che ho imparato da bambino nella mia parrocchia, in questa benedetta terra veneta, terra di antica pratica cristiana, che ha sempre riservato un culto specialissimo alla Madre di Dio e Madre nostra.  Dice così: “Tutti i secoli son pieni, o Maria delle tue glorie, e di tenere memorie di prodigi e di favor”. San Bernardo di Chiaravalle, in una bellissima preghiera delle anime e delle famiglie cristiane, il Memorare, in un certo senso spiega perché è così: è così perché non si è mai inteso al mondo che qualcuno sia ricorso alla protezione della Madonna, abbia implorato il suo aiuto e chiesto il suo patrocinio e sia stato da lei abbandonato. Quando ero in Messico, vedevo scolpita, quasi fisicamente, questa convinzione nelle espressioni di tanti messicani che sostavano lungamente davanti all’immagine della Madonna di Guadalupe nel suo santuario sul Tepeyac. Mi impressionavano soprattutto i giovani papà che alla Vergine Santa offrivano i loro bambini, con la certezza dipinta nel volto che la vita e il futuro di quel piccolo erano in mani salde, sicure, qualunque cosa fosse loro successo. Immagino che lo stesso capita in ogni santuario mariano del mondo! Quanto abbiamo da imparare dalla fede dei semplici! Quegli atteggiamenti traducevano in maniera esistenziale l’insegnamento di San Paolo che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio”, perché da Lui sono conosciuti, predestinati chiamati, giustificati, cioè resi giusti, e infine glorificati (cfr. Rm. 8,28-30). La vita del discepolo di Gesù è fatta di avvenimenti lieti e tristi come quella di ogni uomo che viene in questo mondo, di luci e di ombre, di gioie, spesso avare, e di dolori talvolta indicibili, di progressi e di regressi. Nulla lo distingue, da questo punto di vista, dai suoi simili!  Ma egli sa – perché è così – che tutto concorre al suo bene, alla sua salvezza, alla sua felicità.  Tutto vuol dire “tutto”.  Vuol dire che Dio si nasconde dietro tutti gli avvenimenti della mia vita: una particolare condizione di salute, una malattia, un lutto,  un contrattempo, un cambiamento improvviso di programma imposto dalle circostanze, una prova morale improvvisa, una difficoltà di qualsiasi genere… Tutto… Tutto, per colui che ama Dio, anche le stesse prove, anche le stesse mancanze della vita passata, acquistano un significato positivo, perché “niente e nessuno ci potrà strappare da quell’amore che Dio ci ha rivelato in Cristo Gesù nostro Signore” (Rm 8,39), come dice ancora San Paolo. Il Concilio Vaticano II afferma la stessa cosa della Madonna, quando nel capitolo della Lumen Gentium dedicato alla Beata Vergine Maria Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa, parla di Lei quale segno di sicura speranza e di consolazione (cfr. n. 68).  Dice infatti: “Anche dopo la sua assunzione in cielo non ha interrotto questa funzione salvifica, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni che ci assicurano la nostra salvezza eterna” (n. 62). La Madonna, gloriosa in Paradiso, non è  ignara o smemorata di noi. Nella luce di Dio ci vede tutti, sa tutto di noi: conosce le nostre pene e le nostre speranze; conosce perfino i pericoli che noi con la nostra corta vista ancora non vediamo, i nostri bisogni che ancora non arriviamo a percepire.  E anche in questo momento è al lavoro per noi. Perché nel cielo tutto è attività, attività affettuosa e appassionata. Nessuno dei santi è inoperoso e tanto meno Lei che – come insegna sempre il Concilio Vaticano II – “con la sua bontà materna si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti tra pericoli e affanni, fino a che non siano introdotti in patria” (n. 62) (cfr. Card. Biffi, Omelia nella solennità dell’Assunzione, 15 agosto 1999). Quanto accadde in questa bella isola dirimpettaia della laguna, trecento anni fa, il 4 agosto 1716, è proprio uno di quegli eventi in cui Maria si è resa presente nelle vicende degli uomini come “avvocata, ausiliatrice, soccorritrice” (LG n. 62). 

Conosciamo la storia:  la storia dell’Apparizione, una delle più singolari dell’epoca moderna, e la storia più ampia del mondo in cui essa si colloca. Tempo di guerra  legata alle pretese e alle minacce turche sull’Europa.  Il 5 agosto 1716, l’esercito ottomano era sopraffatto nella battaglia di Petervardino sul Danubio, in Serbia, e Belgrado riconquistata.  Il 18 agosto, tredici giorni più tardi, la flotta turca veniva inaspettatamente sconfitta a Corfù.  Le autorità civili della Repubblica di Venezia non tardarono a mettere in relazione la duplice vittoria sui due fronti di terra e di mare e quindi la risoluzione della guerra con i fatti di Pellestrina.  L’autorità ecclesiastica ne confermò l’origine soprannaturale. Le contingenze storiche in cui avvenne l’Apparizione che oggi commemoriamo appartengono a tre secoli fa e, grazie a Dio, molto progresso è stato compiuto da allora in termini di comprensione, accettazione, rispetto, collaborazione fra popoli e nazioni, fra culture e religioni, fra etnie e gruppi sociali, ecc., anche se è vero che continuiamo ad assistere, tristi, sgomenti, inorriditi,  a conflitti che pensavamo definitivamente consegnati alla storia e a inaudite crudeltà e ad atti di terrorismo che alcuni – da soli o insieme – commettono, purtroppo, richiamandosi all’Islam e credendo così di dar gloria a Dio e di servire la sua causa.  C’è da augurarsi che questo sforzo di incontro e di dialogo possa approfondirsi e consolidarsi e contribuisca a isolare e a disarmare i violenti e a promuovere una convivenza pacifica e solidale, dove le differenze diventino fonte di arricchimento e di crescita reciproca e non occasione di contrapposizione e di scontro.   Preghiamo, con tutto il cuore, innanzitutto per questa intenzione in questo giorno speciale. La Chiesa cattolica non può imbracciare altre armi che la preghiera e la fraternità fra gli uomini, ha detto l’Arcivescovo di Rouen dopo aver appreso a Cracovia la notizia del barbaro assassinio del suo prete P. Jacques Hamel a Saint-Etienne du Rouvray. Abbiamo bisogno di più preghiera, non di meno preghiera! Abbiamo bisogno di più fraternità, non di meno fraternitá!  Abbiamo bisogno di più dialogo, non di meno dialogo! Qualunque siano, comunque,  le circostanze storiche dell’Apparizione mariana di Pellestrina, il messaggio principale che ci viene da essa è che Maria ci soccorre sempre nelle difficoltà che sperimentiamo e ci protegge dai pericoli dell’anima e del corpo. A me sembra che uno dei pericoli più grandi che corriamo oggi è quello relativo alla fede.  Esiste per tutti il rischio di perderla o di raffreddarla ed indebolirla fino al punto da farla diventare irrilevante per la nostra vita personale e sociale.

Alla Madonna domandiamo, dunque, soprattutto il dono della fede. Domandiamo a Maria la sua fede! “Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano”, risponde Gesù a quella donna che aveva esclamato: “Beato il grembo che ti ha portato e il seno che ti ha allattato”.  Così abbiamo ascoltato nel brano evangelico odierno.  Ma questa è esattamente la definizione della fede: ascoltare e praticare la Parola del Signore! Ma chi, più di Maria, è stata donna di fede?  Quale discepolo del Signore ha ascoltato, meditato nel suo cuore ed osservato la Parola di Dio come Lei?  Chi più di Lei è stata umile di cuore e docile alla volontà di Dio? Nessuno. Domandiamo la sua fede! Una fede che si traduca poi in opera, nelle opere della fede e dell’amore! Maria, apparsa a Pellestrina tre secoli fa, ha chiesto a Natalino di far celebrare Ss. Messe in suffragio delle anime del Purgatorio.  Pregare Dio per i vivi e i defunti è una delle sette opere di misericordia spirituale, che, insieme alle sette di misericordia corporale, la Chiesa sempre ci ha chiesto di praticare come distintivo della nostra appartenenza a Cristo e che Papa Francesco ha rilanciato con particolare enfasi in quest’anno giubilare della misericordia.  E qual è la preghiera più efficace per i vivi e per i morti se non la celebrazione del sacrificio della S. Messa?  La Madonna aveva dunque ragione a chiederlo a quel ragazzino, che subito andò a riferirlo al suo parroco, e non cessa di chiederlo a noi. Preghiamo dunque oggi per i nostri defunti e per tutti i defunti, specialmente quelli più bisognosi della misericordia del Signore, e non tralasciamo di compiere le altre opere della fede e dell’amore. Preghiamo, dunque, per il dono della fede, preghiamo per il dono delle opere della fede e dell’amore, preghiamo per i defunti, preghiamo per la fine  di ogni terrorismo e di ogni violenza e per un mondo di giustizia, di riconciliazione e di pace. “Ricordati, o piissima Vergine Maria, che non si è mai udito al mondo che qualcuno, ricorso al tuo patrocinio, implorato il tuo aiuto, chiesta la tua protezione, sia stato da te abbandonato”. Animati da tale fiducia, oggi noi ricorriamo a te, ci prostriamo ai tuoi piedi e, peccatori come siamo, ti diciamo: “Non volere, o Madre del Divin Verbo, disprezzare le nostre preghiere, ma benigna ascoltale ed esaudiscile”. Amen.

card. Pietro Parolin

(da “Nuova Scintilla”, n 31 del 7 agosto 2016)