Umile profeta del nostro tempo

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BEATO PAOLO VI. Nel 38° anniversario della morte

Umile profeta del nostro tempo

Sabato 6 agosto, festa della Trasfigurazione del Signore, ricorrerà il 38° anniversario della morte del beato Paolo VI. A due anni dalla sua beatificazione ritornano alla mente le dolci parole di papa Francesco: “Grazie, nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla Chiesa” (Omelia del 19 ottobre 2014).

L’umiltà innanzi tutto. Nelle sue volontà testamentarie ha lasciato scritto: “La tomba: amerei che fosse nella vera terra, con umile segno, che indichi il luogo e inviti a cristiana pietà. Niente monumento per me”. Da notare che tale esplicita volontà, scritta nel1965, venne poi confermata nel 1972 e nel 1973. La vera terra: non è una espressione consueta; noi avremmo scritto nuda terra. Qui c’è una pennellata francescana, e quasi un anticipo della “Laudato si’” di papa Francesco sulla casa comune. Papa Francesco lo definisce ancora profetico. Nel Pensiero alla morte papa Montini riservò un’ultima esortazione alla Chiesa: “Abbi coscienza della tua natura e della tua missione; abbi il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità; e cammina povera, cioè libera, forte e amorosa verso Cristo”. È facile una sinossi con alcune parole di papa Francesco. Paolo VI pensa ad una Chiesa che cammina. Nella Evangelii gaudium papa Francesco sogna una Chiesa in uscita, e l’espressione diventa un ricorrente ritornello del suo insegnamento pontificio.

Profetico Paolo VI anche in alcune denunce espresse nella Populorum progressio che papa Francesco ha sintetizzato al numero 203 della Laudato si’: “Abbiamo troppi mezzi per scarsi e rachitici fini”. Frase questa che scolpisce bene il volto odierno dell’uomo che sembra aver appreso soltanto l’arte di consumare. Torna anche alla mente una frase che Paolo VI ripeté in parecchie circostanze: Necessaria non noverunt, quia superflua didicerunt (Hanno ignorato le cose necessarie, perché hanno voluto imparare le cose superflue), una reminiscenza degli studi classici, un po’ adattata, di Seneca, ep. ad Lucilium 88, 37: Non discentes necessaria quia supervacua didicerunt. Parlando agli studenti vincitori dell’annuale concorso Veritas, così il pontefice spiegava: “Non è una condanna della scienza [….]; ma è un avvertimento circa il dispendio che noi spesso facciamo per imparare, e talvolta con non poca fatica e tempo lunghissimo, cose vane, cose inutili, cose difficili e fatue, scienze astruse ed estranee ad ogni interesse personale ed ai problemi fondamentali della vita, ai veri valori per cui sia saggio spendere tempo e fatica; mentre restano nell’ombra le grandi questioni che riguardano i nostri destini, che toccano i segreti della nostra esistenza presente e futura, sui quali solo la religione, la vera religione, ci può dare la risposta luminosa e direttiva” (Insegnamenti di Paolo VI, VII: 1969, p. 623).

Nel pontificato di papa Montini vi sono alcune iniziative e taluni gesti che possono essere collocati nella categoria della profezia. Fu il primo papa a volare in aereo, il primo papa a tornare in Palestina, da dove san Pietro era venuto, il primo papa a rinunciare alla tiara, il primo papa a recarsi all’ONU, il primo papa ad abolire la corte pontificia, per non menzionare altre iniziative importanti.

In un mondo povero di amore e solcato da ingiustizie e violenze, egli si adoperò per instaurare una civiltà ispirata all’amore, in cui la solidarietà e la collaborazione giungessero là dove la giustizia sociale, pur tanto importante, non può arrivare. La “civiltà dell’amore” da costruire nei cuori e nelle coscienze è stata per papa Montini più di un’idea o di un progetto: è stata la guida e l’impegno di tutta la sua vita.

mons. Alfredo Mozzato