La gradualità nella pastorale

Faro
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LO SGUARDO PASTORALE

La gradualità nella pastorale

Il capitolo 8° dell’esortazione “Amoris laetitia” che stiamo leggendo insieme è il più concreto e il più innovativo. Parte dalla consapevolezza che l’ideale del matrimonio cristiano si scontra con la “fragilità di molti suoi figli” e chiarisce subito che questa consapevolezza non si traduce in condanna nei confronti di chi sbaglia ma in “attenzione e premura” perché anche di fronte ad un “amore ferito e smarrito” la Chiesa possa ridonare “fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta”. Il Papa applica proprio in questo contesto alla Chiesa l’appellativo di “ospedale da campo”. L’ideale dev’essere chiaro, anche a stigma di altre unioni che lo contraddicono radicalmente, e vale la pena richiamarlo con le parole stesse dell’esortazione: “Il matrimonio cristiano, riflesso dell’unione tra Cristo e la sua Chiesa, si realizza pienamente nell’unione tra un uomo e una donna, che si donano reciprocamente in un amore esclusivo e nella libera fedeltà, si appartengono fino alla morte e si aprono alla trasmissione della vita, consacrati dal sacramento che conferisce loro la grazia per costituirsi come Chiesa domestica e fermento di vita nuova per la società”. Alcune altre unioni invece lo realizzano “in modo parziale e analogo” per cui, sia pure parzialmente, contengono elementi costruttivi che vanno valorizzati.

È qui che si inserisce il concetto di gradualità. Un matrimonio civile, e persino una semplice seria convivenza, possono essere visti come delle occasioni che permettono di accompagnare verso il sacramento. La maggior parte delle volte si tratta di snidare una sorta di “sfiducia nel matrimonio”, della difficoltà ad assumere “l’impegno coniugale”, di prendere atto della facilità con cui “si pone fine all’impegno assunto e immediatamente ne viene istaurato uno di nuovo”. Per coloro che fanno parte della Chiesa è necessario mettere in campo “un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante”, favorire “il dialogo pastorale … al fine di evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza”, che resta ovviamente l’obiettivo ultimo. Non si tratta di trovare delle scusanti ma molte volte “la scelta del matrimonio civile o, in diversi casi, della convivenza, molto spesso non è motivata da pregiudizi o resistenze nei confronti dell’unione sacramentale, ma da situazioni culturali contingenti”. C’è infatti una ritrosia nei confronti delle “istituzioni e degli impegni definitivi”, “l’attesa di una sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso)”, l’ostacolo di condizioni sociali in contrasto con una visione consumistica della celebrazione delle nozze. Il papa invita a guardare a tutte queste situazioni con positività, “cercando di trasformarle in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia. Si tratta – egli afferma – di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza”. Ricordo di qualche famiglia che si è scandalizzata quando da presbitero ho accompagnato proprio i loro figli nell’esperienza della convivenza verso la celebrazione del sacramento, come se fosse impossibile vivere da cristiani anche questo passaggio di maturazione delle convinzioni. Non si tratta certamente di incoraggiare tale scelta, né di giustificarla, ma di prenderne atto e accompagnare al suo superamento. Già la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II proponeva la cosiddetta legge della gradualità, “nella consapevolezza che l’essere umano conosce, ama e realizza il bene morale secondo tappe di crescita”.

don Francesco Zenna

 

Da Nuova Scintilla n.28 – 17 luglio 2016