La richiesta di fede tra chiese sorelle

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CARITAS DIOCESANA

Viaggio in Giordania, per preparare l’esperienza estiva dei giovani italiani

La richiesta di fede tra chiese sorelle

Mi sono recato in Giordania alla fine di giugno con altri tre direttori di Caritas diocesane del Veneto per preparare una esperienza estiva che si svolgerà ad agosto per un gruppo di giovani italiani che condividerà due settimane con i cristiani della parrocchia san Giuseppe Lavoratore ad Al Mafraq, centro abitato a 80 chilometri a nord di Amman e ultima cittadina giordana prima del confine con la Siria, da cui dista 15 chilometri (sono arrivato al confine con la Siria prendendo verso sera un taxi con una persona del luogo…). Esperienza breve, significativa e intensa, per gli incontri fatti e per i giorni particolari che hanno visto i tragici eventi di Istanbul (eravamo proprio nel luogo esatto dell’attentato 48 ore prima) e di Dacca. Accanto a questa opportunità, l’incontro e la conoscenza un po’ più approfondita della situazione dei cristiani della Giordania dove questi sono una piccola minoranza. Nella parrocchia dove eravamo ospitati, su una popolazione di circa 60.000 abitanti i cattolici sono poco più di 500, mentre i cristiani appartenenti ad altre Chiese sono circa 2.000.

Oltre alla programmazione di una relazione solidale con Caritas Giordania, molto ben strutturata con l’apporto fondamentale di personale e operatori Caritas che gravitano nel Movimento dei Focolarini, direttore compreso, la nostra visita intendeva anche dare uno sguardo sulle condizioni dei circa 300.000 rifugiati siriani che l’Alto Commissariato dell’ONU assiste nella periferia di Al Mafraq. Tutto questo mi ha portato a vivere questi tre aspetti nel breve spazio di quasi una settimana.

La prima percezione è stata quella di toccare con mano la situazione/condizione di minoranza che oggi vivono i cristiani in Medio Oriente. Non è facile per noi – credenti di provata tradizione – capire questa situazione, perché assume i volti di una apparente semplicità nella percezione che i cristiani hanno di essere in una sorta di fortezza assediata e nel contempo di considerarsi come l’ultimo e forse l’unico baluardo di fronte all’Islam conquistatore. La percezione dell’Islam come una entità con la quale non è possibile alcuna forma di dialogo, è chiara…. Sicuramente la figura di papa Francesco gode di molta stima tra i cristiani, ma si coglie che la percezione di una Chiesa che in fondo apre le porte agli immigrati islamici lascia molto perplessi. Ancora, l’impressione chiara – vista dalla minoranza cristiana – che con l’Islam non sia possibile alcuna forma di dialogo, è indubbiamente un dato problematico che va considerato. Sono impressioni e percezioni che mi sono nate nei tanti dialoghi avuti proprio in questi giorni di permanenza presso la parrocchia cattolica di Al Mafraq, dove si ha proprio l’idea di essere – anche logisticamente – all’interno di una piccola fortezza circondata – se non proprio da nemici – da una popolazione islamica appena appena tollerante nei confronti della presenza cristiana.

L’altro aspetto che ho potuto constatare è stato il grande lavoro che la Caritas Nazionale Giordana sta facendo con i profughi cristiani e non, che si sono riversati in territorio Giordano. La Giordania ha di suo una popolazione di circa sei milioni di abitanti e in questo momento sta ospitando nel proprio territorio circa quattro milioni e mezzo di profughi dalla Siria e dall’Iraq. La fragile economia giordana – basata sul turismo che è in crisi per il pericolo attentati – non riuscirebbe a ‘reggere’ una tale onda migratoria, per questo la popolazione dei rifugiati è assistita in grandi campi profughi dall’Alto Commissariato ONU per i rifugiati, che però è a tempo e non durerà in eterno. La situazione e le storie che ho potuto ascoltare sono evidentemente drammatiche e tragiche, ma ho potuto anche leggere la grande fede che accompagna la vita dei cristiani fuggiti da Aleppo, da Mosul, da Homs… storie come quella di Salim che, prima di fuggire dalla propria casa senza poter portare via nulla, ha bagnato il suo orticello con acqua per poi respirare l’odore della terra, per portare con se l’unico ricordo che gli è consentito avere. Ora Salim – che è quasi cieco – ha imparato a memoria il salmo 134 (“Ecco, benedite il Signore…. Voi che state nella casa del Signore durante le notti…) e lo prega ogni giorno.

L’ultimo aspetto che mi è sembrato significativo è stato il rapporto di condivisone con i giovani cristiani della parrocchia, che ospiteranno un gruppo di nostri giovani italiani ad agosto. Accanto alla programmazione delle attività tipiche dei nostri Grest come giochi, lavori di gruppo, sport, musica e altro, ci viene fatta una esplicita richiesta: “Fate venire giù da noi giovani che sappiano fare e insegnarci la lectio divina, perché abbiamo bisogno di imparare a pregare e a coltivare la nostra dimensione spirituale”. Accanto a chi si è portato via l’odore della terra, la domanda di un aiuto non economico ma di fede tra chiese sorelle mi è sembrato il miglior ricordo da riportare in Italia e in diocesi.

MC

Da Nuova Scintilla n.27 – 10 luglio 2016