Ama il prossimo tuo come te stesso

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PAROLA DI DIO – 15ª domenica del tempo ordinario C

LETTURE: Dt 30,10-14; Dal Salmo 18; Col 1,15-20; Lc 10,25-37

Ama il prossimo tuo come te stesso

Dt 30,10-14. “Obbedirai alla voce del Signore… e ti convertirai al Signore tuo Dio…”.

Dopo un lungo periodo di esilio in Israele, qualche segno fa sperare che la presente situazione possa anche terminare. Guardando indietro in quella propria storia di sofferenza, nasce l’interrogativo di sempre: come questa grande e lunga catastrofe è stata possibile? Dov’era Dio e perché non ha difeso il suo popolo? Forse Dio era venuto meno alle promesse fatte al suo popolo? Ma il profeta che scrive queste pagine invita a guardare la storia da un altro punto di vista: non quello che ha fatto o non ha fatto il Signore, ma quello che ha fatto o non ha fatto il suo popolo. L’Alleanza del Sinai impegnava reciprocamente Dio e popolo! La presente situazione d’esilio mostrava che l’alleanza era stata violata proprio da parte del popolo. Ma ora era tutto finito? Certamente no! Le poche righe ascoltate mostrano che Dio interverrà cambiando il cuore del suo popolo (conversione) e mettendolo in grado di obbedire ai suoi insegnamenti: “Obbedirai alla voce del Signore tuo Dio, osservando i suoi comandi e i suoi decreti… Ti convertirai al Signore tuo Dio con tutto il cuore e con tutta l’anima”. Conversione e fedeltà sono annunciate non come imposizione ma come dono di Dio stesso attraverso il dono dello Spirito Santo. La docilità alla Parola di Dio non sarà impossibile per l’uomo, essa sarà alla sua portata: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te… questa parola è nella tua bocca e nel tuo cuore perché tu la metta in pratica”. Grazie all’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù e al dono dello Spirito Santo, ora la Parola del Signore è alla nostra portata. La nuova alleanza conclusa in Cristo rende possibile ciò che l’antica legge solo esigeva. La Legge è divenuta Grazia.

Dal Salmo 18. “I precetti del Signore, fanno gioire il cuore”.

La seconda parte del Salmo 18 canta la ‘Legge del Signore’ come privilegio dato a Israele perché potesse conoscere la perfezione di Dio, la sua bontà, la sua giustizia e fedeltà. Per questo la Legge del Signore, i suoi precetti, comandi e insegnamenti, sono cantati come dono che rende l’uomo saggio e rendono limpida e giusta la sua condotta, liberandola dall’abbrutimento del peccato.

Col 1,15-20. “Gesù Cristo è immagine del Dio invisibile”.

Diverse volte uomini della Bibbia hanno espresso il desiderio di conoscere-incontrare Dio. Pensiamo alla domanda di Mosè rivolta a Dio: “Mostrami la tua gloria!” (Es 33,18), o a quella dell’apostolo Filippo a Gesù: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. A quella domanda Gesù risponde: “Filippo, chi ha visto me ha visto il Padre” (Gv14,8). Quello che di sé Dio può manifestare all’uomo è visibile in Gesù Cristo. In questo senso va intesa l’espressione “Gesù Cristo è immagine del Dio invisibile”: in Gesù Cristo Dio si è fatto visibile. Si potrebbe dire che egli, vero sacramento del Padre, contiene ciò che manifesta. Gesù Cristo è il ‘prototipo del Padre’. La dignità di Cristo è definita in rapporto a Dio, del quale è reale manifestazione, e in rapporto unico con Dio rispetto ad ogni altra creatura che partecipa alla vita divina attraverso Cristo e in unione a lui. Gesù è come il centro vitale in cui tutto si incontra e vive. In rapporto alla Chiesa Cristo è come il capo rispetto a tutto il corpo: è un tutt’uno con essa, ma ne è anche il principio vitale ed organizzatore. Nel disegno di Dio (piacque a Dio) in Cristo abita tutta la sua stessa ricchezza di vita e di doni e attraverso di Lui essa è riversata sugli uomini.

Lc 10,25-37. “Chi è il mio prossimo?”

Ascoltando questa pagina mi chiedo se noi anzitutto che l’abbiamo ascoltata, e quanti altri, oggi ci poniamo questa domanda: “Cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Ma riteniamo importante porci questa domanda, ha senso porci questa domanda? Forse ne comprendiamo l’importanza ascoltando la risposta di Gesù. Per Lui la risposta appare ovvia. Se la nostra vita ha a che fare con Dio bisogna capire cosa Dio si aspetta da noi e cosa ci può offrire in cambio. Ed ecco riassunta brevemente la risposta giusta che dà lo stesso ‘esperto nella conoscenza della parola di Dio: “Amerai il Signore tuo Dio… e il prossimo tuo come te stesso”. Ma il dibattito allora, come oggi, verte su chi debba essere considerato ‘prossimo’. Allora Gesù racconta una storia, che descriveva la realtà di quei giorni e di quei luoghi, dove convivevano vicini e anche mescolati assieme gruppi etnici e religiosi che, pur avendo origini comuni, marcavano notevoli differenze di tradizioni e di costumi. Se ti imbatti in un uomo moribondo, che non può parlare e presentarsi, che per il luogo dove si trova e per il fatto che non ha alcun segno distintivo, non riesci sapere se è dei ‘tuoi’ o è di altra etnia o religione, sei tenuto a prenderti cura di lui? Tre personaggi, ben classificati, un sacerdote, un levita, un samaritano, sfilano accanto a quest’uomo. Solo quest’ultimo si prende cura di quello ‘sconosciuto sventurato’, prestandogli le prime cure e consegnandolo ad una locanda perché lo curi fino a guarigione: per questo anticipa due denari assicurando che salderà il conto per le cure prestate al suo ritorno. Per Gesù quest’ultimo ha osservato il comandamento “ama il prossimo tuo come te stesso”, gli altri due no! Quello ha imitato Gesù, provando compassione per quell’uomo nel bisogno, perché anche Dio è ricco di compassione verso tutti senza fare distinzione di persone, perché tutti gli sono egualmente figli. Papa Francesco sogna una Chiesa ‘samaritana’ e ‘albergo’ che deve prendersi cura degli uomini che incontra bisognosi di misericordia. E noi? Cosa significa per noi qui e ora: “Vai e fa’ anche tu lo stesso”?

 + Adriano Tessarollo

Da Nuova Scintilla n.27 – 10 luglio 2016