Tu va’ e annuncia il Regno di Dio

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PAROLA DI DIO – 13ª domenica del tempo ordinario C

1 Re 19,16b.19-21; Dal Salmo 15; Gal 5,1.13-18; Lc 9,51-62

Tu va’ e annuncia il Regno di Dio

1 Re 19,16b.19-21. “Va’ e torna perché sai bene cosa ho fatto di te”.

Elia è sul finire della sua missione. Gli rimane da portare a compimento l’ultimo degli incarichi ricevuti sull’Oreb dal Signore, ungere Eliseo, come profeta, al suo posto. Egli incontra Eliseo che stava lavorando nel suo campo, gli passa accanto, gli getta sulle spalle il suo smantello. Con questo gesto, che sostituisce l’unzione, Elia chiama Eliseo al proprio gruppo ‘profetico’ per condividere il servizio al Signore, e gli passa la sua autorità e la sua forza profetica. Eliseo lascia immediatamente i buoi con i quali stava lavorando la sua terra e va  congedarsi dai suoi, senza lasciarsi distogliere dalla vocazione e missione di cui è stato investito. Con un paio di buoi e il legno del loro giogo imbandisce il banchetto di addio alla sua gente, chiaro segno che egli era davvero deciso ad iniziare la sua nuova vita. Un giorno Gesù richiederà una disponibilità al Regno ancora più radicale. La chiamata è del Signore, ma è mediata da un suo servo. La risposta è libera, ma deve essere pronta e senza condizioni. Non c’è risposta senza rinuncia. Si tratta di valutare cosa si lascia, ma anche per chi lo si lascia.

Dal Salmo 15. “Sei tu Signore l’unico mio bene”.

Proviamo a fare nostra questa confessione di fede che il Salmo ci propone: “Il mio Signore sei tu…nelle tue mani è la mia vita. Il Signore è mia parte di eredità. Io pongo sempre davanti a me il Signore…non abbandonerai la mia vita negli inferi”. Non una proclamazione teorica della Verità di fede, ma il dialogo tra colui che prega e il Suo Signore. Egli da solo vale ogni altro bene e la sua presenza è solido sostegno della vita presente e futura, una presenza che accompagna anche di notte, momento di oscurità e di solitudine: “Anche di notte il mio animo mi istruisce. Io pongo sempre davanti a me il Signore…”. Si aprono anche orizzonti nuovi, quello della fede che riconosce che l’amore di Dio è forte e potente e non può essere interrotto nemmeno dalla morte: “Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima, anche il mio corpo riposa sicuro, perché non abbandonerai la mia vita al sepolcro, né lascerai che il tuo fedele veda la fossa”. Cuore, anima e corpo, tutto appartiene e apparterrà sempre a Dio, che si coinvolge nella vita del credente in una relazione personale senza fine, di cui Egli si fa garante. Chi investe tutto nel Signore troverà in lui la vita e la gioia senza fine.

Gal 5,1.13-18. “Cristo ci ha liberati per la libertà”.

Di quale libertà parla qui l’apostolo Paolo? Il v. 5,1 utilizzato separatamente nella scelta  liturgica è la conclusione di una lunga argomentazione di Paolo (4,21-5,1) nella quale egli afferma che i Galati, attraverso la fede sono divenuti figli per grazia e non per le prescrizioni della legge. Dunque non tornino a porsi sul collo nuovamente il giogo della legge che li rende ancora schiavi. E l’Apostolo conclude tutta l’argomentazione: “Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà. State dunque saldi e non lasciatevi di nuovo imporre  il giogo della schiavitù”. Gesù Cristo ci ha liberati dalla schiavitù del peccato che genera l’egoismo, l’odio, le divisioni e la volontà di dominare sugli altri. Nessuna serie di prescrizioni ci può liberare da ciò, ma solo Cristo ci ha dato la libertà di vivere il comandamento che è pienezza di tutti gli altri e che è al di sopra di tutte le prescrizioni umane: “mediante l’amore siate a servizio gli uni degli altri. Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Dove continuano ad esserci divisioni, contrasti, rifiuti o altro significa che non si è ancora liberi dal peccato e dall’egoismo, cioè non si vive la vera fede che porta a lasciarsi guidare dallo Spirito alla pratica dell’amore. “Camminate secondo lo Spirito… Se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge”. Qualsiasi prescrizione non è in grado di liberare dal peccato, ma solo Cristo con il dono dello Spirito.

Lc 9,51-62. “Nessuno che mette mano all’arato e si volge indietro è adatto per il regno di Dio”.

Per molte domeniche, seguendo il vangelo di Luca, saremo con Gesù in viaggio verso Gerusalemme per ascoltare gli insegnamenti di Gesù a chi vuol essere suo discepolo. Egli è decisamente in cammino verso il luogo della sua passione e risurrezione e invita i discepoli a seguirlo altrettanto decisamente per quella strada. Praticare quegli insegnamenti è la ‘via crucis’ del cristiano. Oggi raccogliamo due insegnamenti. Nel primo il discepolo di Gesù è inviato a portare a tutti il lieto annuncio del vangelo, a preparare l’accoglienza di Gesù, ma non a fulminare coloro che non lo accolgono. Come Gesù è venuto per salvare e non per condannare, così deve fare il discepolo.

Il secondo poi è dato da tre espressioni di Gesù.

– “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. Seguire Gesù richiede come condizione la disponibilità al distacco e alla rinuncia perché non si va al suo seguito per avere successo o accumulare ricchezza.

– “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annuncia il Regno di Dio”. E’ richiesta una risposta pronta e radicale, compreso il distacco da persone e da relazioni pur buone; l’annuncio del Regno ha priorità su ogni altra cosa.

– “Nessuno che mette mano all’aratro e si volge indietro è adatto per il regno di  Dio”. Accolta la chiamata, il discepolo la segue risolutamente e non si volge a guardare cosa ha lasciato o cosa si può riprendere, ma vi rimane decisamente fedele, senza compromessi! Questo vale sia per chi sceglie la vita religiosa e consacrata sia per chi sceglie il matrimonio.                         

+ Adriano Tessarollo