Simone e Pietro: Insieme nel Giubileo dei sacerdoti

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I GIORNI – A Roma e a Chioggia

Simone e Pietro: Insieme nel Giubileo dei sacerdoti

Simone e Pietro: due nomi per la stessa persona. Due momenti di vita e due condizioni. Che tuttavia non costituiscono un prima e un dopo, determinato una volta per tutte. Si intersecano invece, si attraversano e si superano vicendevolmente. La storia di Simone chiamato Pietro viene ricordata da papa Francesco nella prima meditazione della giornata di Ritiro del Giubileo dei Sacerdoti nella Basilica del Laterano, seguìta da due altre, nella Basilica di Santa Maria Maggiore e di San Paolo. Pietro, segnato dall’adesione appassionata a Cristo e da manifesta incoerenza, ci taglia la strada e ci costringe a specchiarci sulla sua umanità vivace e fragile. “Simon Pietro ci offre l’immagine ministeriale di questa sana tensione. Simone e Pietro. L’uomo comune, con le sue contraddizioni e debolezze, e quello che è pietra, quello che possiede le chiavi, quello che guida gli altri…. Sempre questi due poli”, racconta papa Francesco. Come accade – dice ancora – quando un prete che confessa, a sua volta si confessa: Pietro e Simone insieme. Così accade anche per noi oggi. Lo riscontriamo nell’incontro diocesano che è coinciso con il Giubileo dei sacerdoti a Roma. I sacerdoti della diocesi di Chioggia si ritrovano insieme con il vescovo Adriano nella parrocchia di Ca’ Tiepolo, dedicata al Sacro Cuore di Gesù (nelle foto). Incrociamo le parole del papa nel riflesso delle parole del vescovo, dove rimbalza il discorso rivolto ai vescovi italiani a proposito dei sacerdoti. Il prete è un uomo che ha deposto i calzari davanti al Dio del roveto ardente. “Il segreto del nostro presbìtero – dice il papa – sta in quel roveto ardente che ne marchia a fuoco l’esistenza, la conquista e la conforma a quella di Gesù Cristo, verità definitiva della sua vita. È il rapporto con Lui a custodirlo”.

giubileo-sacerdoti-2Ci attraversa la domanda: “Che cosa dà sapore alla vita e per chi e per che cosa lavoriamo?”.

La risposta sorge immediata: noi lavoriamo per Cristo. La mossa che è all’origine della nostra vocazione permane ad ogni svolta di strada, dalla canonica alla chiesa, dall’oratorio alle case, dalla scuola all’ospizio degli anziani. Una risposta sincera, che tuttavia non può scansare la lotta quotidiana, nella tensione interiore tra Pietro e Simone. Nello stesso tempo in cui diciamo: “Lo faccio per Gesù”, ci esaltiamo per un risultato positivo e subito dopo ci smarriamo nella nebbia della delusione.

Che cosa cerchiamo dunque? La gratificazione immediata che il vento di bora subito cancella, oppure una immersione nel mistero di Cristo presente nella realtà, nelle persone, nelle circostanze? Il livello di Simone non basta per vivere. Gesù ancora ci chiama con il nome nuovo di Pietro. Fondati sulla Roccia, da Lui amati e mandati, ogni nostra azione diventa risposta alla sua chiamata. La realtà è sacramentate: custodisce e manifesta la Sua Presenza. Diciamo sì al Signore dentro le circostanze, nella fedeltà al compito. Siamo presi insieme, ciascuno con la propria vita, nella comunione di una Diocesi irrorata da mille rivoli, come i fiumi e i canali che ne percorrono il territorio dalla laguna al Delta. L’ambito della Chiesa universale è il grembo della madre che genera figli diversi e li mantiene fratelli, nel presbiterio e nella comunità diocesana, ricchi di doni che non si contrappongono ma si sostengono.

La giornata giubilare dei sacerdoti a Roma si conclude con un saluto e un abbraccio personale di Francesco verso ciascuno. La giornata sacerdotale in diocesi termina con una cena fraterna insieme con il vescovo, ospiti della comunità parrocchiale. Il Cuore di Cristo e il Cuore di Maria si riflettono nel breve frammento del cuore dei preti.

don Angelo