“Sento tanto calore nel mio cuore”

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PARROCCHIA SAN FILIPPO NERI

Filippo, uomo infervorato dallo Spirito Santo. Celebrazione con il vescovo il 25 maggio sera

“Sento tanto calore nel mio cuore”

Un luogo, a Roma, era particolarmente amato e frequentato da Filippo Neri (1515-1595): le catacombe di san Sebastiano, una immensa, silenziosa sepoltura dei primi cristiani e di molti martiri. Vi sostava in devoto raccoglimento, dimenticandosi completamente delle cose terrene, cibandosi di pane e acqua. Si dice che abbia “vissuto” lì per dieci anni: era diventata la sua seconda casa. Nelle lunghe veglie, a contatto con i testimoni di Cristo, si offriva a Dio e con tanta umiltà esclamava: “Signore, fa’ di me quello che vuoi!”. Una notte, la vigilia della Pentecoste del 1544, nel suo 29° anno di vita, mentre era immerso in una preghiera intensa e misteriosa (era devotissimo dello Spirito Santo) gli apparve un globo di fuoco che gli entrò nel petto, per la bocca, spezzandogli due costole dal lato del cuore, gettandolo a terra e segnandolo nel fisico. “A guisa di uno che va cercando refrigerio, [Filippo] si slacciò dinanzi al petto per temperare in parte quella gran fiamma che vi sentiva: […], levatosi in piedi, sentissi ripieno d’insolita allegrezza ed immediatamente tutto il suo corpo cominciò a sbattersi con moto e tremore grandissimo, […] non vi sentendo dolore, né puntura di sorte alcuna, né per allora, né mai”. Il suo volto era raggiante, il cuore batteva violentemente, da non poter contenere tanto ardore, mai provato. E gridava: “Basta, Signore, non resisto più”. Uscì barcollando, appoggiandosi ai ruderi che trovava lungo la strada, alle colonne dei portici delle chiese, e rientrò nella sua cameretta, con le lacrime agli occhi. Non fu un fatto momentaneo: aveva vissuto una profonda esperienza mistica. Per tutta la vita ne portò il segno, che è raffrontabile con le stimmate di san Francesco e di altri santi e sante: un rigonfiamento, un tumore della grossezza di un pugno. Lo Spirito Santo lo aveva incendiato d’amore, come nessun altro. Il tremito, che produceva il suo corpo, lo trasmetteva anche alla sedia, al letto, alle panche ove si fosse seduto o inginocchiato.

Il suo cuore, poi, emanava tanto calore al punto che d’inverno Filippo girava con la veste talare sbottonata dalla cintura in su; doveva trascorrere intere notti, sulla loggia che si era fatto costruire sul tetto, all’aria aperta; apriva le finestre anche con il freddo; e tante altre stranezze…

Ai suoi intimi si giustificava dicendo: “Io sono ferito di amore! Sento tanto calore nel mio cuore!”. Malati di vario genere, anche gravi, guarirono in maniera rapida e prodigiosa stretti tra le sue braccia. Era divenuto strumento divino, nel mezzo di una Roma rinascimentale. Lo Spirito Santo aveva sconvolto la sua vita dominandola interamente: era stato segnato da Dio con il “sigillo più sublime” della devozione a Cristo.

Della sua Pentecoste non parlò mai con nessuno (“secretum meum mihi”: il mio segreto lo tengo per me), se non con Pietro Consolini, il suo erede spirituale, che lo riferì solo in punto di morte a un suo confratello, tale era l’umiltà insegnatagli da padre Filippo.

Una curiosità: San Filippo morì nella notte tra il 25 e il 26 maggio del 1544, proprio nella solennità del Corpus Domini!

E quest’anno, data la coincidenza con la solennità eucaristica – essendoci il 26 la celebrazione in cattedrale – la messa in onore del santo Patrono nella chiesa dei Filippini sarà celebrata dal vescovo alle 18 di mercoledì 25 maggio: sono invitati sacerdoti e fedeli della città. La comunità si preparerà alla festa il lunedì e martedì sera alle 17 recitando il rosario “con San Filippo Neri”.

R. Chiozzotto

Nella foto: “Estasi di S. Filippo Neri”, P. Giuseppe M. Vianelli d.O. (Chioggia 1803-1871).