La vocazione della famiglia

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LO SGUARDO PASTORALE

La vocazione della famiglia

Nel focalizzare gli elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il matrimonio e la famiglia, il Papa invita a volgere lo sguardo a Gesù. Il terzo capitolo si apre infatti con la proposta cristologica della redenzione operata da Cristo, che porta a compimento il progetto divino già iscritto nella creazione. Dal segno di Cana, dall’amicizia con la famiglia di Lazzaro e delle sorelle, fino al perdono accordato alla Samaritana e all’adultera, e soprattutto nell’esperienza di Nazaret Egli diventa esempio per la Chiesa della necessaria cura per le relazioni familiari.

Nei successivi paragrafi illustra, poi, in maniera sintetica, la vocazione alla famiglia così come è stata recepita dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente citate la Gaudium et spes del Vaticano II, “che ha definito il matrimonio come comunità di vita e di amore, mettendo l’amore al centro della famiglia”, la Humanae vitae di Paolo VI, che “ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita”, la Familiaris consortio di Giovanni Paolo II, che “ha definito la famiglia «via della Chiesa», proponendo anche delle “linee fondamentali per la pastorale della famiglia e per la presenza della famiglia nella società”, e la Deus Caritas est nella quale Benedetto XVI “ha ripreso il tema della verità dell’amore tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso”. Parola di Dio e documenti del Magistero conducono a guardare al matrimonio come sacramento, inteso non come “una convenzione sociale, un rito vuoto o il mero segno esterno di un impegno” (…), ma come “dono per la santificazione e la salvezza degli sposi”.

All’interno di questa visione si comprende che “la decisione di sposarsi e di formare una famiglia deve essere frutto di un discernimento vocazionale”. Ogni espressione dell’esperienza sponsale, il dono, la fedeltà, l’apertura alla vita, la stessa “unione sessuale, vissuta in modo umano e santificata dal sacramento, è per gli sposi via di crescita nella vita della grazia”. Sono gli sposi infatti i ministri del matrimonio, “il loro consenso e l’unione dei corpi sono strumenti dell’azione divina”. La proposta chiara dell’annuncio cristiano sul sacramento del matrimonio non esclude la presenza di “semi che attendono di maturare” anche nell’ordine della natura, nelle altre religioni e nelle “situazioni imperfette”.

La riflessione include anche le “famiglie ferite” di fronte alle quali il Papa ricorda un principio generale: “Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni. Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina, sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione”. Il capitolo si chiude con un richiamo alla reciprocità tra famiglia e Chiesa. Se la Chiesa è un bene per la famiglia, soprattutto nell’alleanza educativa, non va dimenticato che “l’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa”.

don Francesco Zenna