Alla luce della Parola

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LO SGUARDO PASTORALE

Alla luce della Parola

È il titolo del primo capitolo di Amoris laetitia. Quando ho ascoltato l’appassionata presentazione che il vescovo ha fatto dell’esortazione apostolica, giovedì e venerdì della scorsa settimana, mi è venuta la voglia di presentare in maniera più sistematica il grande respiro umano e pastorale di questo documento.

Dopo un’importante introduzione, già sintetizzata nei miei precedenti articoli, il Papa ha attinto subito alla prima e più importante fonte di ogni proposta di riflessione e di vita cristiana: la Bibbia.

“Popolata da famiglie, da storie d’amore e di crisi familiari”, trova il fulcro del suo messaggio nella parabola raccontata da Gesù delle due case “costruite sulla roccia o sulla sabbia”, perché “rappresentano tante situazioni familiari, create dalla libertà di quanti vi abitano”. Ma già nell’Antico Testamento troviamo la descrizione della famiglia secondo il disegno del creatore, precisamente nel Salmo 128: “La tua sposa come vite feconda nell’intimità della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla tua mensa”. Sembra di contemplare una scena.

Al centro la coppia con tutta la sua storia d’amore, che realizza quanto descritto dai due “grandiosi capitoli iniziali della Genesi”: “la relazione feconda della coppia” che “diventa un’immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio” e l’incontro unitivo, “non solamente nella sua dimensione sessuale e corporea, ma anche nella sua donazione volontaria d’amore”. Attorno alla coppia, i figli “pieni di energia e vitalità”, “segno di pienezza della famiglia”. Questa scena, ripresa dal Nuovo Testamento, viene arricchita da una consapevolezza, quella della presenza di Cristo, che – secondo l’immagine dell’Apocalisse – ha bussato, è entrato e si è seduto alla stessa mensa, portando la benedizione di Dio, costituendo una “chiesa domestica”, una “sede eucaristica”. Così essa diventa l’ambito naturale dell’educazione dei figli, della trasmissione della fede, del loro avvio a quella vocazione personale cui sono responsabilmente chiamati. La contemplazione di questa scena “idilliaca” non nega “una realtà amara”, cioè la “presenza del dolore, del male, della violenza che lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore”.

Anche di questo ci parlano le Scritture, “a partire dalla violenza fratricida di Caino su Abele”, per percorrere le esperienze negative dei Patriarchi, dei Re, Davide in particolare, di Tobia e della confessione di Giobbe: “…perfino i miei familiari mi sono diventati estranei”. Eloquente è anche l’agire di Gesù, presente in tante famiglie, soprattutto in quelle segnate dalla sofferenza e dal peccato. È quanto mai eloquente la conclusione del Papa: “La Parola di Dio non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino, quando Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi…»”. Del resto, sempre secondo il messaggio biblico, la famiglia domanda l’impegno del lavoro, con la sua precarietà, la responsabilità sociale, il rispetto per la natura.

Amore e tenerezza, però, vengono a costituire il motivo dominante dell’annuncio sulla famiglia, con la responsabilità di tutti i suoi membri e la certezza della grazia che li accompagna. Allora il Papa ci invita a guardare alla famiglia di Nazareth, in particolare a Maria che ci insegna a “custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio”. “Nello stesso cuore ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente”.

don Francesco Zenna