In aereo col Papa

papa-francesco-in-aereo
Facebooktwitterpinterestmail

LO SGUARDO PASTORALE

In aereo col Papa

Mi incuriosisce sempre quanto emerge dal dialogo spontaneo di Papa Francesco con i giornalisti durante i suoi voli. Con un linguaggio semplice e immediato trasmette un pensiero libero dai condizionamenti dell’ufficialità e va al cuore dei problemi. Quelli trattati sul volo che lo ha riportato dall’isola di Lesbo a Roma hanno riguardato ovviamente l’immigrazione, ma anche i contenuti dell’esortazione apostolica “Amoris laetitia”. Sulla questione immigrazione, dopo aver riconosciuto la complessità della questione, ha ribadito la responsabilità che l’Europa è chiamata a esprimere nell’accoglienza e nell’integrazione.

Dopo la caduta del muro di Berlino il nostro Continente non può erigerne degli altri, ma piuttosto costruire ponti attraverso politiche sagge del lavoro, della crescita, dell’economia. Proprio in questi giorni invece abbiamo sentito parlare di nuove barriere in entrata e di uno scandaloso commercio di armi in uscita. Il Papa ha raccontato del suo incontro con i bambini: “Mi hanno regalato tanti disegni. In uno c’era un sole che piange. Anche il sole è capace di piangere e noi? Cosa hanno visto i bambini? Hanno visto uno di loro annegare e lo hanno nel cuore. Ci vorrà del tempo perché elaborino tutto questo.Cosa vogliono i bambini? Vogliono la pace. Io inviterei i fabbricanti e i trafficanti di armi a passare una giornata in quel campo e credo che per loro sarebbe salutare”.

Sui 12 profughi musulmani che egli ha portato a Roma per ospitarli in Vaticano, tre famiglie con 6 bambini, ha precisato che tutto è stato fatto in regola e non si sono fatte distinzioni di religione o di nazionalità. Non si è trattato di un privilegio: “Tutti i 12 profughi sono figli di Dio, l’unico privilegio è dei figli di Dio”.

L’ultimo commento è stato per la recente esortazione “Amoris laetitia”, in particolare sull’aspetto più controverso del documento, quello dell’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati. Ha raccontato del “fastidio” e della “tristezza” che ha provato quando, al momento dell’indizione del primo Sinodo, tutta l’attenzione della stampa era concentrata sulla possibilità o meno della comunione per loro. “Io posso dire – ha affermato – che la disciplina è cambiata, ma sarebbe una risposta troppo piccola. (…) I media non si accorgono che quello non è il problema più importante. Non si accorgono che la famiglia, che sta alla base della società, è in crisi in tutto il mondo. Non si accorgono che i giovani non vogliono sposarsi. Non si accorgono del calo di natalità in Europa, che è da piangere. Non si accorgono della mancanza di lavoro, dei papà e delle mamme che prendono due lavori e i bambini crescono da soli e non con i loro genitori”.

Due pensieri che interpellano la nostra pastorale: l’apertura verso tutti e l’attenzione primaria alla famiglia. Credo sia giunto il momento di bandire il “no” dal nostro vocabolario ecclesiale, quello che giudica ed esclude, e di arrenderci alla gioia del vangelo, alla gioia dell’amore, indicandone la via ai fratelli che l’hanno smarrita o non l’hanno mai conosciuta.                                                                    don Francesco Zenna