È il Signore!

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – Letture: At 5,27b-32.40b-41; Salmo 29; Ap 5,11-14; Gv 21,1-19

è il Signore!

At 5,27b-32.40b-41. “E’ necessario obbedire a Dio invece che agli uomini”.

Come Gesù aveva pagato con la vita la sua determinazione ad annunciare coraggiosamente il vangelo, così ora anche gli apostoli si trovano davanti alle stesse autorità che “espressamente” proibiscono loro di insegnare nel nome di Gesù. Al sommo sacerdote Luca attribuisce un’espressione un po’ enfatica: “Ed ecco, avete riempito Gerusalemme del vostro insegnamento…”. La risposta di Pietro e degli apostoli è: “Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini”. Il verbo “bisogna” è lo stesso che nei vangeli ricorre negli annunci che Gesù fa della sua passione e morte, per dire che ciò corrisponde alla volontà di Dio. Anche per Pietro e gli altri apostoli la missione e le relative persecuzioni rientrano nel disegno divino. La testimonianza apostolica riguarda principalmente la persona di Gesù che i capi giudei hanno condannato a morte come malfattore, mentre Dio lo ha glorificato e costituito “capo e salvatore per dare a Israele la conversione e il perdono dei peccati”. Il termine capo abbinato a salvatore può essere considerato una ‘endiadi’ da interpretare come: ‘guida alla salvezza’. Con la sua passione-morte e risurrezione-esaltazione quindi Gesù diventa la guida alla salvezza per l’Israele antico e nuovo, cui Egli indica la via della conversione e offre il perdono dei peccati. E’ questo il vangelo della salvezza che gli apostoli annunciano, sostenuti dallo Spirito Santo loro donato grazie alla fede in Cristo Messia e Signore. Il brano liturgico si conclude con la notizia che gli apostoli, rimessi “in libertà” continuano coraggiosamente a rendere testimonianza del risorto e la sofferenza da loro subita per il nome del Signore provoca paradossalmente non tristezza ma gioia.

Salmo 29. “Ti esalto, Signore, perché mi hai risollevato”.        

Il Salmo 29 è un canto di ringraziamento perché il Signore ha ‘tirato fuori’ il salmista da una situazione che sembrava senza uscita. Inferi e tomba designano una situazione mortale e senza speranza. Ma il salmista può dire: “Hai fatto risalire la mia vita dagli inferi, mi hai fatto rivivere…”.

La salvezza del Signore può l’impossibile, capovolgendo situazioni di morte in situazioni di vita: guarire il malato, tirar fuori dalle profondità dalla terra, dare vita a chi è già destinato alla tomba, passare da un momento di collera alla benevolenza di tutta una vita, vincere il pianto della sera con la gioia del sorgere del nuovo giorno, far passare dal pianto per il lamento alla danza per la  gioia, in una parola passare dal negativo temporaneo e passeggero al positivo stabile e duraturo. La parabola dell’esperienza umana va dalla vita alla morte ma l’intervento divino inverte la direzione in morte-vita: è questo il mistero pasquale di Cristo, Lui per primo liberato dalla tomba e fatto risalire dagli ‘inferi’. Il fedele nella sventura e nella sofferenza è invitato a “gridare  al Signore”, come Gesù al Getsemani o sulla croce, e attendere fiduciosamente dal Signore la liberazione, come il salmista che può dire: “a te ho gridato e mi hai guarito”.

Ap 5,11-14. “A Colui che siede sul trono e all’Agnello, lode, onore…nei secoli dei secoli”.

Nei capitoli 4 e 5 dell’Apocalisse a Giovanni sono mostrati in visione “il trono di Dio”, il “libro” e l’ “Agnello”. Il trono di Dio rappresenta simbolicamente Dio che ha una presenza attiva sulla storia degli uomini. Il libro che il Vegliardo tiene in mano rappresenta il progetto di Dio per il suo popolo, progetto sconosciuto a tutti. L’Agnello è colui che riesce ad aprire quel libro, cioè a rendere manifesto alla Chiesa il progetto di Dio in esso racchiuso. Curiosamente si tratta di un Agnello “immolato” e “ritto in piedi”, chiara rappresentazione simbolica del Cristo morto e risorto. A lui tutta la Chiesa di ogni tempo e tutte le creature celesti tributano la lode nel culto: “L’Agnello che fu immolato è degno di ricevere potenza e ricchezza, sapienza e forza, onore gloria e benedizione”. Anche tutto il creato, “cielo, terra, sottoterra e mare” si aggiungerà a tributare a Dio (Colui che siede sul trono) e a Gesù Cristo (all’Agnello) la stessa lode perenne, fino a giungere alla loro “adorazione”, cioè al riconoscimento della loro divina regalità! 

Gv 21,1-19. “E’ il Signore”.

Abbiamo qui un altro racconto di una apparizione-rivelazione del Risorto, questa volta a sette discepoli, nel lago di Galilea, dove tutto aveva avuto inizio. L’evangelista annota che era la terza volta che Gesù “si manifestava” ai discepoli. Il centro del racconto è la confessione di fede: “E’ il Signore”, fatta da uno dei discepoli,  riconosciuta da Pietro e confermata dal pasto preparato e offerto loro dallo sconosciuto che ora tutti riconoscono come il Signore Gesù. In questo racconto c’è grande insistenza sull’unica barca, sulla rete strapiena di tanti grossi pesci che pur non si rompe, sull’iniziativa di Pietro, sul pasto preparato da Gesù e sulla consumazione in sua presenza e infine sui 153 grossi pesci entrati nella rete. Tutti questi rifermenti lasciano ormai trasparire la situazione della Chiesa delle origini, giunta ormai alla fine del primo secolo. Essa è nata dall’annuncio della molteplice esperienza delle apparizioni-manifestazioni di Gesù Risorto fatta dagli apostoli in più occasioni. Ora essa si va diffondendo in tutte le nazioni. Anche il riferimento alla grande varietà di pesci entrati nella rete, senza che essa si rompa, allude alla varietà di gruppi che aderiscono alla Chiesa, senza che ciò comprometta l’unità stessa della Chiesa. Il brano si conclude con la missione affidata da Gesù a Pietro e con l’invito rivoltogli di seguirlo. Tale missione è conferita dopo che Pietro ha rinnovato ed espresso la sua volontà di amare incondizionatamente e con tutte le forze il Maestro. L’invito a seguire il Signore viene rivolto a Pietro dopo che Gesù gli ha annunciato che la sequela lo avrebbe portato sulla via del Maestro, la via della croce.

+ Adriano Tessarollo