Abbiamo visto il Signore!

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PAROLA DI DIO – Letture:  At 5,12-16; Salmo 117; Ap 1,9-11a.12-13.17-19; Gv 20,19-31

Abbiamo visto il Signore!

At 5,12-16 “Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore”.

Ecco un quadro di vita della giovane comunità cristiana di Gerusalemme e della sua missione. Gli apostoli prolungano l’attività di Gesù nei confronti di tutto il popolo, specie verso i poveri e diseredati: “Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle… Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati…”. C’è una comunità che per il suo stile di vita e per la sua azione attira l’attenzione e aggrega altre persone alla fede nel Signore. Ormai sta per giungere anche il tempo di uscire da Gerusalemme, per rispondere ai molti che accorrono a Gerusalemme anche da fuori.

Salmo 117.  “Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre”.

Viene ripreso il salmo 117, come nella domenica di Pasqua. Sono aggiunti i vv. 24-27 che così vengono proposti nell’interpretazione cristologica pasquale. Il giorno del Signore, della sua vittoria sui nemici, diventa il giorno della risurrezione di Cristo, vittoria sulla morte, “ultimo nemico ad essere annientato” (1Cor 15,26). Questa è “la salvezza  e la vittoria” invocata dal Signore. Il “Benedetto che viene nel nome del Signore” è il messia glorioso e risorto. In Lui il Signore Dio “ci illumina”, in Lui contempliamo le meraviglie operate dal Signore.

Ap 1,9-11a.12-13.17-19. “Io sono il Primo e l’Ultimo e il Vivente”.

Giovanni è in esilio “a causa della parola di Dio e della testimonianza resa a Gesù”, a causa cioè della fede che pratica e annuncia attraverso le Scritture Antiche e il Vangelo. Si rivolge a comunità che per la loro fede in Gesù e per la loro comune speranza stanno soffrendo come Giovanni che si definisce “vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza  in Gesù”. A lui, in preghiera nel giorno del Signore (domenica), viene affidata dallo Spirito una rivelazione perché la comunichi a tutta la chiesa (sette chiese). E’ un messaggio forte che viene da Dio, come la “voce potente…” che Mosè udì al Sinai. Colui che ora parla è però il Cristo risorto (“uno simile a figlio d’uomo”), nella sua funzione di celebrante della liturgia (“con un abito lungo fino ai piedi e cinto il petto con una fascia d’oro”), della comunità riunita in preghiera (“in mezzo ai sette candelabri d’oro”), a cui rivolge la sua parola. Il senso della visione è: il Risorto “il Primo e l’Ultimo e il Vivente”, colui che ha vinto la morte, è presente e parla alla Chiesa riunita in preghiera nel giorno del Signore. Egli la guida e la illumina perché possa comprendere il senso di ciò che sta vivendo e di ciò che la attende, “le cose che sono e quelle che accadranno dopo”.

Gv 20,19-31. “Abbiamo visto il Signore”.

Conosciamo tutti la storiella del bambino che si mise a rincorrere farfalle: passando da un fiore all’altro si allontanò sempre di più da casa. Ad un certo punto si fermò e si accorse di essersi perduto; non sapeva più da che direzione era venuto e dove stava andando. Talvolta anche nel nostro cammino di fede ci capita la stessa cosa: continuiamo a rincorre i nostri dubbi, le nostre curiosità, i nostri pensieri, le nostre esigenze, le nostre intuizioni … e ci troviamo poi ‘smarriti’. Abbiamo perso il contatto con le origini della nostra stessa fede, con l’annuncio del vangelo, col messaggio di Dio a cui aderire. Abbiamo perso di vista la meta della nostra fede, per seguire suggestioni e sogni. Il vangelo della vita eterna che Dio ci offre e di cui la risurrezione di Cristo è anticipo e fondamento, è il centro della fede cristiana. L’apostolo Tommaso, con i suoi dubbi e pretese, ci rappresenta tutti: “Se non vedo … e non metto il dito.. e la mia mano … io non credo”. L’atteggiamento di fede è altro: “Gesù disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto»”. A noi credenti, oggi, è richiesto di credere all’annuncio fatto dai  testimoni alla prima generazione di cristiani: “Abbiamo visto il Signore”. Esso riassume l’esperienza dell’incontro inatteso ed insperato degli apostoli, rinserrati nel cenacolo “la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato”.

Erano smarriti per la misera morte del loro ‘creduto’ Messia e timorosi dei Giudei che ora minacciavano anche loro. Verso sera, mentre si disponevano ad iniziare la cena, riandando col pensiero alla cena di appena tre giorni prima quando avevano condiviso la cena pasquale mangiato col loro Maestro, ecco che “… a porte chiuse … venne Gesù e si fermò mezzo a loro … e dice: Pace a voi”. Gli apostoli, increduli ai loro occhi, pensavano di non vedere bene, perché sapevano che il loro Maestro giaceva rinchiuso nel sepolcro. Ma Gesù li rassicura che stanno vedendo bene: “Detto questo, mostrò loro le mani e il costato”, quelle mani e quel costato trafitti che essi avevano visto sulla croce. E prosegue: “Pace a voi… Ricevete lo Spirito Santo”. Con questi doni del risorto essi sono abilitati a dare continuità in ogni tempo e luogo alla missione del loro Maestro, prima fra tutte offrire la misericordia e il perdono dei peccati per i quali Gesù ha versato il suo sangue: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi … a chi rimetterete i peccati saranno rimessi…”. La gioia pasquale degli apostoli diventa il primo loro vangelo (lieto annuncio): “gioirono al vedere il Signore”. Il loro Maestro era lì in mezzo a loro, vivo… dunque risorto da morte! Quel vangelo della gioia nasce dall’esperienza non da ragionamenti! Una presenza nuova rispetto a quella che avevano avuto fino al momento della morte. Nel raccontarlo a Tommaso, che non era presente, diranno: “Abbiamo visto il Signore”. In Gesù di Nazaret ora riconoscono il Signore! E nell’esperienza di “Otto giorni dopo”, quando anche Tommaso è presente e Gesù irrompe nuovamente in mezzo a loro, Gesù fa toccare a Tommaso i segni della sua passione nel suo corpo.

E pure lui, prima incredulo, ora esclama: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù ora non è più solo l’amico, il taumaturgo, il Maestro, il Messia, ora è riconosciuto e confessato “Signore e Dio”. E’ la professione di fede in Gesù Cristo di ogni cristiano annunciata lungo i secoli a tutti gli uomini perché credano che “Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio” e perché per mezzo della fede in Lui abbiano “la vita nel suo nome”. Quel pasto del primo giorno della settimana, passato il sabato, nel quale Gesù risorto si é fatto presente in mezzo ai suoi, diverrà il pasto del giorno del Signore, nel quale i cristiani celebreranno la presenza di Gesù risorto, sempre in mezzo a loro, riceveranno il dono della pace, dello Spirito, del perdono dei peccati, l’impegno di farsi portatori di questi doni agli uomini di ogni generazione.

+ Adriano Tessarollo