Bisogno di speranza, bisogno di Pasqua

Jesus-Resucitado
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Lo sguardo pastorale

Bisogno di speranza, bisogno di Pasqua

In questo mondo, in  questo nostro tempo, nel cuore di ciascuno, nelle nostre famiglie c’è un immenso bisogno di speranza, quindi di Pasqua. Essa infatti è memoriale della vittoria di Cristo Gesù sulla morte in tutte le sue manifestazioni, quindi sorgente unica di autentica speranza.

È quanto mai attuale quanto proponeva Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica “Ecclesia in Europa”: “La sorgente della speranza, per l’Europa e per il mondo intero è Cristo”. “Gesù Cristo è la nostra speranza perché Lui, il Verbo eterno di Dio che da sempre è nel seno del Padre, ci ha amati a tal punto da assumere in tutto, eccetto il peccato, la nostra natura umana, diventando partecipe della nostra vita per salvarci”. È la rivelazione dell’amore di Dio per l’uomo che avviene attraverso l’Incarnazione del Figlio. Non si tratta di un intervento dall’esterno, freddo e distaccato, immagine di un Dio statico, regolatore, ma di un Dio coinvolto. Annunciare Cristo oggi significa, allora, immergersi nella storia, nei fatti della vita, condividerli prima di giudicarli e giudicarli con una pregiudiziale, quella dell’amore. La risposta viene dal vissuto, non è una teoria, e ciascuno di noi potrebbe “narrare” la sua risposta. Non si tratta quindi di interiorizzare dei principi, ma di partecipare ad un’avventura senza conoscerne pienamente i risvolti o i risultati immediati, ma solo le regole, quelle della misericordia, e l’obiettivo, la pienezza della vita.

 

“Gesù Cristo è la nostra speranza perché Egli rivela il mistero della Trinità”. Il Papa ritiene che questa verità, “centro della fede cristiana, può offrire un grande apporto (…) all’edificazione di strutture che promuovano la vita, la storia e la cultura dei diversi popoli del Continente”. Annunciare Cristo oggi significa, allora, vivere e promuovere la comunione. È più della solidarietà con gli ultimi, è più del rispetto delle differenze, è esercizio di fraternità: uno solo è il nostro Padre e noi siamo tutti fratelli! Le nostre comunità sono chiamate a diventare laboratori di universalità, che demoliscono pacificamente ogni tipo di steccato, e contribuiscono a innalzare antenne ricetrasmittenti di valori spirituali ed etici dal respiro perenne e intramontabile.

“Per i credenti, Gesù Cristo è la speranza di ogni persona perché dona la vita eterna”. È fondamentale questa componente escatologica che libera la speranza dal limite degli orizzonti umani per proiettarla sull’eternità. Da inserire nel contesto di questo annuncio il discorso sul pane di vita: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà per sempre”, e anche il monito rivolto a Pietro che rifiuta di farsi lavare i piedi da Gesù: “Se non ti laverò i piedi non avrai parte con me”. L’annuncio della salvezza, l’annuncio di Cristo oggi percorre i sentieri e la logica dell’accoglienza: lasciarsi amare, lasciarsi raggiungere, lasciarsi servire. L’efficiente sufficienza dell’uomo emancipato è chiamata a misurarsi con l’umile forza del sacrificio: “Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me!”

Cristo è nostra speranza per la sua presenza viva e operosa nella Chiesa. “In essa, in virtù del dono dello Spirito Santo, continua incessantemente la sua opera salvifica”. L’annuncio di Gesù Cristo oggi, allora, passa anche attraverso l’amore alla Chiesa, come esperienza storica e locale dell’avvento del regno. Appartenere alla Chiesa, contribuire alla nascita e allo sviluppo di comunità cristiane in dialogo col territorio, in particolare di parrocchie nuove dal volto missionario,  non costituisce solo un fatto sociologico ma immette nel dinamismo storico attraverso cui, per volontà di Cristo, si compie il mistero della redenzione.

Sono affermazioni che sviluppano il pensiero dell’apostolo Paolo, che nella prima lettera a Timoteo si presenta al suo collaboratore come “apostolo di Cristo Gesù, per comando di Dio nostro salvatore e di Gesù Cristo nostra speranza…”. A partire da questa prospettiva Paolo qualificherà i pagani come “coloro che non hanno speranza”, proprio perché non posseggono Cristo e la conoscenza del suo progetto d’amore. È questo che fa la differenza anche oggi: possedere Cristo e rendere incontrabile il suo progetto d’amore, la sua Pasqua.

don Francesco Zenna