Oggi sarai con me in paradiso

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – Letture: Lc 19, 28-40 – Is 50,4-7; Salmo 21; Fil 2, 6-11; Lc 22,14-23,56

Oggi sarai con me in paradiso

Lc 19,28-40. “Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore”.

L’ingresso di Gesù a Gerusalemme  conclude il ‘lungo viaggio’ che ha condotto Gesù e i discepoli dalla Galilea a Gerusalemme, luogo compimento della sua missione. Siamo davanti alla città santa, sul pendio del monte degli Ulivi da cui si domina l’intera città. La scena di Gesù che entra in groppa all’asino è commentata con una citazione da Zaccaria 9,9s: “Esulta grandemente figlia di Sion. Ecco il tuo re viene a te; egli è giusto e vittorioso, umile e montato su un asino…Farà sparire i carri da guerra … Egli parlerà di pace alle nazioni…”. Con questo gesto Gesù si presenta come il re d’Israele e il suo regno è un regno di pace. L’asino è la cavalcatura dei patriarchi, di Salomone, re di pace, dei poveri ed umili del popolo, della vita quotidiana, non cavalcatura da guerra. Di fronte a questo gesto si hanno atteggiamenti diversi. La “folla di discepoli”, cioè coloro che hanno seguito Gesù come “Maestro”, condizione necessaria per conoscerlo, riconoscono in Lui il re messianico che viene nel nome e con la forza del Signore. Si noti l’acclamazione delle folle tutta particolare in Luca : “pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli”. Al momento della nascita di Gesù (Lc 2,14) gli angeli avevano acclamato: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. La missione di Gesù è quella di portare la ‘pace di Dio’, la pace che è prerogativa divina, quella pace che sarà il dono del Risorto: “Pace a voi” (Lc 24,36). Camminare insieme e pubblicamente in processione col segno dell’ulivo in mano significa professare la fede in Lui, dichiararsi discepoli suoi, camminare dietro a Lui sulla via dell’obbedienza a Dio, della croce, della risurrezione e portatori della pace che viene da Dio.

Lc 22,14 23,56. “Gesù, ricordati di me…nel tuo regno”.

“Si avvicinava la festa degli Azzimi, chiamata Pasqua” (22,1). Comincia così in Lc il racconto degli eventi finali della vita di Gesù: l’ultima cena, la preghiera nel giardino degli ulivi, l’arresto, il processo davanti al Sinedrio e a Pilato, la condanna, la crocifissione e la risurrezione. La comunità delle origini riviveva le ultime ore della vita di Gesù e partecipava all’atto culminate e generativo della sua nascita. La pasqua suscitava nei giudei che la celebravano grandi speranze di liberazione, di novità, di salvezza. In quell’anno in uno dei primi giorni di aprile del 30, c’era anche Gesù con i suoi discepoli a celebrare la festa a Gerusalemme. In quella sua ultima pasqua terrena Gesù annunciava ai suoi discepoli il significato della sua morte imminente: Lui era il vero Agnello pasquale, grazie al quale Dio avrebbe definitivamente salvato il suo popolo, ristabilendo tra Dio e l’uomo l’Alleanza Nuova che apriva all’uomo il vero e definitivo passaggio: quello dalla morte alla vita. Tre scene principali ci aiutano ad entrare nel dono che Cristo ci offre con la sua Pasqua.

L’ultima cena. Nel suo racconto Luca apporta alcune aggiunte. Stava per iniziare per Gesù la grande prova nella quale sarebbe stato coinvolto ogni suo discepolo: la lotta contro il potere del male: “Simone, Simone…io ho pregato per te…”. La vita dei discepoli, come la sua, doveva essere all’insegna del servizio fraterno, non del dominio: “per voi non sia così” . Il suo corpo nel segno del pane e il suo sangue nel segno del vino annunciavano che nella sua morte si realizzava la nuova e definitiva alleanza nella quale Gesù era la vittima del sacrificio di alleanza: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue”.

La preghiera nell’orto degli ulivi. La narrazione di Luca è più semplificata rispetto a Matteo e Marco. L’espressione “pregate per non entrare in tentazione” apre e chiude la scena. Al centro c’è la preghiera di Gesù composta di due espressioni: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia ma la tua volontà sia fatta”. Si notino due aggiunte lucane: “Gli apparve un angelo dal cielo e lo confortava” e “In preda all’angoscia pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra”. Gesù affronta la sua ultima grande prova come dramma e lotta che egli supera nella preghiera: una preghiera difficile, lunga e coraggiosa nella notte. La presenza dell’angelo rivela la discreta presenza di Dio nel momento in cui egli ha davanti a sé la scelta di obbedire a Dio, invocato come ‘Padre’, a prezzo del suo sangue. Per Luca l’episodio è anche una lezione ai discepoli: come Gesù, il cristiano, tentato, deve pregare insistentemente, coraggiosamente e anche soffrire, per rimanere fedele a Dio, per non cedere.

La condanna e la crocifissione. Nel processo Luca abbrevia gli interrogatori, Pilato dichiara Gesù innocente. Viene addirittura richiesta la liberazione di un omicida politico, purché Gesù sia condannato, senza che nessuno intervenga in sua difesa. Il racconto procede evidenziando l’abbandono di Gesù e la sua solitudine nell’ultima ora. E’ esplicitato l’atteggiamento interiore di Gesù sulla croce attraverso le sue parole. Per tre volte Gesù prende la parola sulla croce, due per pregare e una terza per affidarsi al Padre. La prima preghiera di Gesù è per suoi carnefici: “Padre, perdona loro …”, proprio come aveva insegnato sul perdono ai nemici e sulla carità. Gesù prende poi la parola in risposta ad una invocazione di uno dei due crocifissi con lui: “Ricordati di me quando sarai nel tuo Regno”, a cui Gesù promette ed assicura “oggi sarai con me in paradiso”. La sua morte comincia già a portare i primi frutti e produce conversione e salvezza. Più tipico di Luca è l’ultimo grido di Gesù: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Nel momento della morte Gesù si rimette totalmente a Dio con fiducia filiale. Per bocca del centurione poi Gesù è riconosciuto “giusto”. Le folle si percuotono il petto. Nasce così il nuovo popolo di coloro che riconoscono Gesù. Così la sua morte non è più la morte di uno dei tanti ‘condannati’, ma acquista il suo vero significato di morte salvifica per gli uomini. E la risurrezione lo dirà in tutta la sua pienezza.

+ Adriano Tessarollo