I percorsi della carità

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lo sguardo pastorale

I percorsi della carità

Tra i numerosi avvenimenti ecclesiali della fine dello scorso anno va ricordata la celebrazione del decimo anniversario dell’enciclica “Deus caritas est” di Benedetto XVI. Il simposio internazionale organizzato dalla Pontificia Università Lateranense, assieme all’Istituto patristico Augustinianum l’ha definita “Porta di misericordia”, ponendola giustamente a fondamento dell’annuncio dell’attuale Pontefice. Anche il Pontificio Consiglio “Cor Unum” ha organizzato proprio alla fine di febbraio di quest’anno un Congresso internazionale sul tema: “La carità non avrà mai fine” ai cui partecipanti Papa Francesco ha tenuto un discorso, in Sala Clementina, dai contenuti particolarmente incisivi.

L’Anno giubilare è occasione innanzitutto per tornare al centro dell’annuncio della fede: «Dio è amore» (1 Gv 4,8.16). È la sua essenza, la sua natura. E come tale si apre alla relazione anche con l’uomo fragile e peccatore, gli va incontro, gli si fa vicino, si prende cura di lui. “Misericordia” è la sua identità e il suo nome. La nostra catechesi, la nostra predicazione, l’impegno per la formazione delle coscienze non possono percorrere altre strade. Per troppo tempo il volto di Dio è stato reso severo nel giudizio e truce nella condanna, inducendo l’atteggiamento psicologico del senso di colpa come molla per evitare il male e compiere il bene, lasciando cuore e mente nell’insoddisfazione determinata dal proprio incolmabile limite. Non meno esigente è invece l’entusiasmo di una sequela che parte da uno sguardo di tenerezza, di quell’amore che rigenera e rilancia nel perdono e nella fiducia. L’Anno giubilare ci aiuta inoltre a ricordare che ogni forma di amore, di solidarietà, di condivisione è solo un riflesso di quella carità che Dio ha riversato su di noi e di cui ci ha fatti testimoni nel mondo. La carità divina è la bussola che orienta ogni nostra attività, perché ci indica la direzione ed è modello dello sguardo con cui guardare i fratelli e il mondo. Sono tante le situazioni in cui è fondamentale guardare con gli occhi del cuore più che con quelli della mente. I primi mettono in relazione, questi ultimi distinguono e dividono. L’approccio agli eventi della nostra storia avranno così il carattere della compassione e non quello della rabbia e dell’aggressività.

Soprattutto la Chiesa è chiamata a rivelare che Dio ama l’uomo. Lo fa attraverso gli organismi di carità, che avvicinano tante persone povere ad una vita più dignitosa, più umana, ma ancor più che fanno sentire ogni uomo amato dal Padre, figlio suo, destinato alla vita eterna con Dio. Ma la comunità cristiana nel suo insieme e ogni battezzato nel suo vissuto sono chiamati a mettere in pratica le opere di misericordia corporale e spirituale. “Vivere le opere di misericordia – afferma il Papa – significa coniugare il verbo amare secondo Gesù”. È il contenuto fondamentale del Giubileo della misericordia. La pratica dell’amore contribuisce ad attuare concretamente la grande missione della Chiesa, quella di comunicare e diffondere l’amore di Dio. La porta santa che attraversiamo nei diversi pellegrinaggi sia testimone di un Dio che accoglie e perdona, e nello stesso tempo di una carità che converte e contagia, prima di tutto noi credenti, e, attraverso la verità della nostra testimonianza, tutti coloro che avviciniamo nei percorsi della carità.

don Francesco Zenna