PAROLA DI DIO – Profeta delle nazioni

Facebooktwitterpinterestmail

PAROLA DI DIO – Profeta delle nazioni

Letture: Ger 1,4-5.17-19 ; Salmo 70; 1 Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30

Ger 1,4-5.17-19. “Ti ho stabilito profeta delle nazioni”

È importante sapere che Geremia scrive il racconto della sua vocazione, dopo circa 15 anni di attività profetica, quando è perseguitato proprio per la sua missione. L’espressione “Mi fu rivolta la parola del Signore” descrive l’evento dell’irruzione della Parola di Dio su di lui. È quasi termine tecnico per dire ciò che il profeta ha sperimentato. Cosa gli ha annunciato quella parola? “Prima di formarti nel grembo materno ti ho conosciuto / prima che tu uscissi alla luce ti ho consacrato”. “Conosciuto… consacrato”: scelto e riservato da parte di Dio per essere profeta, creato per questo: “prima di formarti nel grembo” / “prima che uscissi alla luce”. Tutta l’esistenza del profeta affonda le sue radici nella elezione e consacrazione da parte di Dio: “Ti ho stabilito profeta dello nazioni”. Il significato di ‘profeta’ è chiarito in 15,19: “sarai come la mia bocca”. Il servizio profetico è di portare la Parola di Dio. Ecco l’esperienza profonda della sua chiamata che il profeta racconta una quindicina d’anni dopo quell’esperienza, mentre egli stava subendo ostilità e persecuzioni a causa della Parola che annunciava (era sfuggito per poco alla morte dopo il suo primo discorso al tempio: 26,1124; i suoi stessi paesani avevano tramato per farlo morire: 11,1819) e ora gli era proibito di parlare al suo popolo. Sarebbe tentato di sottrarsi a quella missione divenuta tanto difficile. Ma egli percepisce che Dio lo aveva creato per questo. Tre espressioni indicano la sua missione ricevuta: “stringiti la veste ai fianchi / alzati / e di’ loro tutto ciò che ti ordinerò”. È il comando di mettersi in ‘azione’, di ‘rimboccarsi le maniche’ (diremmo noi oggi), di partire e annunciare quella parola. A fronte del rifiuto e dell’ostilità egli non dovrà tacere, altrimenti sarà il Signore a perseguirlo più dei suoi avversari. Ecco il dilemma del profeta: o annunciare la parola e subire le persecuzioni degli uomini o tacere e subire il ‘terrore’ di Dio. Dal Signore stesso però gli verrà la “confermazione-rassicurazione”, espressa con tre immagini: lo renderà “come una città fortificata, come una colonna di ferro, come muro di bronzo, contro tutto il paese”. Il Signore che lo ha reso profeta, lo renderà forte e lo salverà standogli accanto: “Ti faranno guerra, ma non vinceranno, perché io sono con te per salvarti”.

Salmo 70. “La mia bocca, Signore, racconterà la tua salvezza”

Il Salmo è la supplica personale dell’uomo di fede che si trova a vivere un momento o situazione di difficoltà o addirittura di minaccia, come abbiamo ascoltato nella prima lettura l’esperienza del profeta Geremia. Il salmista ha da sempre confidato nel Signore “dalla mia giovinezza… fin dal grembo materno… dal seno di mia madre…” e a lui si è affidato. Proprio ora, nel momento della difficoltà e del possibile smarrimento, egli esprime la sua fede in Dio attraverso immagini che dicono chi è per lui Dio: “Sei tu, Signore, la mia speranza… la mia fiducia… il mio sostegno…, rupe di difesa…, baluardo inaccessibile… rifugio e fortezza”. Ecco di conseguenza le espressioni della sua preghiera: “In te mi rifugio… Liberami, difendimi… salvami… salvami dalle mani dell’empio”. Egli vuole restare fedele al suo Dio, continuare a sperare in lui, a lodarlo per sempre: “che io non resti confuso in eterno… ricorderò che tu sei giusto… mi hai istruito… dirò le tue meraviglie… ancora oggi proclamo i tuoi prodigi”. Sottoposto alla prova egli vuole rimanere fedele al Signore e chiede di essere da Lui sostenuto in quella prova e poter poi raccontare “la giustizia di Dio”.

1 Cor 12,31-13,13. “… ma di tutte più grande è la carità”.

È una delle pagine di più profonda spiritualità degli scritti paolini, in quanto annuncia ciò che può operare lo Spirito di Dio in chi lo accoglie per mezzo della fede in Cristo. Qui la “carità/agàpe” non è ciò che fa l’uomo, la sua generosità, la sua iniziativa, ma è il frutto dell’azione dello Spirito nell’uomo, dono gratuito di Dio che, accolto, trasforma l’uomo che lo accoglie e rende possibili relazioni nuove animate e ispirate dalla sua relazione con Dio. È questa la realtà dell’amore descritto dall’Apostolo Paolo. Quindici attributi e verbi descrivono ciò che è, fa o non fa, la carità/amore. Essa rende possibili nuove relazioni tra gli uomini, ispirate e sostenute dallo Spirito dell’Amore. Potremmo dire che essa ci fa ‘Misericordiosi come il Padre’! Per questo “non avrà mai fine”, in quanto relazione con Dio che traspare nelle relazioni tra gli uomini. È questo ‘Dono grande’ da desiderare, invocare, accogliere, coltivare in noi e lasciar fruttificare.

Lc 4,21-30. “C’erano molte vedove in Israele… ma a nessuna di esse fu mandato Elia…”.

La pagina del vangelo di domenica scorsa ci ha presentato Gesù come il grande profeta inviato da Dio al suo popolo. Oggi Luca, attraverso la narrazione dell’esperienza vissuta da Gesù in Israele, pone a noi ascoltatori alcune domande: oggi come allora Gesù è riconosciuto e accolto? Il suo vangelo, le sue “parole di grazia” da chi trovano accoglienza? Chi accoglie e riconosce i segni della sua presenza salvifica? Non si ripete anche oggi quanto vissuto dal profeta Geremia e da Gesù? Gli abitanti di Nazaret, sicuri delle proprie convinzioni e delle loro conoscenze, trovavano in esse un ostacolo ad accogliere la novità di Gesù, Messia inviato da Dio a salvare il suo popolo. Anche a Gesù tocca la sorte dei profeti rifiutati dall’incredulità, come Elia, Eliseo, Geremia… . Gesù invita i suoi a riconoscere il messaggio che Dio gli ha affidato da annunciare, ma essi pretendono i segni che loro vogliono vedere: “Quanto abbiamo udito che accadde in Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!”. Di fronte all’incredulità dei suoi, chiusi nelle proprie sicurezze e nelle proprie convinzioni irrinunciabili, Gesù non si è tirato indietro e sarà fedele alla sua missione fino alla testimonianza finale, già qui annunciata. Qualcuno però, come ai tempi di Elia ed Eliseo, si aprirà ad accogliere la testimonianza e la salvezza del Signore Gesù. L’esperienza storica di Gesù rifiutato o accolto riguarda anche noi, oggi, dato che Egli continua a “passare in mezzo a noi”.

+ Adriano Tessarollo