Charlie Hebdo

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LO SGUARDO PASTORALE

Charlie Hebdo

Ho letto la storia del settimanale Charlie Hebdo. Deve le sue origini al mensile Hara-Kiri, che iniziò le pubblicazioni nel 1960 ad opera di Georges Bernier, alias Professeur Choron, e François Cavanna. Gli autori stessi definirono il proprio giornale satirico come «journal bête et méchant» (giornale stupido e cattivo). Nonostante le interdizioni della magistratura nel 1961 e nel 1966, il blocco da parte del Ministero dell’interno nel 1970 e la sua sospensione per motivi economici nel 1981, il giornale è sempre rinato con nomi nuovi (Hara-Kiri-hebdo, L’Hebdo Kara-Kiri, Charlie Hebdo) ma con l’identica natura caustica e irriverente. In questi giorni in cui, per il primo anniversario dell’attacco terroristico alla sua sede, il giornale è uscito con una vignetta blasfema nei confronti di Dio, mi chiedevo se è accettabile la pubblicazione di un “giornale stupido e cattivo” come ha continuato ad essere e si vanta di essere.

Libertà di parola, di opinione, di stampa? Va bene, ma fino a che punto l’esercizio della libertà personale va rivendicata e difesa? Anche quando nuoce alla collettività, offende pesantemente le persone, denigra in maniera acritica le altrui opinioni culturali e religiose? Che abbiano nuociuto alla collettività lo testimoniano non solo i dodici morti della redazione, ma anche i due poliziotti e i numerosi feriti il 7 gennaio 2015, così come le altre cinque persone, una poliziotta e quattro ostaggi, colpite a morte dal fuoco dei terroristi islamici, nei giorni successivi durante la caccia ai criminali. Che offendano pesantemente le persone lo testimoniano vignette inequivocabili contro capi di stato, gerarchie ecclesiastiche, pubblici ufficiali. E a denigrare le opinioni altrui, anche rispettabili per la loro consistenza storica e sociale, assieme ai valori culturali e religiosi, sono le immagini e le parole che banalizzano il mistero della Trinità e profanano immagini e personaggi sacri. Che dire? È importante avere e diffondere idee chiare al riguardo, non è accettabile sostenere uno strumento simile e acquistarne copia magari per pura curiosità; deve invece svilupparsi il senso del rispetto rivendicato per sé e accordato ovviamente a tutti gli altri. È necessario condividere l’esperienza dell’amore e della misericordia di quel Dio che non è affatto un “assassino in fuga”, ma un Padre che “fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti”. È una questione pastorale che coinvolge i singoli e le comunità cristiane in un tempo in cui non c’è bisogno certamente di rinfocolare le tensioni accentuando le differenze, ma di ricondurre i conflitti al loro naturale spegnimento, che avviene nel riconoscimento e nel rispetto della dignità di ogni persona e della sua storia. La loro giustificazione sta proprio là, nell’apertura all’eterno, processo contestato da un pensiero laico e materialista che riduce l’essere personale a puro fenomeno fisico, negando in ultima istanza anche se stesso.

don Francesco Zenna