Esperienza spirituale e culturale “unica”

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beatificazione DI sandro dordi. Anche noi presenti al rito a Chimbote (Perù)

Esperienza spirituale e culturale “unica”

I martiri riescono ancora a rompere la crosta della nostra indifferenza. Lo hanno conclamato con la loro presenza i 30.000 cristiani – peruviani e non – presenti il 5 dicembre scorso nello stadio di Chimbote, per il solenne riconoscimento del martirio di due giovani conventuali polacchi e del sessantenne bergamasco don Sandro Dordi, uccisi in odio alla fede nell’agosto 1991 dai fanatici del movimento ‘Sendero Luminoso’. Ora anche i loro nomi, insigniti ufficialmente della palma del martirio, sono presenti nella grande Via Crucis del ventesimo secolo, segnato dagli orrori di due guerre mondiali, dall’olocausto, dalla guerra fredda tra i due blocchi Est-Ovest, e dal terrorismo di stampo politico e fanatico.

Solennissima la liturgia della beatificazione, presieduta dal prefetto della Congregazione per le cause dei santi card. Angelo Amato: un serpentone di sacerdoti e religiosi in casula rossa si è snodato, alle 10, dai saloni dell’Università Cattolica (prossima allo stadio), seguita dallo stuolo di mitrie della Conferenza Episcopale Peruviana; due ali di popolo si aprivano all’accoglienza in uno stadio elettrizzato d’esultanza, mentre canti e movenze di danza davano colore all’atmosfera. Uno straniamento: si percepiva una situazione capovolta rispetto a quella degli antichi cristiani, che venivano trascinati negli stadi per essere gettati in pasto alle belve. Per la verità, è noto che anche in Perù di belve a caccia di vittime umane ne esistono ancora, e i martiri ne sono testimonianza palpitante; ma il rigoroso servizio degli agenti della sicurezza le ha tenute lontane da questo sublime appuntamento, materializzatosi sotto il cielo di Chimbote. A ferire c’erano solo i raggi implacabili, a perpendicolo – del sole tropicale, alle soglie ormai dell’estate.

Si era percepita un’atmosfera sospesa anche nella messa vespertina, celebrata la sera prima nella chiesa parrocchiale di Santa, dove per undici anni don Sandro aveva esercitato il ministero pastorale con umiltà e ampiezza di vedute. Al termine dell’eucaristia noi concelebranti (un bergamasco che ricopriva la presidenza, due missionari italiani della Comunità di Villaregia presente a Lima, e due sacerdoti di Chioggia) siamo stati avvolti dall’onda dei fedeli che hanno voluto singolarmente salutarci, baciando e ringraziando. La cordialità della gente semplice è sempre disarmante: t’invita a rallentare il passo, a osservare, a riflettere. Così la piccola delegazione della nostra diocesi, capitanata da don Alfonso Boscolo, ha potuto sostare e inchinarsi anche su quella curva – a mezza strada tra Vinzos e Rinconada – da dove la boscaglia aveva favorito l’agguato mortale, e dove ora un sacello con l’immagine del beato don Sandro ne perpetua la memoria. Se la visita al Museo Antropologico di Tujllo è stata un’occasione mancata, vi ha supplito egregiamente questa visita al luogo del martirio.

 All’intensità delle emozioni si è unita la varietà e la vastità dei percorsi, sulle ali dei voli nazionali: dall’ottavo al tredicesimo parallelo sotto l’Equatore, fra Tujllo e Cuzco.

A Lima, sulle coste desertiche del Pacifico, abbiamo goduto dell’affabile ospitalità presso la missione della Comunità di Villaregia, ammirati delle opere di promozione umana, sociale e religiosa, messe in essere con intelligenza pastorale a favore dei poveri nella periferia della capitale. Cuzco, più a sud, agghindata d’una cintura di verde, già capitale dell’impero degli Incas (1200ca.-1532), ci ha fatto vacillare fisicamente con la sua vertiginosa altitudine: 3.500 metri d’altezza. Splendida per i numerosi siti archeologici disseminati nella Valle Sacra (Pisac dalle coltivazioni a terrazzamenti sovrapposti, Ollantaytambo dai granai pensili, ecc.), ci ha incantato anche per la sua cattedrale e i suoi monumenti segnati dallo stile spagnolesco dei conquistatori. Resta indimenticabile la lunga sferragliata del trenino (circa tre ore di viaggio!) attraverso la vallata del rio Bilchiamota/Urubamba – in un paesaggio andino segnato da eucalipti, da cespi vigorosi di agave, di cactus, di fichi d’India e da densi cespugli – fino alla perla della civiltà incaica: Machu Picchu. Dalla struttura della cittadella è possibile risalire all’astrolatria degli antichi ‘figli del Cielo’, alla loro astuzia, alla loro etica (non rubare, non mentire, non oziare!): uomini che prendevano ispirazione dal Cielo nelle loro imprese e cercavano l’armonia con la Natura.

Varietà di paesaggio e varietà di cibo: nella zona costiera, prevalentemente frutti di mare e molluschi; nella zona montuosa centrale, pollo e carni secche e cuy arrosto (porcellino d’India); nella Foresta Amazzonica, pesce (trote), integrato da frutta, verdura tropicale e patate dolci. Comunque le patate comuni, il riso e il mais costituiscono la base dell’alimentazione quotidiana nelle tre fasce climatiche.

Buon per noi aver avuto, nel nostro gruppo di quattro, un geometra capace di farsi intendere ai parlanti spagnolo, quechua e… le altre lingue degli uomini e degli angeli presenti nell’area andina; solo un po’ diffidente nei confronti degli sputi dei lama.

Nel tratto autostradale che collega Chimbote con l’aeroporto di Trujllo, un camion che ci precedeva portava scritto nel retro – a caratteri cubitali – ‘Cada dia es un regalo de Dios’: ogni giorno è un regalo di Dio. Per noi gli otto giorni vissuti sotto il cielo del Perù sono stati e rimangono un regalo straordinario di Natale.

G. Marangon

Nelle foto: in alto la beatificazione nello stadio di Chimbote e il luogo del martirio di don Sandro; sotto: sul Machu Picchu e nel cuore di Lima.