“Non abbiamo paura”

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Anno Santo. Papa Francesco ha aperto la Porta Santa

“Non abbiamo paura”

Papa Francesco alle 11,10 dell’8 dicembre ha varcato la soglia della Porta Santa. Dopo di lui il papa emerito Benedetto XVI, che poco prima aveva abbracciato fraternamente. La Festa dell’Immacolata come paradigma dell’Anno giubilare.  “Non abbiamo paura”, ripete il papa nel Giubileo celebrato ai tempi dell’Isis.

Un abbraccio e tre Porte. Si può riassumere con questa immagine una giornata già di per sé consegnata alla storia. Papa Francesco ha aperto il suo primo Giubileo cominciando con un abbraccio fraterno con il suo predecessore, che dopo l’Angelus ha chiesto di salutare le almeno 70.000 persone presenti in piazza San Pietro, nonostante gli allarmi terroristici e la pioggia caduta su Roma fin dalle prime ore del mattino. La Porta Santa della Basilica vaticana – da oggi Porta della misericordia – si è aperta alle 11,10. Francesco ha spinto più volte con le sue due mani i preziosi battenti intarsiati: quando la Porta finalmente si è aperta, Francesco ha sostato in preghiera sulla soglia. Quindi è entrato solo, e per primo, in basilica, seguito dai concelebranti e da alcuni rappresentanti di sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli laici. Dopo di lui, il secondo pellegrino a passare per la Porta della misericordia è stato Benedetto XVI.

Le altre due Porte Francesco le ha citate nell’omelia: “Come ho fatto a Bangui”, ha detto riferendosi al gesto che avrebbe compiuto poco dopo. Poi il riferimento al Concilio, di cui erano stati letti brani tratti dalle Dichiarazioni e dai Decreti prima dell’inizio del rito: esattamente 50 anno dopo, il papa evoca “un’altra porta”, quella spalancata dai padri conciliari. “Il Concilio è stato un vero incontro tra la Chiesa e gli uomini del nostro tempo”. Allora come oggi, la Chiesa deve “uscire dalle secche per riprendere con entusiasmo il cammino missionario”. Allora come oggi, si tratta di “andare incontro a ogni uomo là dove vive”. “Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio sarà sempre nella luce della sua misericordia”, l’invito centrale dell’omelia, tutta centrata sul parallelo tra la Solennità dell’Immacolata e il significato più profondo dell’Anno Santo. “Nella nostra vita tutto è dono, tutto è misericordia”, che è “la parola-sintesi del Vangelo”. “Non si può capire un cristiano vero che non sia misericordioso, come non si può capire Dio senza la sua misericordia”.

“Non abbiamo paura”, ha detto il papa nell’omelia e dopo l’Angelus. Nell’omelia: “Abbandoniamo ogni forma di paura e di timore, perché non si addice a chi è amato; viviamo, piuttosto, la gioia dell’incontro con la grazia che tutto trasforma”. E all’Angelus, a braccio: “Non abbiamo paura: lasciamoci abbracciare dalla misericordia di Dio che ci aspetta e perdona tutto. Nulla è più dolce della sua misericordia. Lasciamoci accarezzare da Dio: è tanto buono, il Signore, e perdona tutto”. Ha attinto a piene mani all’esperienza quotidiana, Francesco. Come quando ha parlato della “tentazione della disobbedienza, che si esprime nel voler progettare la nostra vita indipendentemente dalla volontà di Dio”. Entrare per la Porta Santa, invece, “significa scoprire la profondità della misericordia del Padre che tutti accoglie e ad ognuno va incontro personalmente”. O quando ha dipinto il ritratto di Maria, “madre di una umanità nuova, aurora della nuova creazione attuata dalla divina misericordia”. Celebrare il Giubileo, ha spiegato Francesco, comporta due cose: “Accogliere pienamente Dio e la sua grazia misericordiosa nella nostra vita” e “diventare a nostra volta artefici di misericordia mediante un cammino evangelico”.

 M.M. Nicolais