Martire della Chiesa

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Don Sandro Dordi, proclamato beato questo sabato 5 dicembre

Martire della Chiesa

Sulla sua bara i fedeli peruviani posero un sombrero e i suoi sandali: profumati di vangelo. Così era avvenuta la tragedia, domenica 25 agosto 1991. Nel programma di quel giorno don Sandro doveva celebrare in mattinata a Santa, nel primo pomeriggio a Vinzos con battesimi, quindi terza messa a Rinconada. Ultimati gli impegni a Vinzos, riprese la sua camionetta gialla, ma, giunto a metà percorso, dopo una curva trovò la strada sbarrata da una serie di grosse pietre che impedivano il proseguimento della corsa. Don Sandro fermò l’automezzo sul margine della strada; e, mentre i due giovani collaboratori che l’accompagnavano si disponevano a scendere per vedere il da farsi, dalla boscaglia sbucarono due uomini mascherati e armati, che intimarono a don Sandro di scendere. Probabilmente volevano compiere l’assassinio in luogo nascosto. Ma lui si oppose. Dopo una breve discussione con don Sandro per farlo salire nei sedili posteriori e potersi allontanare con la camionetta, imposero ai due giovani accompagnatori di salire dietro. Alla supplica di don Sandro “No, per favore, no!”, il terrorista che teneva in mano un revolver scaricò due colpi contro Don Sandro, uno alla testa e uno al cuore, lasciandolo cadere riverso e abbandonandolo sulla strada sabbiosa, in una pozza di sangue. I due giovani furono obbligati a salire nei sedili posteriori. Non opposero resistenza, data la situazione. E la camionetta, che avrebbe dovuto portare gioia di risurrezione a Rinconada, s’inoltrò nella boscaglia oscura, guidata dai sicari della morte. Venne poi ritrovata nei pressi di Chimbote, a 20 km dal luogo dell’assassinio. I due giovani, che erano stati testimoni dell’aggressione, raccontarono subito l’accaduto alle Suore Pastorelle che prestavano servizio in parrocchia. E furono le mani pietose di Sr. Chiara, con l’aiuto di altre due persone di Santa, a raccogliere e a riportare a casa il corpo esanime di don Sandro, a distanza di alcune ore dall’assassinio. Così operava l’organizzazione del partito comunista del Perù, fondata nel 1969-70, aggregatasi all’ispirazione maoista e decisa a portare avanti le istanze del socialismo attraverso la lotta armata. L’opera di promozione umana e cristiana della Chiesa era vista dal partito come frutto dell’imperialismo occidentale, particolarmente detestata perché orientata a coscientizzare le persone ai loro diritti e doveri. In una delle ultime lettere scritte da don Sandro a don Assolari, direttore del Centro Missionario Diocesano, diceva: “La situazione del Perù è angosciosa. Ogni giorno ci domandiamo: ‘A chi toccherà oggi?’. Non passa giorno senza vittime della violenza. Invochiamo il Signore perché ci sostenga. Dieci giorni prima dell’uccisione dei due religiosi polacchi di Pariacoto, hanno tentato di uccidere un sacerdote spagnolo. È stato solo ferito, ma l’intenzione era di ucciderlo. Anche lui è parroco di una parrocchia di Chimbote. Non si capisce perché hanno preso di mira la nostra diocesi… Quello che sta avvenendo in questi giorni, è un fatto nuovo. È molto difficile anche aiutare i poveri… Ci controllano”. Otto giorni prima del suo assassinio, il 17 agosto 1991, sul muro del mercato di Santa era apparsa una scritta “Straniero, il Perù sarà la tua tomba”. Si capiva ormai che era lui nel mirino.

Così lo ricorda d. Antonio Locatelli, uno dei pionieri bergamaschi in Polesine, ora protonotario apostolico: “Io ero giunto nel Polesine poco tempo prima della terribile alluvione del 1951. Era stato il vescovo di Chioggia a chiedere aiuto alla Comunità Missionaria ‘Paradiso’, perché la sua diocesi era molto povera di sacerdoti. La situazione del Delta era davvero drammatica. Vi arrivai il 19 luglio del 1951 assieme a don Pietro Balzi e al vescovo di Chioggia. Vi trovammo malaria e miseria; la gente ci guardava male. Il comunismo e il clima che aleggiava intorno agli uomini di chiesa era ostile. La terribile alluvione del 1951 aveva portato tanti danni, ma è stata anche una ‘Grazia’. È stata l’origine di un cambiamento culturale. Il beato don Sandro Dordi giunse in Polesine con me, una settimana dopo essere stato ordinato sacerdote (12 giugno 1954). Aveva 23 anni e mezzo. Decise di partire assieme a me sulla mia topolino rossa… Il viaggio fu lungo e pieno di avventure. Ci impegnammo a fondo per far nascere una Scuola di Addestramento Professionale che qualificasse i giovani e garantisse loro un avvenire dignitoso. Il beato don Sandro si giocò in questa attività. Si partì con 120 giovani dai 14 ai 18 anni, ma diventarono subito 250… Nel 1958 raggiunsero i 500. Dagli adulti don Sandro era considerato un figlio, dai piccoli un fratello, dai giovani un amico. Quando veniva a conoscenza di certi ammalati gravi non esitava ad offrirsi per vegliarli durante la notte e non disdegnava di farsi vedere a lavorare nel campo o a pulire la strada che stava di fronte alla scuola. Faceva aggiustare le scarpe ai ragazzi e pagava lui il calzolaio. Tornando dal mercato si caricava la borsa o il cesto di qualche donna anziana”. Facendo eco alle parole pronunciate dal vescovo di Chimbote in occasione dei suoi funerali, così si esprimeva mons. Lino Bellotti, allora superiore della Comunità Missionaria del ‘Paradiso: “Don Sandro Dordi è stato il buon pastore che ha dato la vita per il suo gregge; il seminatore della buona notizia e del valore del regno di Dio: l’amico, il fratello dei poveri e degli umili; per loro è stato la presenza del cuore di Dio”.                                              G. M.

Don Sandro Dordi, proclamato beato questo sabato 5 dicembre

Martire della Chiesa

Sulla sua bara i fedeli peruviani posero un sombrero e i suoi sandali: profumati di vangelo. Così era avvenuta la tragedia, domenica 25 agosto 1991. Nel programma di quel giorno don Sandro doveva celebrare in mattinata a Santa, nel primo pomeriggio a Vinzos con battesimi, quindi terza messa a Rinconada. Ultimati gli impegni a Vinzos, riprese la sua camionetta gialla, ma, giunto a metà percorso, dopo una curva trovò la strada sbarrata da una serie di grosse pietre che impedivano il proseguimento della corsa. Don Sandro fermò l’automezzo sul margine della strada; e, mentre i due giovani collaboratori che l’accompagnavano si disponevano a scendere per vedere il da farsi, dalla boscaglia sbucarono due uomini mascherati e armati, che intimarono a don Sandro di scendere. Probabilmente volevano compiere l’assassinio in luogo nascosto. Ma lui si oppose. Dopo una breve discussione con don Sandro per farlo salire nei sedili posteriori e potersi allontanare con la camionetta, imposero ai due giovani accompagnatori di salire dietro. Alla supplica di don Sandro “No, per favore, no!”, il terrorista che teneva in mano un revolver scaricò due colpi contro Don Sandro, uno alla testa e uno al cuore, lasciandolo cadere riverso e abbandonandolo sulla strada sabbiosa, in una pozza di sangue. I due giovani furono obbligati a salire nei sedili posteriori. Non opposero resistenza, data la situazione. E la camionetta, che avrebbe dovuto portare gioia di risurrezione a Rinconada, s’inoltrò nella boscaglia oscura, guidata dai sicari della morte. Venne poi ritrovata nei pressi di Chimbote, a 20 km dal luogo dell’assassinio. I due giovani, che erano stati testimoni dell’aggressione, raccontarono subito l’accaduto alle Suore Pastorelle che prestavano servizio in parrocchia. E furono le mani pietose di Sr. Chiara, con l’aiuto di altre due persone di Santa, a raccogliere e a riportare a casa il corpo esanime di don Sandro, a distanza di alcune ore dall’assassinio. Così operava l’organizzazione del partito comunista del Perù, fondata nel 1969-70, aggregatasi all’ispirazione maoista e decisa a portare avanti le istanze del socialismo attraverso la lotta armata. L’opera di promozione umana e cristiana della Chiesa era vista dal partito come frutto dell’imperialismo occidentale, particolarmente detestata perché orientata a coscientizzare le persone ai loro diritti e doveri. In una delle ultime lettere scritte da don Sandro a don Assolari, direttore del Centro Missionario Diocesano, diceva: “La situazione del Perù è angosciosa. Ogni giorno ci domandiamo: ‘A chi toccherà oggi?’. Non passa giorno senza vittime della violenza. Invochiamo il Signore perché ci sostenga. Dieci giorni prima dell’uccisione dei due religiosi polacchi di Pariacoto, hanno tentato di uccidere un sacerdote spagnolo. È stato solo ferito, ma l’intenzione era di ucciderlo. Anche lui è parroco di una parrocchia di Chimbote. Non si capisce perché hanno preso di mira la nostra diocesi… Quello che sta avvenendo in questi giorni, è un fatto nuovo. È molto difficile anche aiutare i poveri… Ci controllano”. Otto giorni prima del suo assassinio, il 17 agosto 1991, sul muro del mercato di Santa era apparsa una scritta “Straniero, il Perù sarà la tua tomba”. Si capiva ormai che era lui nel mirino.

Così lo ricorda d. Antonio Locatelli, uno dei pionieri bergamaschi in Polesine, ora protonotario apostolico: “Io ero giunto nel Polesine poco tempo prima della terribile alluvione del 1951. Era stato il vescovo di Chioggia a chiedere aiuto alla Comunità Missionaria ‘Paradiso’, perché la sua diocesi era molto povera di sacerdoti. La situazione del Delta era davvero drammatica. Vi arrivai il 19 luglio del 1951 assieme a don Pietro Balzi e al vescovo di Chioggia. Vi trovammo malaria e miseria; la gente ci guardava male. Il comunismo e il clima che aleggiava intorno agli uomini di chiesa era ostile. La terribile alluvione del 1951 aveva portato tanti danni, ma è stata anche una ‘Grazia’. È stata l’origine di un cambiamento culturale. Il beato don Sandro Dordi giunse in Polesine con me, una settimana dopo essere stato ordinato sacerdote (12 giugno 1954). Aveva 23 anni e mezzo. Decise di partire assieme a me sulla mia topolino rossa… Il viaggio fu lungo e pieno di avventure. Ci impegnammo a fondo per far nascere una Scuola di Addestramento Professionale che qualificasse i giovani e garantisse loro un avvenire dignitoso. Il beato don Sandro si giocò in questa attività. Si partì con 120 giovani dai 14 ai 18 anni, ma diventarono subito 250… Nel 1958 raggiunsero i 500. Dagli adulti don Sandro era considerato un figlio, dai piccoli un fratello, dai giovani un amico. Quando veniva a conoscenza di certi ammalati gravi non esitava ad offrirsi per vegliarli durante la notte e non disdegnava di farsi vedere a lavorare nel campo o a pulire la strada che stava di fronte alla scuola. Faceva aggiustare le scarpe ai ragazzi e pagava lui il calzolaio. Tornando dal mercato si caricava la borsa o il cesto di qualche donna anziana”. Facendo eco alle parole pronunciate dal vescovo di Chimbote in occasione dei suoi funerali, così si esprimeva mons. Lino Bellotti, allora superiore della Comunità Missionaria del ‘Paradiso: “Don Sandro Dordi è stato il buon pastore che ha dato la vita per il suo gregge; il seminatore della buona notizia e del valore del regno di Dio: l’amico, il fratello dei poveri e degli umili; per loro è stato la presenza del cuore di Dio”.                                              G. M.