Un chicco che germoglia ancora!

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CENTRO MISSIONARIO DIOCESANO

Don Alessandro Dordi: beato perché martire

Un chicco che germoglia ancora!

Con la sua inseparabile bici, la sua presenza resta quasi palpabile, mentre oggi passando per la piazza di Taglio di Donada, vediamo troneggiare la bella rappresentazione bronzea nell’omonima piazza a lui dedicata dall’amministrazione comunale di Porto Viro.

Nello stadio di Chimbote (Perù), il prossimo 5 dicembre, don Alessandro Dordi, assassinato nel Paese andino, il 25.08.1991, e due francescani di origini polacche, Michal Tomaszek e Zbigniew Strzalkowski, verranno proclamati beati nella celebrazione presieduta dal card. Angelo Amato. Sono stati riconosciuti “martiri” dalla Congregazione delle Cause dei Santi lo stesso giorno di mons. Romero, il 3 febbraio scorso.

Mons. Angel Francisco Simon Piorno, vescovo di Chimbote, ribadisce che don Dordi è un martire della fede. Una conferma in questo senso è stata raccolta di recente nella cella peruviana dove si trova l’uomo che quell’assassinio decise, il leader dell’organizzazione armata Abimael Guzmán. “Li abbiamo uccisi per motivi religiosi, perché la religione è l’oppio del popolo”, è quanto ha confessato il leader senderista – di ideologia marxista-leninista pro cinese – a mons. Bambarén allora vescovo di Chimbote.

Don Alessandro arrivò in Perù nel 1980, all’età di 49 anni, quando Sendero Luminoso – guidato per l’appunto da Abimael Guzmán -, iniziò la sua offensiva armata contro lo Stato. Subito si coinvolse con i fedeli della regione di Santa, nell’Ancash peruviano, che aiutò con corsi di alfabetizzazione, catechesi, costruzione di case e cappelle, laboratori artigianali per le donne. Un lavoro che non era ben visto dal gruppo guerrigliero che vedeva nell’impegno di evangelizzazione e di promozione umana del sacerdote italiano un’azione che finiva per stemperare l’odio di classe, che era invece il presupposto della rivoluzione.

Il 9 agosto 1991 vengono uccisi i due giovani francescani polacchi, dopo un processo sommario in piazza nelle vicinanze di Santa. Svolgevano la loro missione pastorale in 22 villaggi della diocesi di Chimbote. Dopo l’esecuzione compaiono scritte minacciose sui muri della località: “il prossimo sarai tu”. Delle minacce c’è traccia in una lettera di don Dordi ad un amico sacerdote: «In questi giorni siamo particolarmente angosciati e preoccupati. Sicuramente hai saputo come il 9 di agosto Sendero Luminoso ha ammazzato due sacerdoti della diocesi di Chimbote. Sono due francescani polacchi che lavoravano in una vallata come la mia: avevano 32 e 34 anni. Puoi immaginare la situazione di ansia in cui viviamo; ci sono inoltre delle minacce chiare di prossime uccisioni. Sendero Luminoso, che con il terrore vuole arrivare al potere, ha preso di mira la Chiesa… La situazione del Perù è angosciosa. Ogni giorno ci chiediamo: a chi toccherà oggi?». Toccava a lui. L’aveva messo in conto. Salutando i suoi l’ultima volta aveva detto: «Addio, adesso torno laggiù e mi uccideranno».

La risposta alle sue paure non si farà attendere a lungo.

Quella domenica di fine agosto del ‘91, alle ore 17,15, mentre don Alessandro sta tornando dalla celebrazione della Messa presso un villaggio, per recarsi in un altro, accompagnato da due catechisti, che saranno poi i testimoni dell’accaduto, Gilberto Ávalos Tolentino e Orlando Orué Pantoja, improvvisamente trova la strada bloccata da due grosse pietre; sceso dal mezzo viene fermato da due uomini incappucciati, uno con il fucile e l’altro con la pistola. Inutili le sue richieste di essere risparmiato, i due catechisti, allontanati, sentono gli spari. La morte di don Alessandro Dordi viene subito attribuita, dalla polizia peruviana, al gruppo guerrigliero dei Sendero Luminoso.

Ora saranno i primi martiri nella storia del Perù. «Il riconoscimento del martirio di don Sandro e la sua prossima beatificazione – ha sottolineato commosso il vescovo ausiliare emerito di Bergamo, mons. Lino Belotti, superiore della Comunità Missionaria del Paradiso – sono un momento di grande gioia per la Chiesa e il presbiterio di Bergamo. Conoscevo don Sandro dai tempi del Seminario e non ci siamo mai persi di vista. Aveva un animo generosissimo, assiduo ai doveri del ministero, deciso nel portare a termine i progetti».

Nato il 22 gennaio 1931 a Gromo in val Seriana (Bergamo), secondogenito di nove figli, frequentò il seminario minore a Clusone e, prima dell’ordinazione, entrò a far parte della Comunità Missionaria del Paradiso fondata nel 1949 nella diocesi di Bergamo da don Fortunato Benzoni allo scopo di inviare sacerdoti nelle diocesi povere di clero in Italia ed Europa.

Fu ordinato sacerdote il 12 giugno 1954 da mons. Giuseppe Piazzi e subito fu inviato a Taglio di Donada (RO) dove rimase fino al 1958 quando fu nominato parroco di Mea di Contarina fino al 1964 occupandosi anche dell’allora centro di formazione professionale “S. Giusto” a Donada, oggi Enaip.

Nel nostro Polesine erano i duri anni del dopo alluvione e, ancora oggi, a Porto Viro e dintorni, sono molti quelli che ricordano questo instancabile giovane prete sempre pronto a rispondere a tutti, soprattutto a chi più era in difficoltà, ai più poveri. Non era certo la talare di sacerdote ad impedirgli di sfrecciare in bici per raggiungere chi in qualche modo avesse bisogno.

Nel 1965 fu mandato a Le Locle in Svizzera come cappellano per gli emigranti. Qui lavorò anche come prete operaio in una fabbrica di orologi, fino al 1979. Successivamente, per il desiderio di operare come missionario là dove l’annuncio del vangelo era più urgente, dedicò un certo tempo alla conoscenza della realtà di alcuni paesi dell’America Latina. Alla fine scelse il Perù, il paese che gli sembrava più bisognoso d’aiuto. Dopo aver frequentato lo specifico corso di preparazione al CEIAL di Verona, nell’ottobre del 1980 partì per la parrocchia di Santa, nella diocesi di Chimbote.

Sul suo stile pastorale ecco una breve e significativa testimonianza di mons. Sergio Gualberti, anche lui bergamasco, ora Arcivescovo di Santa Cruz in Bolivia.

“Nello stile di vita era molto vicino alla gente. Per esempio nel vestire: era già molto sobrio, però lì indossava le abarcas o ojotas, sandali fatti con i copertoni delle macchine e cinghie di gomma; andava in giro con quelle, anche se dall’Italia gli avevano mandato un paio di sandali che ha regalato a me perché voleva usare le stesse calzature della gente comune. Lo stesso si può dire per il mangiare. Quando siamo arrivati a Paracoto (Perù) nel 1979 siamo andati a pranzo in casa di contadini dove ci hanno offerto un porcellino d’India che sembrava un topo, ma non siamo riusciti ad affrontarlo… poi è diventato il suo piatto preferito! Non ha voluto comprare la pompa per l’acqua e in casa non aveva né doccia né acqua corrente ma una spina all’altezza del ginocchio ed il secchio. Viveva tutto questo con naturalezza, senza farlo pesare.”

Di fronte a questa beatificazione, vero dono, che tocca così da vicino anche la nostra chiesa clodiense, come non pensare al ripetuto appello di Papa Francesco: “Come vorrei una chiesa povera per i poveri!”. Sicuramente, forse anche con un “sano orgoglio” possiamo affermare che la nostra chiesa italiana, nonostante le sue infedeltà e contro testimonianze, in fondo, in mille modi e con tanta dedizione, spesso nascosta, ha imparato ad esprimere una chiesa “per i poveri”. Certamente non è “l’ultima” per numero e consistenza di associazioni, progetti, volontari, missionari…, impegnati nei più svariati settori della carità, della promozione umana, delle emergenze di tutti i tipi, in patria e su ogni continente. Ma forse dobbiamo evangelicamente ammettere che il nostro tallone d’Achille, resta ancora quello di stentare ancora nel proporci come “chiesa povera”. Ecco forse una delle sfaccettature più attuali e graffianti dove il beato don Dordi ci interpella: in nome del Vangelo, imparare a servire i poveri da poveri, stare al loro passo convinti fino in fondo che questo è solo vangelo, perché così fu Gesù, “da ricco che era…”!

Questa Chiesa ha però un prezzo e don Sandro l’ha pagato fino in fondo, senza voltarsi indietro dopo aver messo mano all’aratro. La strada, infatti, è stato l’altare dove ha dato tutto. L’ultima sua messa.

La singolarità e la rilevanza di questa beatificazione, ma ancor più della testimonianza di vita sacerdotale e missionaria di don Sandro, fino al dono estremo della vita, meritano una sosta pensosa e orante: sapeva benissimo che sarebbe capitato. Ha scelto di restare, ancora una volta, al fianco di coloro che quasi non esistono per nessuno. Una pagina di Vangelo scritta col proprio sangue.

La provvidenza ci rende oggi custodi della testimonianza del ministero del beato don Dordi, sbocciato qui in mezzo a noi. Ecco perché la nostra comunità diocesana attraverso il Centro Missionario Diocesano, in collaborazione col vicariato di Loreo, la Cooperativa Sociale “Don Dordi” e col patrocinio del comune di Porto Viro, propone all’attenzione di tutti due significativi appuntamenti con i quali intende far memoria e celebrare la luminosa bellezza della vita di don Dordi. Il 5.12.15, nella parrocchia S. Pio X di Taglio di Donada, alle ore 18, sarà celebrata l’eucaristia “in contemporanea” con la liturgia di beatificazione che si svolgerà in Perù, dove sarà presente anche una delegazione della nostra Diocesi. La messa sarà presieduta da mons. Dino De Antoni, Arcivescovo emerito di Gorizia. Alla fine della celebrazione sarà proposta ai presenti la venerazione della reliquia del sangue del martire e inaugurata la nuova immagine del beato che è posta all’interno della chiesa parrocchiale.

L’11.12.15, al Teatro del Centro Giovanile S. Giusto a Porto Viro, alle ore 20.45, sarà proposta una tavola rotonda di testimonianze, edite e inedite, sulla vita del Beato. Aprirà la serata Thomas Giacon, sindaco di Porto Viro. Interverranno mons. Giuliano Marangon, don Alfonso Boscolo, Paola Cattuzzo e Paolo Perazzolo. Conclusione del nostro vescovo Adriano.

Siamo tutti invitati per crescere sempre più come Chiesa che vuole rinnovarsi ripartendo incessantemente dai poveri.