Da Porto Viro alla Svizzera, al Perù

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Don Sandro Dordi. Il 5 dicembre la beatificazione

Da Porto Viro alla Svizzera, al Perù

Il prossimo 5 dicembre, a Chimbote (Perù), sarà celebrata la beatificazione di don Alessandro Dordi, “fidei donum” bergamasco, ancora oggi amato e ricordato da tanti portoviresi per il suo prodigarsi, insieme ad altri sacerdoti bergamaschi, dal 1954 al 1964, nei duri anni del post-alluvione. Furono questi i primissimi anni del suo ministero sacerdotale. Successivamente il suo ministero lo portò a lavorare fra gli immigrati italiani in Svizzera per poi essere chiamato in Perù dove, il 25 agosto 1991, servendo i più poveri in nome del Vangelo, fu assassinato per mano di implacabili terroristi.

La nostra Diocesi custodirà per sempre lo sbocciare delle radici della sua singolare testimonianza di uomo e di sacerdote. Già da qualche anno il comune di Porto Viro ha scelto di dedicargli la piazza antistante la chiesa parrocchiale di Taglio, dove spicca la sua statua che molto aiuta a rendere la sua presenza ancora viva e attuale.  In occasione della sua beatificazione, saranno due gli appuntamenti con i quali la nostra Diocesi intente far memoria e celebrare la singolare testimonianza di don Dordi.

Il 5 dicembre 2015, nella parrocchia di Taglio di Porto Viro, alle ore 18, sarà celebrata l’eucaristia “in contemporanea” con la liturgia di beatificazione che si svolgerà in Perù, dove sarà presente anche una piccola delegazione della nostra Diocesi. La messa sarà presieduta da S.E. Mons. Dino De Antoni, Arcivescovo emerito di Gorizia. Alla fine della messa sarà proposto ai presenti la venerazione della reliquia del sangue del martire e inaugura una nuova immagine del beato che sarà posta all’interno della chiesa parrocchiale.

L’11 dicembre 2015, con la presenza del nostro vescovo Adriano, al Teatro del Centro Giovanile S. Giusto a Porto Viro, alle ore 20.45, sarà proposta una tavola rotonda di testimonianze, edite e inedite, sulla vita del Beato. Aprirà la serata Thomas Giacon, sindaco di Porto Viro.

Sono persuaso che tutti comprendiamo la singolarità e la rilevanza di questa beatificazione che ci tocca da vicino, ma ancor più della testimonianza di vita sacerdotale e missionaria di “don Sandro”.

p. Giancarlo Piovanello

ed équipe del Centro Missionario Diocesano

Chiamato a presentare la figura di don Sandro Dordi martirizzato in Perù il 25 agosto 1991, è per me occasione di rivisitare un tratto della mia fanciullezza che ha visto passarmi accanto la figura di questo sacerdote santo. Don Sandro è un prete bergamasco che assieme ad altri sacerdoti, tra i quali don Antonio Locatelli e don Pietro Balzi, è venuto nella nostra diocesi, in Polesine, dopo l’alluvione del 1951.

Erano chiamati i preti del Paradiso perché la loro casa di formazione si trovava a Bergamo, appunto in Via del Paradiso. Don Sandro arriva da noi nel 1954, a 23 anni, a un mese dalla sua ordinazione sacerdotale, viene destinato a Taglio di Donada, quindi a Mea di Contarina e infine al Centro di formazione professionale di San Giusto a Donada, dove rimane fino al 1964. Taglio di Donada era allora una frazione di 3.000 abitanti, segnata dalla povertà, dall’emarginazione e dalla strumentalizzazione politica. C’era solo l’asilo e un Centro Sociale costruito dopo l’alluvione.

È un lavoro per don Sandro non facile, ma pieno di entusiasmo si immedesima con la vita della sua gente e attorno a lui fioriscono le iniziative più diverse: caritative (spesso portava il “cartoccetto” della cena e cenava nelle povere case o sostituiva di notte i familiari che vegliavano i loro malati), culturali (dalla scuola di alfabetizzazione per gli adulti, al canto e al teatro. Con la stessa intensità celebrava la Messa sul palcoscenico del centro sociale e cambiava le scenografie arrampicato sulle quinte del palco). Ha imparato in quegli anni a fare l’idraulico, il saldatore, il falegname, il meccanico. Saranno questi poi i corsi che avvierà per centinaia di giovani al centro di formazione professionale di Donada a San Giusto. Il vescovo Piasentini lo chiamerà in quegli anni con i cantieri di lavoro ad eseguire alcune opere a Sant’Anna dove si stava costruendo la Casa del Divino Amore. Quel prete timido che portava spesso gli occhiali scuri, con la sua immancabile bicicletta, destava l’interesse della gente e la preoccupazione dei padroni, che vedevano in quello stile di attività pastorale il risveglio della dignità delle persone e il nascere di una nuova coscienza.

La seconda fase della vita di don Sandro si svolge in Svizzera tra il 1965 e il 1979 con gli emigranti italiani. È il periodo più problematico della sua vita. Il suo impegno pastorale è come paralizzato dallo stile di vita degli emigrati. Don Sandro si vede inadeguato a quel compito e vive un momento di depressione; nel 1968 è tentato perfino di lasciare il sacerdozio. In questa circostanza è straordinario, assieme a quello del vescovo di Bergamo e dei suoi amici preti, l’intervento di sua mamma che gli scrive parole di conforto e incoraggiamento, concludendo profeticamente:  “… Anche i santi sono stati provati in ogni modo, eppure con la grazia del Signore si sono fatti santi. Anche tu puoi diventare santo”. Una volta ristabilito in salute chiederà di fare il prete operaio in una fabbrica di orologi e alla sua partenza dalla Svizzera lascerà nel cuore delle persone e nelle opere realizzate, un grande segno del suo passaggio.

L’ultima tappa della sua vita si compie in Perù, dal 1980 al 1991 con il martirio subito per mano del movimento rivoluzionario ‘Sendero luminoso’. Don Sandro si stabilisce a Santa, nella diocesi di Chimbote, una zona poverissima del Perù.

Deve immediatamente fare i conti con una cultura totalmente diversa dalla sua, con abitudini e stile di vita che non gli corrispondono.

Così scrive agli amici:

“Il missionario non è un conquistatore, ma un servitore e un amico. Non può presentarsi con una stupida superiorità che impedisce di mettersi accanto agli altri come uguale e come servitore. Se la gente non si accorgesse che veniamo da un’altra nazione, sarebbe meglio. Ciò vale soprattutto per la gente umile e provata dalla fatica e dalla povertà”.  Don Sandro, il prete in bicicletta sempre di corsa, imparerà ad andare piano, come i peruviani e a rispondere con loro alle loro necessità: come alla cuna maternal (un centro di promozione della donna), alla canalizzazione di Santa, ai botteghini farmaceutici, alla mensa comune e alla chiamata delle Suore Pastorelle di Bergamo per condividere con lui la missione.

Ma la Chiesa è nel mirino del movimento rivoluzionario ‘Sendero luminoso’. Esso ritiene che il Crocefisso e il Vangelo siano strumenti troppo pericolosi nella difesa della dignità delle persone e nel risveglio della coscienza degli individui. Ed ecco allora la collocazione di una bomba nella casa del Vescovo di Chimbote, il 9 agosto 1991 l’uccisione di due religiosi polacchi, che verranno beatificati assieme a don Sandro, e il 25 agosto l991 l’uccisione di don Sandro mentre, in quella domenica pomeriggio, ritornava da un villaggio di Santa, dopo aver celebrato la S. Messa. “Per favore, non lo fate” dirà don Sandro i suoi carnefici, ma come agnello innocente cadrà sotto i colpi dei suoi persecutori.

Don Sandro sarebbe molto meravigliato oggi nel sentire parlare così tanto di lui; e sarebbe stupito di fronte alla Chiesa che ha deciso di proclamarlo beato.

Ma da dove gli viene la sua santità?

Certamente da suo padre e da sua madre che ogni mattina, alle 5, partecipavano alla messa e alla sera recitavano in casa il rosario con i loro figli. E poi dal suo impegno di immedesimarsi con la comunità con cui si trovava a vivere, certo che tale immedesimazione era la strada per immedesimarsi con Cristo.

A Lui oggi è dedicata nella nostra diocesi una cooperativa per il recupero di malati di mente e portatori di handicap. A lui vogliamo affidare noi stessi perché ci ottenga dal Signore un cuore ardente e generoso come il suo, capace di amare e di donare come fosse la cosa più naturale di questo mondo.  

             don Alfonso Boscolo