PAROLA DI DIO – Rallegratevi ed esultate

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PAROLA DI DIO – Rallegratevi ed esultate

Letture: Ap 7,2-4.9-14; Salmo 23; Gv 3,1-3; Mt 5,1-12a

Ap 7,2-4.9-14. “La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all’Agnello”.

L’apertura del sesto sigillo descrive gli eventi del giorno del Signore: “È venuto il gran giorno dell’ira, e chi può resistere?”. I cieli e la terra sono scossi e l’umanità è presa dal panico per l’intervento punitore di Dio. La devastazione però subisce una pausa per permettere di operare una distinzione che un messaggero divino riceve l’incarico di compiere ponendo “il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi”, cioè porre un segno sui ‘servi del Signore’. Cosa caratterizza i “segnati con il sigillo”?. La descrizione è in due tappe. Nella prima (vv. 4-8) si parla del popolo dell’alleanza, dei “Figli d’Israele”. Sono i noti 144.000, risultato da 12x12x1000, che nella simbologia numerica significa la totalità del popolo di Dio. Secondo il profeta Ezechiele (Ez 9,4ss), chi è ‘segnato’ sarà risparmiato dal castigo che stava per abbattersi su Gerusalemme, dove dilagava l’apostasia. Nella seconda tappa i 144.000 sono definiti “moltitudine immensa, che nessuno poteva contare” (vv. 9-14). È preferibile non pensare che questa moltitudine è la stessa di prima, con una ulteriore caratterizzazione: essa cioè proviene da “ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Il popolo credente e salvato non prevede alcuna esclusione e si qualifica per la scelta di appartenere “a Dio e all’Agnello”. La loro condizione interiore è rappresentata attraverso il simbolismo delle “vesti candide”, dei “rami di palma” che tengono nelle loro mani e più oltre dal loro venire dalla “grande tribolazione”, e dall’aver “lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell’Agnello”. Le vesti candide, rese tali dal “sangue dell’Agnello”, dicono che essi sono nelle condizioni di partecipare alla liturgia del cielo (“davanti al trono e all’Agnello”) per aver condiviso la passione del Cristo senza venire meno alla loro fede e per aver vinto la grande sfida dell’apostasia e idolatria, fedeli e obbedienti al Padre, come Gesù.

Salmo 23. “Ecco la generazione che cerca il tuo volto, Signore”.

Cercare il volto di Dio significa desiderare di stare alla sua presenza. Ma quali le condizioni richieste per “salire il monte del Signore, stare nel suo luogo santo… ottenere benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza”? Ecco descritta la condotta di chi “cerca Dio”. “Mani innocenti” dice l’agire giusto, non macchiato da colpe contro alcuno. “Cuore puro” dice ciò che c’è dentro l’uomo, cioè la rettitudine delle intenzioni e dei pensieri che possono essere nascosti agli uomini, ma non a Dio. Non ha cuore puro chi si mostra esteriormente benevolo, generoso, umile, altruista, ma dentro coltiva pensieri contrari: malignità, egoismo, superbia, avarizia… “Non pronuncia menzogna”: la parola sincera dice la qualità delle sue relazioni con gli altri: la sua parola è affidabile, vera, non ingannatrice e falsa. Questi tre aspetti dell’essere e dell’agire compongono l’immagine di chi “cerca Dio” in questa vita e gli appartiene per sempre.

Gv 3,1-3. “Noi fin da ora siamo figli di Dio… e quando si sarà manifestato saremo simili a lui”.

Quattro affermazioni progressive descrivono il nostro presente e futuro a partire dalla nostra relazione con Dio. “Vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli, e lo siamo realmente!”. Dio, per suo amore, ci chiama ad una relazione particolare con lui: Egli si offre a noi come Padre e questo suo dono ci costituisce ‘suoi figli’. “Per questo il mondo non ci conosce, perché non ha conosciuto Lui”. Questo dono può essere ignorato o rifiutato da chi non è disponibile alla fede e alla relazione con Dio. La chiusura nei confronti di Dio porta anche alla chiusura e rifiuto verso coloro che riconoscono e vivono la relazione filiale con Lui. “Carissimi, noi, fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è ancora è stato rivelato. Sappiamo però che quando Egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come Egli è”. Nel presente, nella fede, noi siamo già in relazione con Dio, in comunione con lui, partecipi della sua stessa vita divina, relazione che esprimiamo con tante immagini, facendo riferimento alla rivelazione di Gesù. Quando Dio si manifesterà pienamente a noi, allora sarà possibile comprendere e vivere in pienezza la relazione che ci fa simili a Lui. “Chiunque ha questa speranza in Lui purifica se stesso, come Egli è puro”. Chi vive nell’attesa dell’incontro con Lui, contando sulla sua promessa, partecipa già della purificazione dal peccato e della santità di Cristo, che con la sua passione e morte rende puri quanti lo seguono, vivono la sua Parola e attendono le sue promesse.

Mt 5,1-12a. “Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli”.

Le ‘Beatitudini’ introducono il “discorso della montagna”, nuova ‘regola di vita’ del discepolo di Gesù, che come nuovo Mosè, dall’alto del monte, apre ai discepoli nuovi orizzonti di vita, mettendo in stretta relazione le scelte che il discepolo compie oggi con quanto Dio donerà domani. Il discepolo ha il coraggio di uscire dalla folla per avvicinarsi a Gesù e mettersi alla sua scuola. Otto ‘beatitudini’ e una nona, rivolta direttamente ai discepoli, costituiscono il famoso esordio. La parola ‘giustizia’ ricorre nella quarta e nell’ottava beatitudine e divide le otto beatitudini in due strofe di quattro, di uguale lunghezza. Anche la nona beatitudine, rivolta direttamente ai discepoli, ha quasi lo stesso numero di parole dei due gruppi di quattro beatitudini precedenti. Nell’ultima però, invece della parola giustizia, troviamo “per causa mia (di Gesù)”. Il discepolo di Gesù è uno che trova la sua gioia piena nella promessa di Dio e nell’impegnarsi per la giustizia che è la causa per la quale Gesù si è impegnato, anzi, che è stata la causa per la quale egli si è giocato tutta la sua vita fino alla passione e morte e per la quale ha conseguito la risurrezione. Nel vangelo di Matteo la giustizia è la ricerca e il compimento della volontà di Dio nella forma più alta e piena: “Cercate innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia”. I discepoli di Gesù si impegnano a cercare, come Lui, la volontà di Dio (Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati); sono anche disposti ad affrontare ogni opposizione (Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli); possono anche essere perseguitati e insultati falsamente (Beati voi quando, mentendo, vi perseguiteranno e diranno male di voi…), ma essi seguono Gesù e la sua condotta obbediente al Padre. È il cercare e trovare la gioia condividendo il destino di Gesù (per causa mia) che si è affidato al Padre e che dal Padre non è stato deluso!

+ Adriano Tessarollo