Una vita lunga e operosa

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Don Rino De Marchi ha chiuso i suoi giorni

Una vita lunga e operosa

Don Rino si è spento all’ospedale di Chioggia, nella notte di giovedì 15 ottobre. La sua è stata una vita lunga e operosa. Dotato di una sana e robusta costituzione fisica, poté essere attivo quasi fino alla fine dei suoi giorni. Solo negli ultimi mesi anche lui salì il suo calvario, provato da un male terribile. Lunedì scorso, per la messa esequiale, poté vedere la corona dei suoi confratelli sacerdoti, presenti quasi al completo. E alla celebrazione del pomeriggio, a Bottibarbarighe, una folla immensa di persone, provenienti dai vari paesi dove egli aveva esercitato il ministero sacerdotale, volle esprimere la sua riconoscenza e il suo affetto.

Il sindaco di Pettorazza, in un breve saluto alla fine della messa, ricordava alcuni episodi che lo videro a contatto con don Rino. Tra gli altri raccontava di averlo incontrato durante la costruzione della chiesa di Botti e di avergli chiesto: “Quanti soldi ha, don Rino, per costruire questa chiesa?”. “Non ho niente, rispose il sacerdote, mi affido alla Provvidenza”. Quanti lo conobbero possono leggere in queste sue parole la sua fede, il suo disinteresse e la sua cristiana ingenuità. Da subito, appena ordinato sacerdote, ebbe la fiducia del suo vescovo. Don Rino, come cappellano di S. Andrea, alloggiava in seminario e poteva confessare i seminaristi. Io stesso, ricordo, ho usufruito dei suoi consigli e della sua direzione spirituale. Per caso fui presente quando il vescovo Piasentini lo destinò a Polesine Camerini. Eravamo nel ’62. Il Polesine in quell’epoca era tormentato da parecchie alluvioni. Era iniziato un esodo in massa della popolazione polesana verso la Lombardia e il Piemonte. Don Rino passava dalla tranquilla Botti, dove era amato e stimato, verso l’avventura. Correva per l’aria anche una certa idea di castigo per i preti allora destinati al Polesine.

Don Rino, lo ricordo bene, sentì la difficoltà dell’obbedienza, ma, com’era suo stile, disse: “Obbedisco”. Durante gli anni del Concilio molto impegnativi per il clero e per i cristiani, seguiti dagli anni sconcertanti della contestazione, don Rino diede prova di grande equilibrio, e di grande saggezza. Certo non era un rivoluzionario; era restio alle mode facili e alle novità senza fondamento. Tenne fisso lo sguardo e puntò sempre l’attenzione sui principi profondi, conscio che il popolo di Dio non si nutre di discussioni teologiche, ma di verità solide che aiutino a orientare la vita e diano un fondamento morale all’agire. Per alcuni forse era una persona poco elastica, ma si deve riconoscere che in quei periodi di notevoli sbandamenti che toccavano qua e là alcuni sacerdoti, religiosi e suore, don Rino ebbe il merito di dare sempre una direttiva precisa e di essere per i suoi fedeli un riferimento valido e seguito con convinzione. Fu molto apprezzata anche la sua presenza in campo sociale. Con le strutture sociali manchevoli e con una organizzazione civile non ancora preparata ai nuovi compiti, egli aiutò il suo popolo a vivere attivamente e positivamente quei tempi difficili, facendosi carico insieme con la gente dei problemi e favorendo e incoraggiando qualche piccola iniziativa industriale. Ebbe un’attenzione particolare per i più deboli e con tenace impegno riuscì a tenere aperte per una sana formazione dei più piccoli la scuola materna prima di Botti e poi di Pettorazza. Negli ultimi mesi fu ospite della casa del clero qui a Chioggia. Per lui furono mesi di grande dolore: forse non fisico, almeno non lo dimostrava, ma certo un dolore interiore, vedendosi indebolire giorno per giorno. Ebbi la fortuna di celebrare con lui molte messe: desiderava sentirsi attivo anche nella celebrazione con la recita di una parte della preghiera eucaristica. “Signore, tu vedi la nostra tristezza per avercelo tolto, ma vogliamo dirti il nostro grazie per avercelo dato”.

don Alfredo Mozzato

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Ricordo don Rino giovane cappellano a S. Andrea nei tempi antichi, quando io ero ancora in seminario. Capitava di incrociarlo in strada, con il suo incedere caratteristico e il suo lieto sorriso. Per un certo periodo è stato confessore straordinario in Seminario. Mi piaceva confessarmi da lui perché accoglieva con serietà e accendeva il cuore. Riportava con bellezza all’amore personale di Gesù. Suggeriva di addormentarsi pensando alla passione di Gesù, particolarmente all’agonia. Capii più tardi che il suggerimento veniva da Santa Teresa d’Avila, ma lui lo proponeva con personale convinzione. Molti giovani ne trassero vantaggio. Era molto interessante che un sacerdote così giovane e attivo riconducesse in modo diretto il cuore delle persone all’amore di Cristo.

don Angelo Busetto