Lo sguardo pastorale Famiglia: vocazione e mission

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Lo sguardo pastorale

Famiglia: vocazione e missione

Sinodo sulla famiglia. Le più diverse attese e una malcelata curiosità sono presenti nei mezzi di comunicazione di massa, e il rischio è che questo grande evento di grazia venga ridotto alle questioni, pur importanti, della comunione ai divorziati risposati, della liceità delle unioni di fatto, del diritto dei singoli sull’amore, sulla vita, sul matrimonio. In realtà risulta impossibile dare una risposta anche a queste questioni se non si parte dalle fondamenta dell’istituto familiare e del suo significato. Il titolo del Sinodo vorrebbe richiamare proprio questo: “La vocazione e la  missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. 

La famiglia è anzitutto risposta a una vocazione. L’appello viene da fuori, per quanto sia iscritto nella natura dell’uomo e nelle sue pulsioni. Per il credente viene da Dio che ha voluto la famiglia come espressione originaria del suo amore trinitario, di comunione quindi, e come strumento per perpetuare l’atto creativo che ha dato origine e conserva in vita l’universo. Per ogni uomo la chiamata viene dalla storia e dalla società che hanno sempre avuto nella famiglia il grembo naturale di un futuro possibile, nel superamento delle difficoltà, nella consistenza dei progetti, nella garanzia della continuità.

La famiglia poi ha una sua missione, un compito. Essa infatti costituisce lo snodo di tutte le esperienze che una persona fa, dal lavoro al tempo libero, dall’affettività alla fragilità, dall’educazione alla trasmissione dei valori umani e cristiani che stanno alla base di un’autentica civiltà, fino all’impegno per la costruzione della città. E con il termine snodo non si intende far riferimento soltanto al fatto che tutto gravita e quindi grava sull’istituto familiare, ma sottolineare che da esso trae linfa, energia, scopo.

Si capisce perché la famiglia va posta al centro dell’azione pastorale. Sia perché preoccupandosi di essa ci si prende cura dei piccoli e degli anziani, si accostano dubbiosi e indifferenti, si condividono gioie e fatiche del quotidiano, sia perché costituisce la cellula primaria di ogni esperienza di socialità, compresa quella ecclesiale. 

Proprio per questo il Papa, aprendo i lavori di questa assise, ha invitato al coraggio apostolico, all’umiltà evangelica e all’orazione fiduciosa. Il coraggio serve per smascherare le seduzioni di un mondo che tende a spegnere la luce della verità e per resistere all’impietrimento di quei cuori che si allontanano dal progetto di Dio. L’umiltà pone in ricerca trasformando il giudizio in accoglienza, favorisce l’ascolto e spinge all’aiuto fraterno.

L’orazione apre mente e cuore all’inedito e mette sotto l’azione dello Spirito anche le decisioni più radicali.

La Chiesa resta quella dalle porte aperte, che non tradisce se stessa creando barriere, Chiesa “ospedale da campo”, capace come il samaritano di chinarsi sulle ferite dell’uomo, di accoglierlo e curarlo, di costruire ponti, la Chiesa che “insegna e difende i valori”, ma sa che il sabato è per l’uomo e non l’uomo per il sabato.        

don Francesco Zenna