La sfida della misericordia

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lo sguardo pastorale

La sfida della misericordia

Il tema della misericordia sta ormai rimbalzando su tutti i mass media. Tutto è partito dall’indizione del Giubileo straordinario, ma non sono mancati altri pronunciamenti di Papa Francesco sull’argomento. Significativi quelli relativi ad una possibile amnistia per i carcerati, alla facoltà estesa a tutti i presbiteri di assolvere dal “peccato di aborto”, al superamento di ogni confine nell’esperienza del pentimento e del perdono. La comunità civile sta improntando le strutture necessarie allo svolgimento del grande evento del giubileo. E le comunità ecclesiali, compresa la nostra diocesi, stanno elaborando piani pastorali e offrendo strumenti idonei per la formazione delle coscienze e la celebrazione del mistero della misericordia, attraverso i sacramenti ed altre azioni liturgiche.

Non possiamo però chiudere gli occhi di fronte al perdurare di atteggiamenti e di autentici impianti di rifiuto delle persone, di chiusura nelle proprie comodità, di conflitti insanabili. Essi spaziano dal rifiuto degli immigrati ai conflitti familiari, dalla mancanza di dialogo alle numerose forme di ingiustizia perpetrate dalla disparità sociale, dalla corruzione, dalla prepotenza del potere. Quando all’inizio della celebrazione eucaristica viene proposto l’atto penitenziale e prima della comunione lo scambio della pace, è doveroso un serio esame di coscienza da parte di tutti, pena mangiare e bere indegnamente il corpo e il sangue del Signore, come ammonisce l’apostolo Paolo. Si tratta di riscoprire la dimensione comunitaria e comunionale dell’azione liturgica, troppo comodamente ridotta a un fatto privato, vissuto insieme solo per esigenze numeriche. Anche la vita della comunità può venire interpretata come un dato organizzativo in funzione delle risposte da dare alle esigenze dei singoli. E questa mentalità arriva ad accettare passivamente addirittura le tensioni e le divisioni tra laici e presbiteri, tra gruppi e ministeri, contrade e famiglie.

Il mistero della misericordia trova la sua sorgente nella testimonianza d’amore del Cristo che viene a salvare tutti senza distinzione, si esprime nel ministero della grazia esercitato dalla Chiesa, ma si invera nelle scelte e nei comportamenti dei singoli e delle comunità. Abbiamo presenti le parabole della misericordia raccontate da Gesù e abbiamo provato tutti una sana indignazione di fronte alla mancanza di perdono e di accoglienza in esse contenuta. Perché continuiamo a scrivere questo lato oscuro nelle parabole della nostra storia? Ci commuoviamo e ci indigniamo di fronte alle immagini dei bimbi pietosamente restituiti dal mare all’umanità colpevole, ma non facciamo alcun passo verso l’abbattimento dei numerosi steccati che innalziamo con le nostre gelosie, invidie, rivendicazioni, conati di orgoglio e di predominio. Il Papa a Santa Marta qualche giorno fa diceva: “Nella Chiesa c’è una malattia: quella di seminare zizzania, odio e divisione”.

Scriveva il santo Papa Giovanni Paolo II in “Dives in misericordia”: «Credere nel Figlio crocifisso significa “vedere il Padre”, significa credere che l’amore è presente nel mondo e che questo amore è più potente di ogni genere di male in cui l’uomo, l’umanità, il mondo sono coinvolti. Credere in tale amore significa credere nella misericordia» (n. 7). Questa verità dottrinale è chiamata a tradursi in verità pastorale. In maggio un seminario di studio in vista del sinodo sulla famiglia ha presentato chiaramente le sfide che l’assunzione del principio della misericordia pone all’azione pastorale della Chiesa. La verità dell’amore del Padre, manifestato nel mondo dal Figlio, è il principio di tutta la pastorale della Chiesa. È una missione che nasce dal cuore misericordioso di Cristo e solo così può essere credibile ed efficace tra gli uomini. La misericordia è dunque amore vero che genera la grazia e porta alla conversione. È fonte di giustizia ed apre itinerari di crescita costante.

                                                           don Francesco Zenna