PAROLA DI DIO – Ha fatto bene ogni cosa

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PAROLA DI DIO – Ha fatto bene ogni cosa

Letture: Is 35,4-7; Salmo 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37

Is 35,4-7: “Dite agli smarriti di cuore: Coraggio non temete…”.

La prima parte del libro di Isaia (1-39) abbonda di oracoli di ‘Giudizio’, nei quali cioè abbondano le minacce dovute all’infedeltà del popolo a Dio e agli obblighi derivanti dall’alleanza. Ma Dio interviene per punire e distruggere? In verità l’intervento divino è ‘educativo’ cioè ha come scopo di salvare, correggendo e riportando il popolo a conversione e fedeltà. La correzione ha anche un aspetto di severità e di sanzione.

I  quattro versetti odierni sono ripresi da un grande e splendido oracolo di salvezza. I destinatari sono certamente persone in situazione di difficoltà. Simbolicamente si parla di deserto e di terra arida che rifiorirà, di terra bruciata e suolo riarso che diventerà palude e sorgente. Fuori metafora viene annunciato agli smarriti di cuore, ai ciechi, ai sordi, agli zoppi, ai muti, che la loro situazione sarà capovolta. Quello che è impossibile all’uomo, Dio lo compirà. L’annuncio profetico è l’annuncio di salvezza che un giorno Gesù stesso prenderà come suo programma.   

Salmo 145: “Loda il Signore, anima mia”.

Il salmo 145 è un inno di lode con il quale il salmista risveglia la fiducia in Dio solo. Presso di Lui gli oppressi trovano giustizia, agli affamati è dato il pane, i prigionieri recuperano la libertà, i ciechi la vista. Chi è caduto si rialza, i giusti si sentono amati. Fra i deboli e gli indifesi arrivano in prima fila l’immigrato, l’orfano e la vedova (vv. 79). In una parola, il Signore prende a cuore tutte le cause bisognose di aiuto e di giustizia. E’ un preannuncio della missione che Gesù ha fatto propria: “Lo spirito del Signore Dio è su di me… mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri…”.

Gc 2,1-5:“Dio non forse scelto i poveri del mondo per farli ricchi con la fede e eredi del regno…”.

La fede è autentica se si prende cura dei poveri. E’ la comunità dei battezzati che è interpellata e invitata al cambiamento. “Non mescolate a favoritismi personali la vostra fede  in Gesù Cristo”. Segue un esempio concreto con una certa ironia: Se due persone fanno parte della stessa comunità hanno la medesima dignità e vanno trattate con pari riverenza e rispetto.

Quale potrebbe essere un criterio di attenzione speciale? Di solito il rischio è quello della ricchezza e del potere che si manifestano nella foggia esterna del vestire: questo permette di distinguere un ricco da un povero, un potente da uno che ‘conta poco’, tenendo un atteggiamento diverso nei loro confronti. L’apostolo ricorda che Dio opera le sue scelte con criterio diverso. Non privilegia la povertà per sé stessa, ma interviene in favore del povero perché bisognoso e forse anche perché ingiustamente oppresso.

Il criterio del giudizio di Dio deve diventare anche il criterio di un giusto giudizio tra gli uomini nelle comunità cristiane: tutti appartengono ugualmente al Regno, a condizione che lo amino e osservino la sua parola che invita all’amore verso tutti.

Mc 7,31-37: “Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e parlare i muti”.

Questo è l’ultimo miracolo di Gesù in territorio pagano che ascoltiamo prima della confessione di Pietro e dei discepoli che riconoscono in Gesù di Nazaret il Messia, il Cristo, cioè  l’Inviato di Dio a liberare il suo popolo. Marco ci presenta plasticamente Gesù che opera come un guaritore, che invoca l’aiuto dal Cielo e poi con forza comanda la guarigione, ottenendone l’effetto voluto, con quell’imperativo “Effatà’, ‘Apriti’, che la Chiesa utilizza nel rito del battesimo. Ma l’evangelista vuole portare l’attenzione del lettore sul significato di quest’azione di Gesù sui presenti e quindi anche sul lettore stesso. “E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: “Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!””.

Assistendo a queste ‘opere potenti’, o rinarrandole, il primo gruppo dei discepoli di Gesù prima, e la Chiesa poi, proclama la sua fede in Gesù e ne dice l’origine.  La fede è qui fiducia in Gesù e nella sua ‘buona notizia’: Dio attraverso Gesù sta già operando nella storia degli uomini che hanno bisogno di salvezza e ne hanno consapevolezza. Dove c’è liberazione, per quanto piccola e parziale, lì si anticipa la salvezza finale, lì la potenza di Dio sta guarendo e liberando in concreto il nostro corpo e la nostra storia.

Tutti i racconti di miracoli nei vangeli presuppongono o portano alla fede in Gesù. Talvolta Gesù stesso la chiede, altre volte la scopre nei gesti della gente, altre volte fa esplicite domande su di essa. E’ la fede nell’irruzione della forza del Regno che le ‘opere potenti’ che egli compie manifestano.

Si ha fede in Gesù se si ha fede nella buona novella che egli annuncia e si crede nella forza presente del Regno vedendola agire nelle opere di Gesù (e dei discepoli, nel suo nome). Se la Chiesa ha conservato memoria di tanti racconti di miracoli di Gesù è perché, alla luce della Pasqua, ha capito sempre più profondamente la vicinanza salvifica di Dio che si è donato agli uomini in Gesù.  

+ Adriano Tessarollo