PAROLA DI DIO – Il Signore della vita

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PAROLA DI DIO

Letture: Sap 1,13-15; 2,23-24; Salmo 29; 2Cor 8,7.9.13-15; Mc 5,21-43

Il Signore della vita

Sap 1,13-15; 2,23-24. “Dio ha creato l’uomo immagine della propria natura”.

“Dio non ha creato l‘uomo per la morte”, ma noi moriamo! “Egli ha creato le cose perché esistano”, ma tutte le cose deperiscono! “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità”, ma i nostri corpi si corrompono totalmente quando cessa il respiro! Le affermazioni dell’autore biblico sembrano essere palesemente smentite dall’esperienza. A meno che non ci sia un punto di vista diverso. Due chiavi ci possono aiutare. Ad un certo punto leggiamo: “La giustizia infatti è immortale” e un po’ più oltre: “Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura”. La Giustizia di Dio e il nostro essere Immagine della sua propria natura innalzano anche l’uomo all’immortalità e all’incorruttibilità. La Giustizia di Dio è insieme progetto di salvezza, amore e misericordia ricevuti e donati: tutto questo è immortale e rende partecipi di quell’immortalità. Immagine della natura di Dio significa condividere qualità divine, fra queste l’incorruttibilità. È per questa duplice condivisione che Dio ci ha creati. La morte che toglie questa condivisione della vita divina “è entrata nel mondo per l’invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono”.

Salmo 29. “Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato”.

Alla lettera: “Ti esalterò perché mi hai tirato su dal pozzo”! Il pozzo da cui il Signore ci ha ‘tirati su’ è proprio l’abisso della morte, in cui l’umanità è caduta a causa del peccato. Ma il Signore ci ha liberati e ci fa rivivere in Cristo Risorto. In lui la bontà prevale sulla collera e la sua bontà ci accompagna sempre. Questo dà un orientamento nuovo alla vita: dalla sera al mattino, dal pianto alla gioia, dalla morte alla vita, dal lamento alla danza! Ecco perché lodiamo il Signore che sempre ci viene in aiuto.

2Cor 8,7.9.13-15. “Cristo, da ricco si è fatto povero per arricchire noi”.

Una grande siccità sta colpendo le Chiese della Giudea, allora l’Apostolo Paolo organizza una grande colletta perché le comunità cristiane sparse per l’Europa mandino aiuti alle comunità colpite da questa carestia. Sono comunità che Paolo sa ricche di ogni cosa: fede, parola e esperienza di Dio, grande amore per il Signore e per i fratelli. Per questo ora li invita ad essere ‘generosi e larghi di cuore’ verso i fratelli bisognosi. Il punto di riferimento per regolarsi e lo stesso Gesù Cristo che “da ricco che era si fece povero… perché voi diventaste ricchi…”. Donare vuol dire anche diventare un po’ meno ricchi: “non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza”. Questo scambio di beni materiali comporta anche uno scambio di beni spirituali: gli uni danno beni materiali, gli altri danno beni spirituali.

Mc 5,21-43. “Non temere, soltanto continua ad avere fede”.

Il brano odierno ci propone due racconti nei quali Gesù manifesta la sua misericordia e la sua potenza. L’evangelista Marco li ha concatenati insieme per parlarci così delle qualità della fede incarnate da queste due persone. Entra per primo in scena Giairo con una preghiera a Gesù: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. Gesù si mette in cammino dalla riva del lago verso la sua casa. Mentre cammina, accompagnato da grande folla, Gesù esce con una esclamazione: “Chi ha toccato le mie vesti?”. Ai discepoli tale domanda sembra ridicola, ma non per Gesù. Quel toccare non era frutto di ressa ma di fede e speranza. Questa donna sapeva che la sua malattia doveva impedirgli di mischiarsi con le altre persone, ne doveva stare lontana, invece lei si era azzardata, per la sua fede in Gesù, ad avvicinarsi a Lui, ma solo stando dietro alle sue spalle. Ed ecco ora, tutta tremante, dopo avere sentito in sé il frutto di quel contatto, si sente costretta a dire “tutta la verità”. E Gesù conclude quell’incontro annunciando il frutto di quell’incontro: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”, cioè liberata dal suo male e accolta amorevolmente come figlia. Il rallentamento della marcia di Gesù verso la casa della piccola malata sembra far precipitare la situazione. Giungono a Giairo brutte notizie: “Tua figlia è morta”. A quel punto tutti gli dicono: “Perché disturbi ancora il Maestro?”. Guarire era possibile, e lo facevano in tanti, ma una volta sopraggiunta la morte non c’era più nulla da sperare. Qui la fede di Giairo è messa a dura prova e Gesù interviene per sostenerlo: “Non temere, solo continua a credere”. Per questa fede Giairo continua ad accompagnare Gesù fino a dove era la bambina. Gesù fa una strana affermazione che provoca il riso sarcastico dei presenti: “La bambina non è morta ma dorme”. Ma Giairo continua a credere e a sperare. Ed ecco il gesto e la parola che operano il miracolo: Gesù prende la bambina per mano e le dice “Talità Kum” (bambina, alzati). Ed eccola in piedi a camminare e mangiare. È stata risvegliata dal sonno della morte, annuncio che Cristo vince anche la morte per sé e per noi. Crediamo noi questo? E quale è la nostra fede?

+ Adriano Tessarollo