PELLEGRINAGGIO AL SANTO. L’omelia del vescovo

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PELLEGRINAGGIO AL SANTO. L’omelia del vescovo

Preghiera del cuore

Venerdì 5 giugno l’annuale pellegrinaggio diocesano alla basilica di S. Antonio a Padova ha visto la partecipazione di moltissimi fedeli accompagnati da una trentina di sacerdoti che hanno concelebrato con il vescovo Adriano la messa alle 18. Una ventina i pullman organizzati dalle parrocchie e circa 4500 i fedeli presenti in basilica. Al termine della messa la venerazione dell’arca. Riportiamo il testo dell’omelia di mons. Adriano Tessarollo, incentrata sul valore della preghiera.

Cari confratelli, fratelli e sorelle, ogni anno ci ritroviamo qui a pregare insieme, in nome della nostra devozione a Sant’Antonio. Oggi vorrei soffermarmi anzitutto sul tema della preghiera, alla scuola del Santo di Padova. Nei ‘discorsi’ del Santo, la sua attenzione sulla preghiera è dominata innanzitutto dal senso della vita totalmente orientata in Dio. Questo fondamentale e totalizzante orientamento di tutto a Dio per Antonio si chiama “preghiera”, cioè quasi un continuo salire nei pensieri e nelle azioni verso Dio.  Il santo dice di pregare per “dovere”, ma poi sempre raggiunge la convinzione che diventa senso e gusto della preghiera e matura sempre più la capacità di pregare. Antonio pratica per primo quanto insegna, e non cessa di domandare in ogni momento, persino nell’atto stesso della predicazione, l’aiuto misericordioso del Signore. Per il santo la preghiera quindi è anzitutto un rapporto di amore, che crea un’intima unione con la persona amata (cioè tra Dio e l’uomo) e spinge poi a colloquiare dolcemente con lei provocando una gioia ineffabile, mentre come da una luce è avvolta l’anima che prega. La preghiera per lui è un moto soprattutto del cuore che, impregnando di calore la mente, converte l’incontro con Dio in un colloquio di amore. La preghiera con Dio esige la presenza di tutte le facoltà dell’anima. Il primato però rimane sempre del cuore. Così, alla definizione corrente, Antonio preferisce l’idea di preghiera come “elevazione del cuore”; ma non trascura la comprensione della mente illuminatrice del cuore nel suo itinerario verso Dio. Illustrando il testo paolino di 1 Timoteo 2,1: “Ti raccomando, dunque, prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti”, Antonio distingue vari passaggi nella preghiera. La preghiera  iniziale  esprime i sentimenti dell’anima che vuol propiziarsi Dio. Prosegue poi con il contatto affettuoso con Dio. Entrata in fase di confidenza, l’anima passa alla domanda. Antonio tiene a precisare che il raggio della richiesta trascende le cose della terra, poiché si estende allo stesso Infinito, oggetto supremo di ogni desiderio. “Chiedere Dio a Dio”: questa è, per ordine di dignità, la prima delle domande che dovrebbe stare alla base di ogni domanda. Qui il santo, effondendo ancora una volta il suo animo, sottolinea il cristocentrismo della sua preghiera, che è un aspetto di quel cristocentrismo spirituale tanto evidente nei suoi scritti e da lui condensato in un’espressione pregna di senso: Cristo ci è stato dato dal Padre perché “viventi per lui, lo amassimo; senza di lui il vivere è morire”. L’ultima fase della preghiera è la gratiarum actio, la lode. Una lode che non viene mai meno, poiché s’identifica con la stessa carità e con l’orazione senza interruzione, quale canto perenne di gratitudine che sale dalla stessa vita dell’anima beneficata. La sua confidenza nella preghiera nasce dalla certezza che Dio è misericordioso.

Per lui “Misericordioso è chi prova dolore per la sofferenza altrui”.

Ricorda che triplice è la misericordia del Padre celeste verso l’orante:  Iddio, nel tempo della tribolazione, infonde una grazia che refrigera l’anima e perdona i peccati;

inoltre, la misericordia di Dio con l’avanzare del tempo si dilata sempre più; alla fine ti incorona di gloria eterna.

Poi Antonio la applica la misericordia anche all’orante che viene portato ad essere così verso il prossimo: “Anche tu sii buono con il prossimo: perdona se pecca contro di te; istruiscilo, se lo vedi allontanarsi dalla verità; se è bisognoso, soccorrilo. Sii dunque misericordioso, come lo è il Padre tuo”.

Infine, proprio in riferimento alla misericordia, Sant’Antonio, nei suoi Sermoni, scrive un bellissimo elogio della confessione:  “Il sacramento della penitenza è chiamato casa di Dio, perché i peccatori vi si riconciliano con lui, come il figlio prodigo si concilia con il padre suo che lo accoglie nuovamente in casa. È pure chiamato porta del paradiso, giacché attraverso la confessione il penitente viene introdotto a baciare i piedi, le mani, il volto del Padre celeste. O casa di Dio! O confessione, porta del paradiso! Beato chi abita in te, beato chi entra in te! Umiliatevi, miei fratelli, ed entrate per questa porta santa”.

+ vescovo Adriano

(Foto Mirella Boscolo)