PAROLA DI DIO – Ecco il mio corpo e il mio sangue

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PAROLA DI DIO

Letture: Es 24,3-8; Sal 115,12-18; Eb 9,11-15; Mc 14,12-16.22-26.

Ecco il mio corpo e il mio sangue

Es 24,3-8. “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi…”.

In  Esodo 24,1-11 troviamo associati due rituali di conclusione di alleanza. Il primo, descritto in 24,1-2.9-11, è rappresentato da un pasto di comunione tra i contraenti. Il secondo, descritto in 24,3-8, e scelto dalla liturgia odierna, è rappresentato dal rito del sangue. Gesù, nell’Ultima Cena, assocerà entrambi i riti, sia il pasto di comunione come il rito del sangue, per significare il senso della sua morte e risurrezione e le nuove relazioni che esse producono tra Dio e la comunità dei suoi discepoli. L’alleanza è un vincolo libero che due contraenti vogliono assumere per vivere tra di loro ‘relazioni di comunione e di pace.’ Per questo le condizioni sono proposte dal Signore preventivamente: “Mosè andò a riferire al popolo tutte le parole del Signore. Tutto il popolo rispose insieme: “Tutti i comandi che ci ha dati il Signore noi li eseguiremo””. Solo dopo l’accettazione da parte del popolo si procede alla conclusione del patto.  Viene allora redatto il documento dell’alleanza, vengono preparati l’altare, simbolo della presenza di Dio e 12 pietre simbolo delle 12 tribù d’Israele. Alcuni giovani incaricati preparano il sangue nel quale l’alleanza sarà sancita. L’aspersione del sangue è la parte centrale del rito: metà del sangue viene sparsa sull’altare, simbolo della presenza di Dio, e l’altra metà viene sparsa sul popolo, accompagnata da queste parole: “Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole”. Parola e rito dicono che grazie all’alleanza tra Dio e popolo è nata una comunione vitale, significata dall’unico sangue, simbolo di vita, che accomuna Dio e popolo. Alleanza è dunque comunione di vita che Dio offre e insieme impegno del popolo che accetta di ‘osservare’ la sua Parola.

Sal 115,12-18. “Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”.

Come rendere grazie al Signore per il dono dell’Alleanza che si è offerto di concludere col suo popolo? “Alzerò il calice della salvezza”. Il nostro pensiero va all’espressione di san Paolo “il calice della benedizione che noi benediciamo” (1Cor 10,16), riferimento al sacrificio di Cristo che noi riviviamo nel Pasto dell’Eucaristia. “Il Memoriale” occupa nel culto cristiano un posto determinante: significa rivivere e rendere attuali gli avvenimenti della storia della nostra salvezza. Il nostro mangiare dell’unico pane e bere all’unico calice diventa il nostro partecipare al sacrificio di Cristo e nel contempo condividere e realizzare la comunione nel Signore, anche oltre la morte. E’ questo il rendimento di grazie per eccellenza che la Comunità cristiana può innalzare a Dio per tutti suoi benefici.

Eb 9,11-15. “Per questo egli è mediatore di una nuova alleanza”.

La nuova Alleanza sostituisce il culto dell’Antica Alleanza: nuovo sommo sacerdote, altra tenda, altro sangue, altra entrata: tali sono gli elementi della prima frase (9,11-12). La seconda frase (9,13-14) comincia con allusioni supplementari al culto antico e prende la forma di un ragionamento a fortiori. L’offerta di Cristo non è stata un “rito di carne”, ma un atto realizzato sotto l’impulso dello “spirito eterno”, e che, efficace a livello della “coscienza”, apre la via a un “culto” autentico che crea effettivamente la riconciliazione e la comunione. Tutta la vita di Cristo è vista come azione cultuale: incarnazione/morte/risurrezione/ascensione. Il passaggio tra il Cristo terreno e il Cristo glorioso è stato possibile grazie alla trasformazione sacrificale riuscita: mentre i sacrifici antichi si rivelavano incapaci di rendere perfetto l’offerente, Cristo ha avuto a sua disposizione una tenda “più perfetta”, il suo stesso corpo. L’offerta di Cristo non è stata offerta di doni e sacrifici esteriori, ma offerta di ‘se stesso’: per mezzo della morte/risurrezione Cristo è diventato il nuovo tempio che ha reso l’umanità capace di una comunione perfetta con Dio; ora l’essere umano rinnovato diviene una tenda nella quale si incontra Dio. Ecco la redenzione eterna. La morte di Cristo è diventata realizzazione della nuova alleanza, offerta di purificazione, compimento delle promesse dei profeti. Ponendo il sangue di Cristo in rapporto all’alleanza il testo assume la prospettiva dei racconti dell’ultima cena, dove  sangue e alleanza sono accostati: per l’autore l’avvenimento del Calvario è quel reale avvenimento dell’esistenza di Cristo che è  il fondamento della nuova alleanza, continuamente resa attuale, nell’eucaristia.

Mc 14,12-16.22-26. “Prendete, questo è il mio corpo. Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza”.

Non era la prima volta che Gesù a Gerusalemme celebrava la pasqua con i suoi discepoli. Mangiando con loro il pane, le erbe, la salsa, l’agnello e bevendo la coppa della benedizione, aveva con loro reso grazie a Dio per la liberazione operata nel passato, in attesa di quella definitiva. La pasqua di quell’anno si presentava per Gesù e i discepoli con un’attesa tutta speciale. I preparativi della cena pasquale sono stati fatti con la solita cura, ma in maniera più guardinga, perché non tiravano buone arie per Gesù in quei giorni a Gerusalemme. Meglio preparare tutto senza dare troppo nell’occhio; quella cena pasquale era importante e doveva essere fatta! Durante la cena Gesù ripete il rituale solito della pasqua ma cambia le parole che spiegano i riti. “Mentre mangiavano prese il pane e, pronunciata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro dicendo: “Prendete, questo è il mio corpo”. Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse: “Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio””. I discepoli presenti si saranno chiesti: ‘Ma cosa vuole dire con questo?’ Gesù quella sera era piuttosto turbato e strano! Ma ritorneranno su quelle parole e su quei gesti qualche tempo dopo. Gli avvenimenti della morte e risurrezione, la luce dello Spirito Santo e il confronto con le Scritture Sacre, li metteranno sulla giusta comprensione. Gesù s’identificava con quell’agnello pasquale e con quel pane che egli offriva loro. Gesù, con la sua morte stava per diventare la vittima della definitiva liberazione, il pane del banchetto che riunisce Dio e gli uomini in comunione d’amore, di perdono e di vita. Quel vino della coppa, rosso come il sangue, annunciava che dalla morte di Gesù sarebbe scaturito un rapporto nuovo tra Dio e il suo popolo, fondato non più sul sangue di animali o sulle leggi, ma sul suo perdono. Proprio quell’imminente morte di Gesù per i suoi avrebbe reso possibile una nuova condivisione di vita e di comunione dei discepoli con il loro Maestro e tra di loro. Quel pane offerto da Gesù ai discepoli sarebbe diventato il pane del perdono del Signore, il pane della comunione, il pane della sua compagnia, il pane della vita eterna. Quel calice di vino passato di bocca in bocca sarebbe diventato la condivisione del discepolo al destino di Gesù, offerta di se stessi in sacrifico d’amore condiviso fino al dono totale e comunione totale con il Padre, nel Banchetto senza fine.

  + Adriano Tessarollo