Parola di DIo – Il Buon Pastore offre la vita

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PAROLA DI DIO – Letture: At 4,8-12; Salmo 117; 1 Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

Il buon pastore offre la vita

At 4,8-12. “In nessun altro c’è salvezza”.

Dopo l’arresto degli apostoli la sera stessa della guarigione dello storpio al tempio, il mattino seguente c’è una specie di giudizio. A Pietro, capo del gruppo, tocca la difesa sotto gli occhi della gente ma davanti ai capi religiosi. Luca annota subito il coraggio di Pietro, “pieno di Spirito santo”. E’ presente anche lo storpio guarito. Pietro risponde non solo sulla guarigione fisica dello storpio, ma “sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli sia stato salvato”. E’ chiaro l’intento di Luca nel riferire questo discorso di Pietro: partendo dalla guarigione fisica dello storpio egli si propone di portare il popolo a riconoscere che la salvezza definitiva e totale dell’uomo, nel disegno di Dio, è operata soltanto da Gesù per tutti gli uomini. E’ in gioco la fede in Gesù. In quel Gesù Cristo, il Nazareno (formula solenne) risalta il contrasto tra l’operare dei giudei (“che voi avete crocifisso”) e quello di Dio (“che Dio ha risuscitato dai morti”). Il contrasto tra il loro agire e quello di Dio viene poi confermato con la lettura cristologica del Sal 117,22: “la pietra scartata da voi, costruttori, è divenuta testata d’angolo”. Quel Gesù che essi hanno rifiutato, Dio lo ha posto a fondamento della nuova costruzione, il nuovo popolo dei salvati: “in nessun altro c’è salvezzanon vi è altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati”.

Salmo 117. “La pietra scartata dai costruttori ora è pietra angolare”.          

Ancora altre strofe del salmo 117 già utilizzato nella domenica di pasqua e nella IIª di pasqua, per cantare il mistero pasquale come opera nella quale il Padre manifesta il suo grande amore.

1 Gv 3,1-2. “Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio”.

Due versetti della Prima Lettera di Giovanni che sono una contemplazione estasiata di quello che già siamo e di quello che saremo. L’autore esprime ammirazione per la nostra (l’autore include se stesso) condizione presente di “figli di Dio”, di cui è causa l’amore di Dio per noi, e prospetta la condizione futura: vedere Dio e scoprirsi simili a Lui. Dio è chiamato ‘Padre’ non in rapporto al Figlio ma agli uomini, ai quali ha fatto il dono di essere figli: dono che rivela il suo grande amore. Se al presente il suo amore si è rivelato grande rendendoci figli, in futuro si rivelerà grande con l’ulteriore dono di poterlo vedere faccia a faccia, realizzando così la profonda aspirazione umana espressa da Mosè: “Mostrami la tua Gloria” (Es.33,18). Mosè poté contemplare Dio solo nelle sua azione benevola e liberatrice: non avrebbe potuto “vederlo e restare vivo”. Noi, superando quanto detto in Es 33,20, scrive Giovanni, potremo vederlo “così come egli è”.  Il ‘vedere’ giovanneo (vedere il regno, vedere Dio…) significa conoscere, esperimentare, partecipare.

Gv 10,11-18. “Il buon pastore offre la vita per le pecore”.

Quest’anno nella domenica del ‘Buon Pastore’ ascoltiamo il brano di Gv 10,11-18. Gesù è definito “Buon Pastore”: il brano delinea le qualità e l’azione di Gesù ‘buon pastore’. La prima volta l’espressione “Io sono il buon pastore” (v. 11) è utilizzata in riferimento all’azione stessa di Gesù (11-13): Gesù pastore buono (vero) pronto a morire per proteggere le pecore. Nei vangeli sinottici troviamo la parabola della ‘pecora smarrita’, per la quale il pastore lascia l’ovile per cercarla nei luoghi pericolosi dove essa si è smarrita. In Giovanni 10,11-13 la premura ed il rischio del pastore sono portati fino a dare la vita. E’ questa estrema disponibilità di Gesù per i suoi a fare la differenza tra chi è “buon pastore”, cioè vera guida per il suo popolo per offrirgli vita e salvezza, e chi invece è a capo del popolo per sfruttarlo a vantaggio personale. E’ chiaro riferimento al richiamo del profeta Ezechiele (34) che rimprovera i capi e le guide del suo popolo: essi non sono veri pastori che curano e difendono il gregge, ma lo sfruttano e lo abbandonano in balìa degli sfruttatori. La figura del lupo che rapisce e disperde le pecore suggerisce l’idea che il gregge si troverà prima o poi esposto a pericoli. La figura del mercenario si contrappone a quella del pastore vero, proprio per la sua disponibilità a rischiare la propria vita fino alla morte per le sue pecore; mentre il mercenario, al contrario, è qualificato traditore perché nel momento di difendere il gregge egli fugge, lasciando il gregge alla sua sorte.

La seconda volta l’affermazione “Io sono il buon pastore” (14) è seguita da una spiegazione con sfumature diverse. Questa volta Gesù è buon pastore perché egli conosce ad una ad una le sue pecore, per le quali egli dà la vita. La relazione di Gesù con i suoi discepoli è modellata su quella del Padre: sarà quindi caratterizzata dal profondo legame tra Gesù ed i suoi discepoli. Scopo di questa relazione (conoscenza) è la comunione che ha fondamento nella loro unione con Gesù e col Padre. Parlando di “altre pecore che non appartengono all’ovile” Gesù pone il problema dell’annuncio del Regno come missione della Chiesa nei confronti dell’umanità. Cristo dunque è buon Pastore per la sua disposizione a dare la sua vita perché i discepoli l’abbiano in pienezza. E’ la sua pasqua il sacrificio che dà salvezza. Ma ogni ‘buon pastore’ dopo di Lui sarà posto a difesa e protezione dei fedeli di fronte ai ‘lupi’ che possono rapire e disperdere il gregge loro affidato. Leggiamo in Atti degli Apostoli 20,28-29 l’invito di Paolo ai capi delle comunità: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come guardiani a pascere la chiesa di Dio, che egli si è acquistata con il suo sangue. Io so che dopo la mia partenza entreranno fra voi lupi rapaci che non risparmieranno il gregge…”. Gli fa eco l’apostolo Pietro (1 Pt 5,14): “Esorto gli anziani che sono tra voi…: pascete il gregge di Dio che vi é stato affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri… non per vile interesse ma di buon animo… non spadroneggiando… ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona di gloria che non appassisce”. Ecco il ministero di coloro che nella Chiesa sono costituiti pastori perché imitino e prolunghino l’azione di Cristo Pastore.

+ Adriano Tessarollo