Lavoro, questione seria e urgente Presentazione della “Nota”

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Lavoro, questione seria e urgente Presentazione della “Nota”

I VESCOVI DEL TRIVENETO CI SCRIVONO IN VISTA DEL 1° MAGGIO

In vista del 1° maggio, giornata tradizionalmente dedicata al mondo del lavoro, la Conferenza dei Vescovi del Triveneto ha reso pubblica una sua “Nota pastorale” sul tema “Il lavoro in tempo di cambiamenti. La Chiesa vicina”. Si tratta di un intervento autorevole che, oltre a testimoniare l’attenzione delle Chiese diocesane per la crisi che ha investito il mondo della produzione e del lavoro, intende affrontare, con sensibilità etica e religiosa, alcuni nodi che, se non vengono sciolti, rischiano di costituire dei paralizzanti handicap nello sviluppo futuro del Triveneto.

Il documento evidentemente non affronta tutte le problematiche inerenti all’attuale situazione del mondo del lavoro, limitandosi ad affrontarne alcune che sono state ritenute particolarmente bisognose di essere prese in seria e attenta considerazione. La Nota si apre con l’amara constatazione che le popolazioni del Triveneto – che un tempo, forti di un ricco patrimonio di valori umani e religiosi, erano riuscite a far fronte con successo alla ricostruzione dopo il dramma della seconda guerra mondiale – sembrano oggi come “improvvisamente impreparate ad affrontare una situazione di difficoltà economica e a fare i conti con una severa crisi occupazionale. E sembrano come incapaci di far fronte al come e al dove attingere le risorse materiali e di senso necessarie per essere in grado di affrontare un momento così prolungato di difficoltà” (n. 1). Per uscire da una situazione di oggettiva difficoltà, i Vescovi ritengano che sia necessario ripartire da una concezione alta e adeguata del lavoro umano, richiamando nel documento gli insegnamenti di Papa Benedetto XVI, cioè “la necessità di avere chiari i criteri per i quali un lavoro può essere definito «decente» e la necessità di ripensare anche il modello economico complessivo, affinché esso non produca «costi umani» insostenibili, primo fra tutti la perdita generalizzata per enormi masse di persone della possibilità di lavorare decentemente…. Sono esigenze di estrema attualità, che devono continuamente essere tenute presenti e ribadite” (n. 3).

Il documento poi continua con un richiamo molto esigente, dove afferma che, di fronte agli incisivi cambiamenti intervenuti negli ultimi anni nel mondo del lavoro, sia necessario mantenere saldo il quadro etico-valoriale di riferimento, quadro che consente adeguate comprensioni e interpretazioni. Indubbiamente i cambiamenti intervenuti con l’avvento e il consolidarsi della globalizzazione vanno affrontati e governati con serenità e lungimiranza, senza demonizzazioni, anzi considerandoli come delle opportunità. Tuttavia questo non basta affermano i Vescovi che, in un felicissimo numero del documento, richiamano e indicano il quadro etico-culturale di riferimento quale condizione per rendere il cambiamento autenticamente umano e umanizzante. A questo proposito, vale la pena riportare per intero il testo: “Come Vescovi riteniamo che, nelle nostre regioni e in generale nel nostro Paese, debba essere custodito l’alto valore assegnato al lavoro; la sostanza dei diritti fondamentali dei lavoratori, pur nella necessità di adattarne le forme giuridiche; la dimensione comunitaria e solidale del lavoro e della stessa impresa, argine all’individualismo e alla frammentazione; la consapevolezza che il lavoro ha il primato sul capitale e che l’uomo ha il primato sul lavoro; la convinzione (espressa tra l’altro nella Costituzione italiana) che il lavoro deve servire anche al mantenimento della famiglia; l’armonizzazione tra il lavoro e la vita complessiva della persona che lavora, rispettando il riposo e il tempo della festa; il far procedere di pari passo e in feconda connessione le politiche del lavoro e quelle della famiglia; la crescente sensibilità per la custodia del creato, elemento imprescindibile per la vita stessa dell’uomo; la possibilità reale e concreta di strumenti di previdenza sociale; la stima assegnata alla capacità di fare impresa; la sensibilità verso l’economia civile e solidale e l’apprezzamento per quelle imprese che non hanno come unico obiettivo la massimizzazione del profitto” (n. 7).

La parte centrale del testo è riservata al tema del rapporto tra lavoro e denaro e costituisce indubbiamente la parte più innovativa e stimolante della Nota. L’ispiratore di questa sezione del documento è Papa Francesco che “ha pronunciato un «no» chiaro all’«idolatria del denaro» e al denaro che, idolatrato dall’uomo, «governa invece di servire». E ha richiamato, proprio parlando di questo, l’importanza dell’etica e prima ancora di Dio, come antidoto al dominio del denaro e del potere e come fattore che «consente di creare un equilibrio e un ordine sociale più umano». E ci ha ricordato come l’etica viene oggi quasi disprezzata, proprio perché relativizza il denaro e il potere; essa ha la possibilità di liberare dalla schiavitù, anche dalle regole impersonali assolutizzate del mercato” (n. 9). Sono tre le affermazioni più rilevanti.

Ogni lavoro fatto secondo gli accordi va pagato, e va pagato in tempi ragionevoli. Scrivono i Vescovi a questo proposito: “Sembra una banalità, ma il contatto quotidiano con tante persone ci fa percepire come questo meccanismo normale abbia subito una grande deformazione. Tante imprese dei nostri territori sono entrate in crisi per questo motivo, spesso vittime di un agire premeditato da parte di altri soggetti. La deformazione di questo meccanismo è proporzionale all’erosione complessiva del capitale di fiducia reciproca nei rapporti sociali odierni. Dobbiamo tutti ripartire ripristinando un’etica nei rapporti economici, onorando la fiducia accordataci e dandola a nostra volta” (n. 10).

Verificare sempre l’intenzione con la quale si investe il proprio denaro, lo si presta, lo si utilizza. Su questo punto scrivono i Vescovi: “Si può investire per generare profitto veloce per se stessi oppure per produrre un insieme di beni – lavoro, processi, prodotti – durevole nel tempo e a beneficio di tanti… La prevalenza dell’una o dell’altra modalità dipende anche dalla moralità e dai valori di chi agisce, sebbene poi appaiano impersonali i meccanismi in cui si struttura ad esempio il sistema creditizio. Dobbiamo tenere sempre a mente che solo una delle due modalità di investire e prestare denaro creerà lavoro vero e dignitoso” (n. 11).

Combattere la corruzione. Dure e inequivocabili le parole dei Vescovi: “La corruzione compromette e distrugge il lavoro buono e favorisce quello di scarsa qualità; penalizza gli onesti, non promuove i talenti, non libera energie, mette a repentaglio la fiducia e il patto democratico e a rischio intere generazioni, impoverisce il tessuto economico: tutti fenomeni che si scaricano impietosamente sui più deboli, incolpevoli. Il nostro appello qui è accorato: convertiamoci tutti, anche da quelle scorciatoie che a volte sembrano innocue, ma che sono il terreno di coltura della corruzione più eclatante. La corruzione è un danno troppo grande; chi apparentemente se ne avvantaggia, deve ricordare che il vantaggio è solo temporaneo, solo materiale, e distrugge l’anima” (n. 12).

La parte conclusiva del testo ha un’intonazione prevalentemente pastorale e riserva un’attenzione privilegiata nei confronti del mondo giovanile, che risulta essere quello più esposto alle conseguenze negative dei cambiamenti intervenuti nel mondo del lavoro e quello meno preparato sul piano etico e culturale ad affrontarli adeguatamente. È in questo quadro di spiccata sensibilità pastorale che si colloca l’invito che i Vescovi rivolgono alle comunità cristiane ad essere “luoghi dove si ascolta, si approfondisce e si annuncia il Vangelo del lavoro, espresso nella tradizione del pensiero sociale cristiano. Luoghi dove si educa al lavoro e ai suoi valori fondamentali, alle sue dimensioni umane e cristiane, al suo senso profondo; dove, per questo, si fa anche in qualche modo esperienza concreta di ciò che può allenare al lavoro; spazi dove si parla di lavoro, dove si condividono le difficoltà e le preoccupazioni alla luce del Vangelo, e dove si possono mettere insieme idee e risorse” (n. 14,1).

+ Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo di Trieste
Presidente della Commissione Pastorale Sociale della CET