COMMENTANDO… (n.6-2015)

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COMMENTANDO… (n.6-2015)

Il bene è pienezza, il male imperfezione

In questi giorni l’Italia ha avuto il suo nuovo ‘Presidente della Repubblica’, nonostante le baruffe sul metodo di scelta e le inconciliabili posizioni politiche di chi dice: ‘Non è il mio Presidente’.  Resta il fatto che in democrazia, una volta eletto, è il presidente di tutti. Nell’insieme sono stati espressi tanti giudizi positivi a livelli più alti e anche popolare. Ma sempre poi, dopo i giudizi di rispetto, simpatia e stima per competenza, semplicità, onestà, coerenza politica, ecco spuntare fuori l’aggiunta di un “sì… ma…” in riferimento al fatto di stipendi, pensioni, vitalizi, che sommati insieme, e per tanti anni, raggiungono cifre molto grosse. E naturalmente la domanda: ‘Accetterà anche il nuovo stipendio…?’  Mi viene in mente l’affermazione di san Tommaso: “Il bene è pienezza di essere” (Bonum ex integra causa), mentre il male è “imperfezione dell’essere” (malum ex quocumque defectu). E’ come quando vai a comprare qualcosa, lo vuoi tutto a posto, allora è bello; altrimenti se c’è un piccolo difetto, allora non lo prendi “sarebbe bello, ma….ha un difetto!”.

Ormai, la coscienza popolare non accetta più l’idea che l’impegno nella vita pubblica, sia politico che amministrativo e giudiziario, debba essere cercato, raggiunto o anche accettato come occasione di arricchimento sproporzionato personale o dei propri familiari. Lo stesso vale anche, o tanto più, per il servizio nella Chiesa. La scelta di scendere in politica o di prendersi cura della pubblica amministrazione o della giustizia dovrebbe coincidere con l’ideale del servire la propria città, la propria popolazione, la propria nazione, fino ai larghi orizzonti del bene dell’umanità. Si sa che con il proprio lavoro ognuno deve poter provvedere a se stesso e alla sua famiglia, con il desiderio di offrire ai suoi una condizione di vita dignitosa. Ma l’orizzonte dell’impegno politico è operare per creare le condizioni perché tutti possano avere ciò che è necessario alla vita propria e alla propria famiglia, perché tutti possano avere l’istruzione, la cura della salute, la casa in cui vivere, un sano ambiente di vita, e così via. Quando ci sono situazioni di palese disparità tra la retribuzione di chi dice di perseguire questo ideale e quella di coloro cui egli intende ‘servire’ e con il contributo o tasse dei quali egli è remunerato, allora scatta una certa diffidenza o delusione. Come non sentire il disagio nell’approvare o richiedere per sé leggi così discriminatorie nei confronti degli altri? Quanta forza morale ci vuole per coltivare nella coscienza della persona e della società e praticare nella realtà l’idea di un ‘galleggiante morale’ che segnali all’individuo quando sta per andare in rosso ma anche il “troppo pieno”! Nel primo caso dovremmo darci da fare per provvedere al rifornimento, magari stringendo i denti, ma nel secondo caso, dovremo anche avere la capacità di fermare l’erogazione, evitare di sperperare ciò che va oltre e passare poi a offrire il rifornimento a chi è in riserva o già in secca! Fuori immagine, sarà possibile che si riesca a dire ‘mi basta e avanza’ e pensare a chi invece è nella povertà se non nella miseria e disperazione?

Forse c’è bisogno di ridare senso al ‘fare politica’ o ‘servire lo Stato’, cioè servire il bene e la dignità di tutti. Sarà questo nuovo atteggiamento che potrà fare riprendere la stima per la politica e per il servizio pubblico e per le persone che in essi sono impegnate. Si tratta di rendere trasparente il fine per il quale si assume questo impegno che viene affidato, senza che esso diventi la caccia di un posto per assicurarsi vantaggi personali sia durante il servizio che dopo cessato il servizio. E’ un pensiero che fa bene a tutti.   

+ Adriano Tessarollo