ALLA SCOPERTA DELLA BIBBIA (53)

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ALLA SCOPERTA DELLA BIBBIA (53)

Lettera di Giacomo

Tra gli esegeti si discute vivacemente chi sia questo Giacomo. Il Nuovo Testamento conosce tre discepoli di Gesù con questo nome: Giacomo il maggiore, fratello di Giovanni, che però non può essere l’autore dello scritto perché fu giustiziato da Erode Agrippa I già nell’anno 44; Giacomo di Alfeo e Giacomo fratello del Signore (o Giacomo il minore), capo della chiesa di Gerusalemme. Giuseppe Flavio racconta che quest’ultimo morì lapidato nel 62. Se la lettera è realmente uno scritto di Giacomo, il suo autore dovrebbe essere questo Giacomo fratello del Signore, vescovo di Gerusalemme. L’au­tore dello scritto mostra di essere un esperto conoscitore del giudaismo e degli insegnamenti di Gesù. Si rivolge ai cristiani di origine ebraica sparsi nel mondo, suppone che la Bibbia sia loro familiare e la cita abbondantemente. Gli studiosi che attribuiscono la lettera a Giacomo il minore la fanno risalire a prima del 62, quanti non sono d’accordo su questa attribuzione la fanno risalire alla fine del I secolo.

La lettera ha come destinatarie le dodici tribù della diaspora (1,1). Gli elementi cristiani sono così poco espliciti che alcuni sono arrivati a dubitare della sua origine cristiana. La forma epistolare della lettera è ridotta al minimo, ha più l’aspetto di un’omelia ed echeggia lo stile profetico e sapienziale dell’Antico Testamento. Nonostante la forte accentuazione giudaica e la rarità del nome «Gesù» (1,1; 2,1), è uno scritto impregnato di spirito cristiano, e non mancano accostamenti al discorso della montagna. L’autore esorta alla pazienza nelle sofferenze, alla resistenza nella tentazione, all’amore fattivo verso il prossimo; condanna la tentazione di introdurre nella comunità differenze di classe privilegiando i ricchi e invita a controllare la propria lingua (cfr. le «chiacchiere» di Papa Francesco). Una parola sbagliata detta pubblicamente può avere ripercussioni gravi. Una osservazione avventata, velenosa, diffamante può scatenare forze incontrollabili (cfr. 3,1-12). E’ importante il testo relativo all’unzione degli infermi (5,14-15).

La situazione dei destinatari doveva essere caratterizzata da una certa rilassatezza morale, da un calo di impegno e entusiasmo rispetto ai primi momenti della conversione cristiana e dalla prepotenza di alcuni che erano molto ricchi. Forse si era diffusa un’interpretazione troppo unilaterale della predicazione di Paolo: si dava importanza alla fede, ma si trascurava il valore delle opere, e proprio per questo si sottolinea che la fede senza le opere è morta e inutile. Per questa insistenza sulle opere, si è voluto mettere Giacomo in opposizione a Paolo (cfr. Gc 2,14 e Rm 3,28). Lutero la definì «epistola di paglia». Bisognerebbe però domandarsi se questa antitesi tra Giacomo e Paolo sia legittima. Infatti le opere di cui Giacomo parla sono certamente alimentate dalla fede, e d’altro canto la fede in Paolo non è pura ideologia, ma reale comportamento tradotto in opere. 

Lettera di Giuda

I destinatari della lettera sono vagamente indicati e lo scritto ha un andamento omiletico, con uno stile vivo e pittoresco. L’autore si presenta come Giuda, servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo (v. 1), vescovo di Gerusalemme. L’autore è molto probabilmente un giudeo-cri­stiano, ha infatti una buona conoscenza della tradizione ebraica e apocrifa (cita l’Assun­zione di Mosè e il Libro di Enoc). La lettera è rivolta a un gruppo di cristiani minacciati da persone che si sono «infiltrate» nella comunità e che cercano di dividerla con false dottrine. Si tratta di individui che pretendono di possedere una conoscenza superiore (gnostici), sono ostili all’au­torità, avidi di guadagno, egoisti e pronti a sostenere le tesi più assurde, se la cosa fa loro comodo. Contro costoro il cristiano deve mettere in azione le proprie difese: essere fedele alla tradizione ricevuta, pregare, affidarsi alla potenza dello Spirito e vivere nella speranza del ritorno del Signore. L’epoca di composizione della lettera si aggira intorno all’anno 100. Lo scopo che l’autore si prefigge è quello di difendere la comunità dall’eresia e di irrobustirne la fede. La lettera è una preziosa testimonianza dello sforzo della Chiesa teso a conservare puro il Vangelo. (53. segue)

Gastone Boscolo