SPECIALE Vita Consacrata

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SPECIALE Vita Consacrata

-Anno della Vita Consacrata

-Il significato del logo

-Noi, contemplative, siamo “scomode”

 

 

Anno della Vita Consacrata

Il 2015 dedicato a chi offre la propria vita al Signore

Una gradita sorpresa è stato l’annuncio dato da papa Francesco, il 29 novembre del 2013, a conclusione dell’incontro con i Superiori generali, tenuto nell’aula del Sinodo in Vaticano: l’indizione, cioè, per il 2015 di un anno dedicato alla vita consacrata.

Si è subito percepito che si trattava di un grande dono e di una straordinaria opportunità che venivano offerti alla vita consacrata e, di conseguenza, anche alla Chiesa stessa, perché la vita consacrata appartiene fermamente alla vita, alla santità e alla missione della Chiesa (cf LG 44 e VC 3). Promuovere la vita consacrata significa perciò contribuire efficacemente alla missione della Chiesa e, in particolare, alla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, alla diffusione cioè della gioia del vangelo.

Il fatto che in tutta la Chiesa si rifletta sul dono e sul senso della vita consacrata rappresenterà un’occasione particolare per la comprensione dell’identità di questa vocazione nella Chiesa e per la conoscenza dei molteplici carismi che la caratterizzano.

L’Anno della Vita Consacrata, pensato nel contesto dei 50 anni del Concilio Vaticano II, in particolare nella ricorrenza dei 50 anni del Decreto conciliare Perfectae caritatis sul rinnovamento della vita consacrata, è occasione per: far memoria grata del nostro passato; abbracciare l’avvenire con speranza; vivere il presente con passione in modo che il nostro amore, vero e sincero, riesca a riscaldare il nostro mondo scosso dai venti gelidi dell’odio e della morte.

Tutto il mondo della vita consacrata si sta preparando a questo evento: anche nella diocesi di Chioggia ci saranno dei momenti in cui, non solo i consacrati, ma tutto il popolo di Dio è invitato a vivere e a partecipare. Il primo appuntamento sarà sabato 29 novembre prossimo, alle ore 15.30 nella basilica di San Giacomo, per un’ora di preghiera e di adorazione come preparazione spirituale all’anno suddetto. Il secondo appuntamento è domenica, 30 novembre alle ore 17 in cattedrale a Chioggia. Presiederà i due i momenti, il nostro Vescovo Mons. Adriano.

La nostra presenza sarà una conferma di apprezzamento per la vita consacrata in genere e per tutti coloro che stanno percorrendo, nonostante le fragilità umane, il cammino verso la donazione totale al Signore. (Sr M. Umberta Salvadori)

 

Il significato del logo

Il logo per l’anno della vita consacrata, opera della pittrice Carmela Boccasile, esprime per simboli i valori fondamentali della vita consacrata. In essa si riconosce l’«opera incessante dello Spirito Santo, che nel corso dei secoli dispiega le ricchezze della pratica dei consigli evangelici attraverso i molteplici carismi, e anche per questa via rende perennemente presente nella Chiesa e nel mondo, nel tempo e nello spazio, il mistero di Cristo» (VC 5). Nel segno grafico che profila la colomba s’intuisce l’arabo Pace: un richiamo alla vocazione della vita consacrata ad essere esempio di riconciliazione universale in Cristo.

I simboli nel logo

La colomba sulle acque

La colomba appartiene alla simbologia classica per raffigurare l’azione dello Spirito Santo, fonte di vita e ispiratore di creatività. Le acque formate da tessere di mosaico, indicano la complessità e l’armonia degli elementi umani e cosmici che lo Spirito fa “gemere” secondo i misteriosi disegni di Dio (cf Rom 8, 26-27) perché convergano nell’incontro ospitale e fecondo che porta a nuova creazione.

Le tre stelle

Ricordano l’identità della vita consacrata nel mondo come confessio Trinitatis, signum fraternitatis e servitium caritatis.

Il globo poliedrico

Il piccolo globo poliedrico significa il mondo con la varietà dei popoli e delle culture, come afferma Papa Francesco (cf EG 236).

Il lemma

Vita consecrata in Ecclesia hodie

Evangelium, Prophetia, Spes.

Evangelium: indica la norma fondamentale della vita consacrata che è la «sequela Christi come viene insegnata dal Vangelo» (PC 2a).

Prophetia: richiama il carattere profetico della vita consacrata che «si configura come una speciale forma di partecipazione alla funzione profetica di Cristo, comunicata dallo Spirito a tutto il Popolo di Dio» (VC 84).

Spes: ricorda il compimento ultimo del mistero cristiano. Viviamo in tempi di incertezze diffuse e di scarsità di progetti ad ampio orizzonte: la speranza mostra la sua fragilità culturale e sociale, l’orizzonte è oscuro perché «sembrano spesso smarrite le tracce di Dio» (VC 85).

«Animati dalla carità che lo Spirito Santo infonde nei cuori» (Rm 5,5) i consacrati e le consacrate abbracciano perciò l’universo e diventano memoria dell’amore trinitario, mediatori di comunione e di unità, sentinelle oranti sul crinale della storia, solidali con l’umanità nei suoi affanni e nella ricerca silenziosa dello Spirito.

 

Giornata delle claustrali (21 novembre). Suscitiamo interrogativi

Noi, contemplative, siamo “scomode”

Emancipazione della donna, parità, femminismo, quote rosa… e chi più ne ha più ne metta. Quanto hanno a che vedere con la donna monaca claustrale? Ben poco si direbbe, forse addirittura in netta contraddizione.

Una vita spesa in un perimetro fisico e geografico, senza uno scopo sociale o un’incidenza diretta sui gravi problemi attuali: dal soccorso ai migranti, ai senza tetto, ad ogni povero che tenda la mano o abbia bisogno di vicinanza per giungere a sera, non suscita un sentire che, anche a definirlo urbanamente, si avvicina al rifiuto per mancanza di sensibilità, di solidarietà umana? Questa è un’ottica che colloca il suo focus esternamente. Proviamo a collocarlo internamente? Dove però? Nella fede viva, altrimenti tutto si apparenta ad una sorta di misoginia e di misandria, nel prendere cioè le distanze dai propri simili e guardarli da lontano: per non sporcarsi le mani? Indubbiamente, noi monache contemplative risultiamo scomode, suscitiamo interrogativi che non trovano immediata utilità in un contesto sociale dove conta solo chi produce e che cosa produce. Noi non contiamo nulla e nulla produciamo.

Ci spendiamo così, semplicemente.

Canta il poeta R. M. Rilke:

Non attendere che Dio su te discenda

e ti dica “Sono”.

Senso alcuno non ha quel Dio che afferma

l’onnipotenza sua.

Sentilo tu nel soffio, onde Egli ti ha colmo

da che respiri e sei.

Quando non sai perché t’avvampa il cuore:

è Lui che in te si esprime.

Noi lasciamo che Egli si esprima nel vortice del nostro secolo. Lasciamo che Egli tocchi tutta la dimensione della nostra tormentata storia, le imprima un senso e porti tutti a credere nel Creatore, perché memori di una lapidaria espressione di Agostino, affermiamo: “Toccare con il cuore, questo è credere”. È il senso recondito della nostra ubiquità, nella nostra silente e nascosta presenza in ogni luogo, in ogni persona, in ogni sofferenza e in ogni gioia.

Non perché contiamo noi ma perché conta la Presenza di Colui al quale vogliamo essere trasparenti e che vogliamo trasparisca. Questa postura non conosce ruggine o intaccamento di usura dai secoli perché si radica in Dio stesso, nella Sua azione salvifica per l’umanità intera: lasciarsi percorre dalla “passione dell’amore”, che già Origene aveva puntualizzato. Resa punta e vertice di un’esistenza ma anche tessuto connettivo indistruttibile, perché apre la persona all’Infinito, le indica la sua meta, la rende partecipe di una corrente di salvezza che travolge.

In un perimetro. Nella solitudine. Nel silenzio. Non bomba d’acqua distruttiva ma corrente vivificante. (Cristiana Dobner)

 

da NUOVA SCINTILLA 44 del 23 novembre 2014