“… le cose di Cesare a Cesare e quelle di Dio a Dio”

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PAROLA DI DIO / Domenica XXIX per annum (del vescovo Adriano)

“… le cose di Cesare a Cesare e quelle di Dio a Dio”

Letture: Is 45, 1.4-6; 1 Tess 1, 1-5; Mt 22, 15-21.

Gli oppositori di Gesù vanno crescendo e lo vogliono intrappolare con le sue stesse parole. Tali avversari sono i Farisei e gli Erodiani. I primi erano un gruppo laico aristocratico che avevano un forte aggancio popolare e proclamavano la necessità di una osservanza molto stretta delle prescrizioni religiose, cosa di cui andavano fieri e che ostentavano con orgoglio. I secondi erano un gruppo politico che sosteneva i figli di Erode il grande, la sua famiglia e la loro politica. Siccome entrambi questi gruppi, benestanti, avevano un certo vantaggio dall’attuale condizione di compromesso con il potere romano che dominava, temevano che la predicazione di Gesù provocasse ribellioni.

Sapevano infatti che c’era tra il popolo notevole malcontento, specie tra i più poveri, molti dei quali ascoltavano Gesù con interesse e simpatia. Sapevano pure che i Romani vigilavano su chiunque potesse alimentare il malcontento. Eccoli dunque insieme per cercare di intrappolare Gesù, dopo che egli aveva chiuso la bocca ad un altro prestigioso gruppo politico e religioso, quello dei Sadducei, delle famiglie sacerdotali. Come? Costringendolo a schierarsi o contro quei ‘poveri’ che lo seguivano e che trovavano gravoso il tributo romano o contro la legislazione romana vigente. Essa infatti richiedeva una tassa ad ogni giudeo tra i dodici e i sessantacinque anni. È giusto questo? Pagare un tributo voleva anche dire riconoscersi servi dei Romani, mentre i Giudei si ritenevano un popolo reso libero per servire solo a Dio. La domanda è posta in modo che Gesù possa rispondere solo sì o no, senza ulteriori spiegazioni. Quindi egli si deve schierare o col suo popolo o con i romani. “Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio e non hai soggezione di alcuno”. Gesù coglie in queste parole non un riconoscimento onesto ma la malizia che scaturisce dal loro cuore per trarlo in inganno. “Ipocriti, perché mi tentate?”. Perciò non risponde ma chiede loro di mostrare una moneta di quelle monete che Egli sa che hanno in tasca, di quelle monete che portano l’immagine dell’imperatore e la scritta della dedica all’imperatore! Con quelle monete, fra l’altro, non si fa l’offerta al tempio per i poveri. Loro ne hanno e le tirano fuori, lì nell’area del tempio, area sacra, dove non dovrebbero introdurre tali immagini. Dunque Gesù li porta a mostrare che loro hanno già accettato quella logica che riconosce all’imperatore ciò che gli è dovuto: si comportino di conseguenza! Ma Gesù non si ferma: “A Dio quello che è di Dio”. È questo che manca a loro: riconoscere Dio, la sua volontà e la sua signoria, il suo amore per i poveri!   (+ Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 39 del 19 ottobre 2014