“Coraggio, sono io, non abbiate paura”

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PAROLA DI DIO / Domenica XIX per annum (del vescovo Adriano)

Letture: 1 Re 19,9.11-13;Rom 9,1-5; Mt 14,22-33

Gesù “cammina sul mare”. Nell’Antico Testamento solo di Dio si dice che cammina sul mare, non l’uomo (cfr. Sl 77,20; Is 43,16). Il brano quindi vuole parlarci di un’altra manifestazione di Dio (‘teofania’): il brano infatti si conclude con una meravigliosa professione di fede al v.33: «Davvero tu sei Figlio di Dio!». Ma tra l’episodio di Gesù che cammina sul mare e la professione finale di fede c’è anche l’episodio di Pietro che si getta sulle acque del lago, ma che ha bisogno di essere invitato da Gesù ad una fede più forte e meno presuntuosa.

Gesù si congeda dai discepoli e dalla folla e sale sul monte. Tante volte nei vangeli viene segnalato che Gesù è in preghiera nella solitudine o nella notte, all’ora dei pasti, in occasione di avvenimenti importanti come al momento del battesimo, prima di scegliere i Dodici, prima di insegnare il Padre nostro, prima della confessione di Cesarèa, nella trasfigurazione, al Getsèmani e sulla croce. Queste frequenti preghiere manifestano un rapporto permanente con il Padre. Così Egli ci ha insegnato la necessità e la qualità della preghiera.   I suoi discepoli sono in mare con la barca in balia delle onde. Dunque una situazione di pericolo, prolungata per tutta la notte. Finalmente Gesù arriva verso di loro e si dà a conoscere con le parole: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Ed ecco, subito, la reazione di Pietro: ‘Signore, se sei tu’…: c’è insieme una invocazione e un dubbio non sulla potenza ma sull’identità di Gesù. Pietro, con fede esemplare, si affida alla parola di Gesù: se Gesù comanda di seguirlo anche sul mare, ciò sarà possibile grazie alla parola. Dovunque il Maestro chiama, il discepolo segue. Dopo il semplice comando Pietro va verso il maestro obbedendo e fidandosi della sua parola. Ma è curioso che, non avendo avuto paura delle acque, ora ha paura del vento forte; quante cose coraggiose e forti facciamo, mentre poi piccole difficoltà ci spaventano. E cominciò ad affondare. Allora ecco la via d’uscita: «Signore, salvami!». Gesù interviene in due modi, prima col gesto di prenderlo per mano e poi con la parola che spiega la causa del pericolo: «Uomo di poca fede, perché hai dubitato?». In che cosa consiste la poca fede di Pietro? “Uomo di poca fede” è chi ha una fede insufficiente, una fede che ad un certo punto si ferma e lascia che si possa incuneare il dubbio. Tale è stata la fede di Pietro che si è fermata di fronte alla difficoltà del vento, lasciando spazio al dubbio. Non una fede monolitica ma una fede che al momento critico ha lasciato emergere l’incredulità. Se la fede non è totale rimane sempre in fondo al cuore una certa incredulità: Pietro si è messo in una situazione assurda a causa della fede in Gesù e poi si è dimenticato di quella fiducia in Lui e sulla sua parola. Pietro a Cesarea fa la sua confessione di fede in Gesù, ma poi non sta alla sequela di Gesù! Nell’ultima cena proclama che lui non l’abbandonerà e poi lo rinnega. S. Agostino commenta: “Una presunzione di fermezza gli ha impedito la fermezza”. Quando Pietro esce dalla barca ha fede, ma poi si insinua il senso di aver lui raggiunto qualcosa e si dimentica che ciò era dovuto alla fede in Gesù, è passato cioè dalla fiducia in Gesù alla fiducia in sé. Ma poi ecco il ricupero: “Signore, salvami!”. Quindi prima fiducia in Dio, poi ammirazione su di sé, fin quando non lo invocherà e non si aggrapperà alla mano del Signore. Corriamo il rischio che anche in noi alla fede in Lui si sostituisca la presunzione in noi stessi? (+ Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 32 del 10 agosto 2014