“La festa de la Sènsa”

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Ripercorrendo la nostra storia. Tra Venezia e Chioggia

“La festa de la Sènsa”

La celebrazione dell’Ascensione di Gesù al cielo, 40 giorni dopo la Risurrezione

La “festa de la Sènsa” (detta anche dell’Ascenza) corrisponde, in dialetto veneziano (e anche chioggiotto) alla “festa dell’Ascensione di Gesù al cielo”, che si celebra (oggi) 40 giorni dopo la sua Resurrezione. Ma, oltre che un connotato prettamente religioso, essa ne riveste anche uno storico, legato proprio alla storia nostra e avente una certa rilevanza. Retrocediamo di parecchi secoli, cioè al 1000, e precisamente all’anno 1167. Il 7 aprile, con il famoso giuramento di Pontida, i liberi Comuni si alleano contro l’imperatore di Svevia Federico Barbarossa, segretamente appoggiati dal Papa Alessandro III e da Venezia (gli sarà in seguito dedicata una città che dal suo nome si chiamerà Alessandria) e danno vita alla Lega Lombarda. Ciò perché egli intendeva revocare l’autonomia comunale imponendo il suo predominio.

Nel 1176, il 29 maggio, l’imperatore subisce la pesante sconfitta di Legnano ad opera della stessa Lega Lombarda: Venezia contribuisce con un soccorso di navi onerarie, inviate dal doge Sebastiano Ziani (1172-1178). L’anno successivo (1177) si decide di abbozzare i preliminari di pace, auspice lo stesso papa Alessandro III (1159-1181). Il luogo d’incontro viene fissato in Venezia. Trovandosi l’imperatore a Ravenna (secondo quanto riferisce lo storico Pietro Morari) fu inviato per incontrarlo con sei galee Pietro Ziani, figlio del doge, accompagnato da molti nobili, che scortarono l’imperatore stesso fino a Chioggia. Egli vi entrò il 21 luglio 1178 e fu ricevuto nell’antico (il primo) palazzo pretorio “con quel maggior splendore che si puoté e le fu dalla città fatti quegli honori che per la debolezza sua furono possibili. […] E per dir il vero, voglio credere che d’undicimila persone, come vien riferto, che si trovavano de forastieri a quell’abboccamento molti, che avanti e doppo l’imperatore v’andarono, passassero per Chioggia”. Lo storico, infatti, riporta un lunghissimo elenco di personalità (si crede siano arrivate a Chioggia dall’Italia e dall’estero ben 6.293 persone!) per rendere omaggio ai due eminenti personaggi, pernottando in moltissime case private. Egli si trattenne in città fino a tutto il 22 luglio e il giorno successivo ripartì per Venezia, accolto da papa Alessandro III sotto il portico della chiesa di San Marco con le parole latine “Super aspidem et basiliscum ambulabis et conculcabis Leonem” (sopra l’aspide e il basilisco camminerai e calpesterai il Leone); alle quali il Barbarossa rispose “Non tibi, sed Petro” (non a te, ma a Pietro). A cui il papa aggiunse: “Et mihi et Petro” (a me e a Pietro); l’imperatore stesso, prima di inchinarsi davanti al papa, condusse per piazza San Marco la cavalcatura del doge tenendola a briglia. Indi, dopo l’ingresso in chiesa al canto del Te Deum, fu firmata la tregua il 24 luglio, preludio alla pace di Costanza (25 giugno 1183). Fu proprio per suggellare questa pace che lo stesso Papa, che aveva trovato rifugio a Venezia, incoronò nella stessa Basilica (allora soltanto Cappella dogale di San Marco) l’imperatore, già da lui in precedenza scomunicato. Il ricordo di questo episodio si decise di farlo coincidere con la festa, cui si è accennato all’inizio, della “Sènsa”, ciò per volere di papa Alessandro III, il quale intese, con la sua istituzione, suggellare il dominio del mare da parte della Serenissima tramite una cerimonia chiamata “Sposalizio del mare”. Questa festa sembra preesistesse fin dall’anno 1000, istituita sotto il dogado di Pietro II Orseolo. Era una festa semplice e popolare: colazione di castagne e vino rosso per il Vescovo di Olivolo (ora Castello), un omaggio di rose damaschine da quest’ultimo al doge ed un pasto di pane e fave fresche offerto ai rematori del Bucintoro. Questa fastosa imbarcazione, infatti, con il doge a bordo ed il vescovo a rimorchio di poppa, usciva dal porto di Lio fra una doppia schiera di navigli ancorati e grandissimo seguito di gondole e barche. Appena in mare, aveva luogo la solenne cerimonia: mentre i musici di cappella intonavano inni sacri, il Vescovo benediceva il mare ed il doge vi lasciava cadere l’anello (simbolo di quello già concesso dal papa) a conferma del dominio perpetuo di Venezia sul mare pronunciando le fatidiche parole “Desponsamus te, mare, in signum veri perpetuique domini” (sposiamo te, o mare, in segno di vero e perpetuo dominio). Tornava poi il Bucintoro fino alla chiesa di San Nicolò di Lio dove si cantava Messa solenne e poi a Palazzo ducale per un pubblico banchetto. Col tempo la festa assunse sempre più un particolare significato e viene tuttora celebrata, seppur non con il fasto tipico di allora. Oltre all’anello donato da papa Alessandro III, fu concesso ai dogi il privilegio di portare il cero benedetto, la spada, il seggio, l’ombrello, le trombe d’argento e gli otto gonfaloni che costituiranno il fulcro dell’immagine della sovranità della Repubblica. Altro particolare degno di nota: si vuole che nelle Idi di maggio del 1177 papa Alessandro III, grato, come detto, ai Veneziani per l’appoggio ricevuto nella guerra contro il Barbarossa, con il quale si riconciliò, abbia pure concesso piena indulgenza a tutti coloro che avessero visitato la citata cappella dogale di San Marco dalla sera della vigilia a tutto il giorno dell’Ascensione; e poiché gran popolo accorreva da ogni dove, il doge Orio Mastropiero (succeduto allo Ziani), per incrementare i già notevoli guadagni che affluivano nelle casse dello Stato, stabilì anche che in quei giorni si svolgesse “una fiera franca per otto giorni”, che fu poi prolungata a quindici. Nel corso di questa fiera affluivano a Venezia moltissimi mercanti o forestieri con vari generi di mercanzie.

A proposito di papa Alessandro III, è opportuno ricordare la sua duplice presenza in Chioggia. La prima, ben nota, avvenne nel 1167, allorchè egli, per sfuggire alla persecuzione del Barbarossa, si allontanò da Roma, si recò a Zara e fece poi rotta per Chioggia. Ed è proprio in questa occasione che un’antica leggenda narra che il pontefice senese, sbarcato di notte in città all’insaputa di tutte le autorità locali, anziché cercare un comodo e decoroso alloggio, si sarebbe messo a riposare sopra i gradini del campanile del Duomo (il primo campanile, non l’attuale, che risale al 1347). Egli avrebbe benedetto le tombe e recitato le preci dei defunti girando intorno al vicino cimitero alla tenue luce di un lanternino. Il mattino dopo sarebbe ripartito per Venezia per convincere la Repubblica a costituire con i Comuni lombardi la già citata Lega Lombarda. Motivo per cui l’immagine infissa al di sopra della porta sia del primo che del secondo campanile, fu chiamata “Madonna del Riposo” (tuttora presente). La seconda presenza a Chioggia dello stesso papa risalirebbe al 21 luglio 1178, quando – così narra una leggenda tramandata dai cronisti del tempo, ma che non trova riscontri storici attendibili – egli si sarebbe fermato a Chioggia per quattro giorni, insieme al Barbarossa, prima di raggiungere entrambi Venezia, firmando nella nostra città, presso l’antico palazzo pretorio, il cosiddetto “Trattato clodiano”, una sorta di pre-preliminari di quelli “ufficiali” ratificati poi a Venezia. (Angelo Padoan)

Fonti: P. Morari, “Storia di Chioggia”, 1600, pubblicata a stampa nel 1870 e in ediz. anast nel 2001. ; G. Siega, “Dizionario del Lessico Veneto”, 2009; F. Mutinelli, “Lessico Veneto”, 1851, rist. anast. 1985.

Nella foto: L’immagine detta “Madonna del riposo” visibile sopra la porta del campanile della cattedrale.

 

da NUOVA SCINTILLA 22 del 1° giugno 2014