Il mistero dell’incomunicabilità tra Dio e il suo popolo

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Parola di Dio / Domenica delle Palme (del vescovo Adriano)

Il mistero dell’incomunicabilità tra Dio e il suo popolo

Letture: Is 50,4-7; Fil 2,6-11; Mt 26,14-27,66

Una prima caratteristica del racconto della Passione nel Vangelo di Matteo è sottolineare che quanto sta avvenendo in Gesù è stato preannunziato dai profeti e riferito nelle Sacre Scritture. Ora è il tempo del compimento. Di fronte a questa manifestazione e comunicazione di Dio in Gesù, l’uomo (il suo popolo) non comprende, accecato da altri ostacoli. Questa incomprensione tra Dio e uomo è drammaticamente descritta nella disperazione di Giuda, tutto preso dai suoi progetti e dalla sua brama di denaro (tratta i tenta denari) e nel conseguente suicidio, descritto solo da Matteo.

 

Una seconda caratteristica del racconto di Matteo è l’atteggiamento mite di Gesù durante tutta la sua passione fino alla morte. Soltanto Matteo riporta le parole del Signore al momento del suo arresto: “Riponi la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, periscono di spada”. Gesù ora vive la mitezza che aveva insegnato: “Fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico: Non resistete al malvagio”. Due episodi matteani poi accentuano che Gesù soffre da innocente: quello della moglie di Pilato che gli chiede di non avere a che fare con quel ‘giusto’ e di Pilato stesso che si lava le mani; due pagani dunque che si rendono conto dell’innocenza di Gesù, di cui si richiede l’eliminazione per puro orgoglio e cecità: “Il suo sangue ricada sopra noi e sopra i nostri figli”.

La totale incomprensione del disegno di Dio che nel suo Figlio Gesù offre salvezza all’uomo, è descritta da Matteo presentando il Messia-salvatore deriso, offeso, bestemmiato da tutti: dai soldati, dalla gente del popolo, dai capi, dai malfattori crocifissi con lui. Tutti costoro erano lontanissimi dal pensare che il Figlio di Dio potesse presentarsi in condizione di totale umiliazione e inermità. Volevano lo stesso Dio che il diavolo aveva proposto a Gesù nel deserto: “se sei figlio di Dio…”.

Una terza caratteristica del racconto di Matteo è data dal riferimento, solo di Matteo, del segno del terremoto e della risurrezione dei morti, che segue la morte del Signore: nella descrizione del buio grande al momento della morte di Gesù si inaugurano i tempi nuovi, la nuova creazione.

Sappiamo che l’evangelista Matteo scrive per cristiani che provengono dal mondo ebraico e che sono perseguitati dal loro stesso popolo a motivo di Gesù. Questo racconto della Passione pone anche a noi la domanda su come stiamo vivendo quello che ha vissuto il nostro Maestro. Volgiamo oggi lo sguardo su quell’Uomo abbandonato e appeso alla croce. È proprio quello il Figlio di Dio che non volle cedere a nessun mercanteggiamento: né per amore di sé, né per ragioni politiche, né per ragioni religiose. Attorno a lui, alla sua passione, al passaggio o ai piedi di quella Croce, si sono riconosciuti fratelli persone tanto diverse: Pietro, la Veronica, il Cireneo, il Centurione e persino il Ladro. Sotto quella croce, ognuno di noi, giovane o vecchio, buono o cattivo, sano o malato, può essere certo che qualcosa di nuovo può germogliare, che la vita può tornare a rifiorire. Approfittiamo della ‘Settimana Santa” con le sue solenni e suggestive celebrazioni liturgiche e preghiere personali, per far rinascere e rinvigorire la nostra fede, la nostra speranza e il nostro amore. Allora sarà vera Pasqua di Risurrezione. (+ Adriano Tessarollo)

 

da NUOVA SCINTILLA 15 del 13 aprile 2014